13° INCONTRO DEL 15-01-2018 nella parrocchia di Santa Maria della Libera

Facciamo questo ed un altro incontro sull'esortazione apostolica "Evangelii Gaudium" di Papa Francesco che intanto è andato in Cile per incontrarsi con i parenti delle vittime di Pinochet, il dittatore benedetto pubblicamente in mondovisione da Giovanni Paolo II nel 1987.

Questa è una svolta epocale che non avviene, come di solito, a distanza di secoli. Infatti, solo adesso si dice che Galilei aveva ragione ad asserire che era la terra a girare intorno al sole e non viceversa. Ma all'epoca, se non fosse intervenuta l'Accademia delle Scienze a suggerirgli l'abiura, Galilei sarebbe forse andato al rogo come Giordano Bruno.

Queste cose, comunque, non avvengono una volta tanto, ma sono permanentemente presenti nella storia dell'umanità. Il principio fondamentale da tener presente è che una persona non può essere conficcata in un modello prefabbricato perché la natura si avventura nel nuovo.

Quando sentite delle notizie che fanno accapponare la pelle, godete, perché è buon segno in quanto ogni notizia è una novità ed essendo tale, è rara (di una cosa rara si dice appunto: "fa notizia"). Le cose comuni, tutto ciò che scorre nell'anonimato, non fanno notizia. Fa notizia se una mamma fa del male ad un figlio, ma se cucina bene per lui non sarà menzionata in alcun giornale.

Allora, quanto più sono presenti sui giornali le cose negative, tanto più dovete pensare che ce ne sono tante altre che non vengono riportate perché funzionano bene.

La notizia delle baby gang che imperversano a Napoli a cui si sta dando tanta importanza, serve per ridurre il flusso dei turisti che ha registrato un notevole aumento. Allora si denigra la città perché il turismo non decolli.

Ci sono decisioni che vengono prese in alto loco. Vi suggerirei la visione del film "Le confessioni". Qualche volta un film può essere molto più incisivo che non un discorso su un argomento. Questo film evidenzia come la politica internazionale viene gestita nelle camere oscure dove c'è il silenzio d'ufficio in modo tale che la gente comune non ha mai la possibilità di sapere cosa si sia deciso e ne subisce solamente gli effetti, ma questo non ci deve scandalizzare né turbare perché anche Gesù si scontrò con l'istituzione. Quando fu preso e portato dinanzi a Caifa, ebbe il coraggio di dire: "Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro" (Gv. 18, 21). E fu condannato: " Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia, che ve ne pare?" (Mc. 14, 63-64). Ma Gesù è rappresentante dell'uomo il quale, essendo unico, non è conficcabile in alcuna norma predeterminata. Se la persona porge l'orecchio alla propria interiorità, alla propria novità, alla propria eccezionalità, inevitabilmente entra in urto con una struttura che non vuole che la persona abbia un campo d'azione diverso da quello prestabilito.

Questo problema deve entrare a far parte del nostro mondo per cui per poter sopravvivere, possiamo solamente giocare col compromesso operativo, cioè dobbiamo sapere che così funziona, che chiunque eserciti il potere vuole gestire permanentemente la nostra vita, arrogandosi il diritto di decisionalità su altre persone che non possono mai essere ridotte ad oggettività perché la persona è soggetto e non oggetto. Io posso pure cedere al momento, ma non per dare ragione a chi mi impiglia nella rete dell'obbligatorietà, perché nessun uomo ha il diritto di obbligare un altro a fare determinate cose se questi non ha consapevolmente raggiunto il livello di maturità per agire in un determinato modo.

Gesù è il rappresentante dell'uomo libero. Per questo motivo, non parla mai della conversione dell'istituzione, ma si rivolge alla persona perché possa aderire liberamente alla propria realizzazione.

Questo è un discorso duro soprattutto quando deve essere tradotto in pratica perché spesso, poi, la cattura nella praticità ci fa dimenticare la posizione del compromesso operativo.

Dall' "Evangelii Gaudium" emerge la libertà della persona nella sua dignità profonda quando tratta dell'inclusione del povero che non avviene con l'elemosina. "Poveri" lo siamo tutti quanti noi se deprivati della nostra dignità, conficcati come siamo nel processo di manipolazione che ci dà il consenso all'alienazione nella governance (che abbiamo analizzato l'anno scorso).

Chi sta al governo nella dittatura internazionale esercita il potere di svuotare le singole persone perché non agiscano protagonisticamente, ma siano aggregate ad un progetto esterno a loro e, quindi, alienante, perché l'aspetto decisionale e azionale non deriva dalla profondità dell'essere, ma viene imposto dal di fuori senza che la persona segua un processo di formazione e giunga ad una elaborazione del proprio agire. Se l'azione è indotta e non proviene dalla persona che la compie, vuol dire che questa è stata defraudata della propria soggettività il che è grave perché toglie alla persona la sua maggiore ricchezza. La struttura societaria che si sposta più nel possesso delle cose e non sulla relazione intima di possesso delle proprie facoltà, ci porta ad avere un modello che non corrisponde all'uomo nella sua originalità, ma all'uomo deformato nella socializzazione nella quale si è inserito per sopravvivere lasciandosi defraudare del sé. Quando l'uomo perde sé, perde tutto.

Allora, è chiaro questo concetto del povero? Noi abbiamo travisato il motivo di fondo per cui Gesù sceglie i poveri ("Beati i poveri"). Questi sono gli anawim di Dio, quelli disponibili al rischio perché sono pronti ad assumersi la propria dignità e, quindi, non cedono al ricatto strutturale permanente.

E' difficile questo perché presuppone una formazione totalmente personale, ma il sistema educativo non è funzionale alla personalizzazione, ma alla depersonalizzazione e alla massificazione dei singoli che diventano oggetti. Particolarmente con la recente riforma della scuola, non si ha più chiaro la sua finalità che non è più quella di insegnare le materie, ma dovrebbe essere quella di dare alla persona la dignità di poter conoscere quali sono i propri sentieri. Invece, fin dalla mattina c'è sempre qualcuno che ci dice che cosa dobbiamo fare.

Allora, quando Gesù dice: "Date voi stessi da mangiare" (Lc. 9,13), significa: "Voi dovete essere in grado di alimentare le persone con le quali entrate in relazione perché diventino vostri alunni". E l'alimento è l'alito, è fonte di vita. Ma se non hai tu l'alimento non lo puoi dare agli altri.

Avere l'alimento vuol dire accorgermi di poterlo tirare fuori dai miei tesori e darlo all'altro perché questi raggiunga il livello di confronto con me per crescere nella sua personalizzazione in quanto se non ci si incontra, la personalizzazione non avviene. Se un uomo è isolato, non avrà mai la coscienza dell' "io" perché per poter dire "io" ha bisogno di un "tu".

Da questo scaturisce la solidarietà che è la formazione di una mentalità tesa non alla collettivizzazione, ma alla comunità. La comunità è difficile da vivere. Gli antichi dicevano: "Vita communis maxima poenitentia est" ("La vita comune è la massima penitenza").

Fin quando noi consideriamo gli altri... assenti, consentiamo loro di starci accanto, ma se gli altri assumono la loro configurazione, urtano la nostra suscettibilità. Allora bisogna morbidizzarsi per fare in modo che l'altro si possa esprimere anche nell'errore perché se questo è prodotto da lui, è una sua verità. Se l'altro è libero, si può confrontare, ma se subisce inibizioni o proibizioni, il poveraccio resta nella sua dimensione di non personalizzazione.

Questo si verifica anche in famiglia. Non è raro sentire un genitore dire al figlio: "Fin quando starai qui, devi fare quello che dico io e pensare come penso io. Se non ti conviene, puoi anche andartene!".

Questo non è un fatto del passato come ci illudiamo di pensare fin quando non lo constatiamo personalmente.

Ma col confronto non aumenta la conflittualità? Aumenta se al confronto non fa da supporto la dialogalità. Il confronto produce conflitto se le due realtà personali entrano in relazione senza prendere in considerazione le tre leggi del sistema aperto: omeostasi, trasformabilità ed integrazione, ma per metterle in atto spesso ci vuole una vita intera.

Per la legge dell'omeostasi, quando mi pongo in relazione, lo faccio per quello che sono perché devo conservare la mia identità, non mi posso piegare a tutte le cose che mi vengono dal di fuori perché se sono come un fuscello piegato dal vento, perdo la mia identità. Quindi, difendo la mia posizione.

Se non ho argomenti di difesa, devo avere la morbidezza di mettermi in discussione di fronte ad una proposta che l'altro mi fa ponendomi in atteggiamento dialogale. Questo attiva la legge della trasformabilità.

Quando, poi, mi incontro con il nuovo che mi viene presentato dall'altro e mi  confronto con  disponibilità, cioè cerco di trovare una nuova via che è quella della crescita personale e della crescita dell'altro, arrivo ad un'integrazione.

Nel dialogo, oltre alla bipolarità personale, alla comunicazione profonda, alla precomprensione positiva e alla parità, ci vuole anche la differenziazione e la collaborazione, ma la differenziazione significa che il dialogo si nutre del modello diverso dell'altro che mi stimola ad aprire varchi, perché la verità non è mai posseduta dall'uomo nella sua totalità.

Però capita frequentemente di esasperare l'omeostasi o la trasformabilità senza entrare in dialogo per cui l'integrazione non avviene. Capita anche tra marito e moglie quando uno dei due dice solo: "Signorsì! Hai ragione tu!" perché questo vuol dire che è come se non ci fosse. Se si vuole stabilire una relazione, c'è bisogno di sapere l'altro che cosa pensa.

Nelle relazioni c'è sempre chi si assume il ruolo di leader e chi di gregario. Il leader è uno che trascina e il gregario è quello che si lascia trascinare. Maggiore è l'esercizio del trascinamento del leader, minore è la conformazione protagonistica degli altri. Se, invece, le persone riescono a dialogare bene, la comunità intera viene nutrita dalla ricchezza di tutti i componenti. E' difficile formare una comunità, ma quando questo avviene, diventa una bomba esplosiva perché ognuno partecipa con ciò che ha elaborato in sé e che può essere un modello noetico, conoscitivo, operativo, ecc..

Se invece, non si partecipa e non si dà mai il proprio contributo di pensiero, di inventiva, di metodo, ecc., ma si assorbe soltanto, si assume un atteggiamento parassitario.

Chiunque può ideare qualcosa, e l'elemento creativo non è un privilegio della persona che lo possiede, ma è un dono per la comunità, è un carisma. Un'inventiva non serve, cioè, solo a chi ce l'ha, ma può migliorare la condizione della comunità.

Nelle nostre teste frullano una quantità di idee, ma lo scambio avviene con avarizia. Questo vuol dire che non riusciamo ad entrare in un rapporto osmotico, di trasferimento, ma il miglioramento dell'altro si ritorce a miglioramento di ciascuno.

Per esempio: siamo dovuti arrivare ad una legge per proibire il fumo nei luoghi pubblici. Prima c'erano cortine fumogene in tutti gli ambienti e non si poteva neanche protestare. La verità è che la persona formata non ha bisogno di una legge che proibisca il fumo: ci arriva da sola. Così come non ci vuole una legge che proibisca di ubriacarsi perché l'ubriacatura toglie la facoltà della ragione, cioè depriva la persona di una qualità essenziale.

Uno può anche arrivare ad illudersi di non fare del male a nessuno, ma non è così perché chi si autolede è un parassita per la comunità, non è un "povero", ma uno che opera la povertà della comunità.

Come sarebbe bello se a Napoli, "città nuova", si potesse mettere in atto un modello di giardini fioriti come normalmente esistono in altre città e in altre nazioni, ma noi non ne abbiamo la cultura. Si dice che c'è vandalismo, ma questo è una forma di aggressività effetto della frustrazione. La frustrazione maggiore si ha quando la persona perde sé. Chi non riesce a gestire la propria realtà è un frustrato per cui diventa aggressivo e si scarica in atti di vandalismo.

Non bisogna aspettare che ci sia una governance dall'alto perché quanto più ci aspettiamo che gli altri risolvano i nostri problemi, tanto meno noi ci responsabilizziamo.

Questo emerge anche dall' "Evangelii Gaudium". Il Papa dice che bisogna promuovere la totalità della dignità personale. Che significa? Che non si può pensare che una persona sia matura perché si è educata a mangiare o a vestire in un certo modo se non ha il rispetto profondo di tutti gli angoli  che costituiscono la propria personalità biologica e psicologica che hanno una preziosità straordinaria.

Noi non ci soffermiamo a pensare a come... pensiamo. Ci sono persone che per una vita intera non hanno mai pensato di pensare. Come succede che una persona si innamora? Come succede che una persona sogna determinate cose che a volte sono premonitrici? Come succede che uno muove un dito? Come succede che si digerisce? E perché la cacca puzza?

Sembra brutto dire questo in pubblico, ma pensate a quante trasformazioni chimiche occorrono per rendere il rifiuto tale da indurci a non riprendere contatto con esso! Pensate che lavoro ha dovuto fare l'intestino composto da 7 km. di villi pulitissimi tranne che negli ultimi 70 cm.... Chi sa che c'è uno sfintere che precede quello ultimo che ci avvisa se i rifiuti sono gassosi, liquidi o solidi? Ci vergogniamo anche di parlarne! Invece, dovremmo metterci in ginocchio di fronte a questa realtà.

Facciamo la pipì senza sapere come, andandoci a nascondere. Poi ci mettiamo in adorazione dinanzi alle statue invece di cogliere queste meraviglie che stanno dentro di noi. Accorgersi di esse significa avere il tabernacolo permanente dentro di noi! Ci deve sorprendere il sapere che il nostro cervello compie 300 trilioni di operazioni al giorno, che i reni purificano due quintali di sangue al giorno, che una ferita che potrebbe farci morire per dissanguamento viene chiusa dalla fibrina... E di altre cose simili ce ne sono una quantità, ma di esse noi non parliamo neanche con noi stessi... Consolare una persona che soffre vuol dire farle capire che il dolore è un meccanismo di difesa perché ci avvisa che qualcosa non va, ma noi, purtroppo non lo vediamo sotto questo aspetto naturale.

Stiamo cercando di  parlare su come la maturazione delle persone deve essere totale.

Al n. 201 leggiamo: "Temo che anche queste parole siano solamente oggetto di qualche commento senza una vera incidenza pratica".

Mai un Papa ha fatto osservazioni di questo genere. Prima si facevano le encicliche in latino e si conservavano in archivio. Ma chi le leggeva? Questo Papa, invece, parla direttamente, a tu per tu: "Signori miei, badate bene che io mi sforzo, ma non è di competenza del Papa né dei Vescovi né della Chiesa risolvere certi problemi che investono l'umanità intera".

Se pensiamo che prima i Papi parlavano ex cathedra pensando di avere in mano la soluzione di tutti i problemi! Papa Francesco, in pratica, dice: "Io non ho formule magiche. Ci dobbiamo dare una mossa tutti quanti per cercare di entrare nella dinamica".

Al n. 207 leggiamo: "Facilmente finirà (la comunità) per essere sommersa dalla mondanità spirituale dissimulata con pratiche religiose, con riunioni infeconde o con discorsi vuoti".

Perché la Parola di Gesù abbia un Suo effetto, deve servirmi per realizzarmi nella vita, per farmi stare bene. Se non è funzionale alla mia realizzazione, non mi serve. Questa non è un'offesa a Gesù. Io Lo offendo quando penso di volergli far fare quello che io non voglio fare.

"Dio che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te" - dice Sant'Agostino.

Ieri sera, finite le ostie, ho distribuito la Comunione con il pane azzimo e le persone si sono stupite. Ma se non si sa quello che si va a fare ricevendo la Comunione, ci si ferma sul modello oggettivo e non si crea, invece, la relazione senza la quale non c'è l'incontro.

Ho anche cercato di spiegare il significato di "vocazione" che, in genere, si attribuisce ai preti, ai monaci, ai religiosi in genere. Ma la vocazione riguarda tutti. E' la domanda di ciascuno sul senso della vita.

Ma che cos'è l'impurità di cui parla S. Paolo nella seconda lettura di ieri? (I Cor. 6,13).

S. Paolo, essendo misogino, aveva con la sessualità una relazione ostica. Dice anche di avere "una spina nella carne" che secondo alcuni esegeti, è da riferirsi a difficoltà nell'ambito della sessualità.

I primi cristiani non si ponevano tanto il discorso sulla morale quanto piuttosto quello sulla fede. Accettare Cristo voleva dire essere condannati a morte. L'aspetto comportamentale, particolarmente nell'ambito della sessualità, non rientrava nel discorso comune.

Noi abbiamo creato una morale standard: questo è peccato, questo no. Ma ci sono cose che sono peccaminose anche se non rientrano nell'elenco dei peccati, particolarmente quando non si tratta l'altro come... altro, ma lo si vuole possedere e reificare. Ci sono persone sposate da anni che non si sono mai chieste l'un l'altra: "Ma tu che cosa desideri?".

Oggi si ha a che fare con la cultura gender, con l'omosessualità, con le realtà personali che maturano in modo molto diversificato. Alcune persone maturano ad un'età, altre ad un'altra età.

Nell'enciclica "Divini illius magistri", Pio XI definiva l'educazione sessuale come "cattiva parola". Su questa base abbiamo avuto ed abbiamo ancora generazioni sessuofobiche. Infatti, il discorso celibatario è ancora in atto sebbene già nel 1970 i vescovi, particolarmente quelli del Sudamerica, vennero a Roma per trattare questo problema, ma tutto rimase inalterato così come riportato nel documento finale redatto, pare, ancora prima del termine dei lavori.

Del resto la sessuofobia è un retaggio del manicheismo che considerava una doppia divinità: una spirituale (riferita al bene) e l'altra materiale (riferita al male). Era santa la persona angelicata, quasi senza corpo.

Nel giudaismo non c'era questa mentalità, perciò Gesù non fa discorsi sulla sessualità.

I seminaristi solo all'ultimo anno di teologia e non prima, studiavano il "De sexto", testo di morale riferito al sesto comandamento in vista della confessione di cui peraltro non si dava facoltà ai sacerdoti giovani. La sessualità, nella chiesa ortodossa, invece, non è oggetto di confessione.

Gesù non giudicò l'adultera, ma risolse la questione scrivendo e cancellando per terra e dicendo. "Chi è senza peccato scagli la prima pietra". E tutti, a cominciare dai più vecchi, se ne andarono...