14° INCONTRO DEL 16-01-2017

La parola più eloquente è il silenzio perché in esso sono possibili tutte le evenienze e, quindi, è il massimo dell'apertura e l'unico ostacolo alla contrattura che scaturisce dal dominio dell'uno sull'altro. Maggiore è la dominanza dell'uomo sull'uomo, minore è la possanza dell'uomo. La possanza è la potenzialità come anelito permanente all'atto.

L'attuazione è la realizzazione nella dinamicità dell'essere. L'essere, nella sua essenzialità, non può essere nella staticità, ma solo nella dinamicità, nell'apertura permanente a ciò che può accadere.

Questo è introduttivo a Luca 20,20-26:

 

20Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all’autorità e al potere del governatore. 21Costoro lo interrogarono: “Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio. 22È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?”. 23Conoscendo la loro malizia, disse: 24“Mostratemi un denaro: di chi è l’immagine e l’iscrizione?”. Risposero: “Di Cesare”. 25Ed egli disse: “Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. 26Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

 

C' una situazione di provocazione nel confronti di Gesù, ma non è il "provocare" nel senso etimologico della parola che vuol dire "chiamare a vantaggio", ma è una provocazione intesa come si è andata involvendo attraverso i secoli e cioè come "indurre una persona al male", "farla cadere in trappola".

E così i farisei si presentarono a Gesù per trarlo in inganno: "2È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?".

La risposta sta già nella domanda ed è collegata ad un altro passo del Vangelo (Mt. 17,24-27):


[24] Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli dissero: "Il vostro maestro non paga la tassa per il tempio?". [25] Rispose: "Sì". Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: "Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?". [26] Rispose: "Dagli estranei". E Gesù: "Quindi i figli sono esenti.
[27] Ma perché non si scandalizzino, và al mare, getta l'amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d'argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te".

 

Se per Cesare si intende chi esercita il potere sull'altro, non va preso in considerazione perché nessun uomo può esercitare questo tipo di potere. Questo è difficile da cogliere nella profondità: dare il tributo con atteggiamento servile è una forma di idolatria perché si riconosce nella persona che domina, il potere sugli altri. Se, invece, il pagamento del tributo riveste solo un aspetto funzionale, ma non di riconoscimento della superiorità, può essere dato.

I Palestinesi con l'occupazione romana erano tenuti a pagare oltre al tributo al tempio, anche il tributo a Cesare. C'erano tasse sul reddito e sui possedimenti e tasse personali dalle quali erano esclusi solo i bambini e le vedove. C'era, quindi un grande malumore ed è in questo contesto che vengono mandate delle persone a rivolgere la domanda a Gesù per trarlo in inganno. Se avesse risposto che era giusto pagare il tributo, si sarebbe attirato la ribellione della gente. Se avesse risposto che non era lecito pagarlo, si sarebbe messo contro i Romani .

La domanda, quindi, era capziosa e tendente ad ostacolare la possibilità che Gesù liberasse le persone dalla schiavitù dell'idolatria. Idolatria vuol dire attribuire un valore ad una realtà che non ce l'ha.

Allora in quel "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio", bisogna vedere che cosa è di Cesare. In quel contesto, quello che è di Cesare non appartiene all'essenzialità della persona per cui se questa si pone in un atteggiamento servile nei confronti di Cesare, compie un atto di idolatria. Se, invece, il tributo è inteso come apporto funzionale all'organizzazione societaria, allora è da dare. E così prende il pesce con la moneta per dare il tributo al tempio per significare che è lecito perché vuol dire rispettare quello che è simboleggiato dal tempio, cioè Dio e a Dio noi tutti dobbiamo in quanto nessuno di noi è autoctono e, quindi, può dire di essere autonomo nella sua onticità.

Il nostro essere non dipende da noi. Il più delle volte, noi dimentichiamo che non siamo se non per dono. Nessuno di noi può garantirsi l'esistenza per un solo attimo in più nonostante partecipiamo alla vita divina.

Dunque, per concludere: non è lecito dare il tributo a Cesare, neanche sotto minaccia di morte, se viene considerato come un atto di idolatria. Se, invece, serve alla funzione societaria, si deve dare. Quindi, il tributo al tempio va dato sempre, mentre quello a Cesare solo in determinate condizioni.

Esiste Cesare oggi? I Cesare si sono moltiplicati e abilmente camuffati. Mentre Cesare esercitava il potere in modo violento e diretto, oggi il potere viene esercitato in modo occulto.

Pertanto, la verità che ci rende liberi deve essere alimentata dalla criticità e, quindi, dalla responsabilità che ciascuno di noi ha di verificare se ciò che è la verità comune è una verità giustificabile o inculcata per sentito dire. Con il ricorso poi, al sistema della globalizzazione, ci siamo resi conto che la persona non ha assolutamente la possibilità di andare a verificare se le informazioni sono esatte o no.

Allora, quando Gesù dice: "Io sono la verità" e in un altro passo: "Io e voi siamo un tutt'uno", intende significare che ciascuno di noi è la verità e ciascuno di noi può essere testimone della propria verità.

La verità è intrinsecamente bene. La settimana scorsa abbiamo parlato della verità legata all'utile. Oggi voglio farvi soffermare sulla verità legata al bene. E' bene che noi accogliamo la verità perché essa ha un riferimento oggettivo.

Quando una persona si trova di fronte al falso, non è assolutamente disposta ad accettarlo come vero quando è chiaramente illusorio. Esempio: se ci proponessero di entrare in una macchina che ci facesse comparire come vere le nostre illusioni, cioè vero ciò che non è vero, ma da questa macchina non potremmo più uscire, nessuno sarebbe disposto ad entrarvi perché noi accettiamo una verità se è buona e se è oggettiva. Se non è così, l'illusione non ci soddisfa.

Allora, noi accettiamo la verità quando è corretta, è giusta, è oggettiva ed è buona.

Il potere ha sempre tre caratteristiche: è mistificatore (quindi illusorio), è prepotente ed è arrogante.

Queste tre caratteristiche ci inducono a vedere se siamo predisposti ad accettare la dominanza del potere su di noi o se invece, come si verifica piuttosto frequentemente, le persone per vigliaccheria accettano la prepotenza, ma sotto sotto covano la ribellione in modo implicito ed esplicito al punto tale che, poi, a lunga scadenza, l'umanità recupera il suo diritto di libertà con la rivoluzione sociale. Quando questa non può essere attuata, si verifica la resistenza personale che è la rivoluzione soggettiva. Nella storia noi troviamo una quantità di persone che hanno resistito, come Ipazia, esempio di emancipazione femminile del IV secolo, Giordano Bruno, S. Filippo Neri, ecc..

Certe realtà esistite o che esistono, sono maestre di vita e possono incoraggiare le persone a tenere desta la linea della correzione dell'umanità che di fronte a tutte le caratteristiche di devianza, riesce poi a recuperare il senso della verità buona e corretta che è quella che si sottrae a qualsiasi esercizio di potere.

Anche quella di Diogene che rifiutò il posto alla corte di Alessandro Magno e disse a questi che gli si era messo davanti: "Scostati, mi fai ombra!" è una forma di resistenza per il recupero della persona che non si piega di fronte all'adescamento dell'idolatria.

Questo discorso ci fa immediatamente riflettere su quale capacità abbiamo di resistere alla richiesta del tributo a Cesare, inteso allegoricamente, come una forma di autodeclassamento, come perdita della propria dignità.

Esiste non solo la prepotenza del potente, ma anche quella dell'impotente che approfitta della sua situazione per piegare il potente. Esempio: il bambino che piange e, nella sua impotenza, costringe i genitori a fare quello che lui vuole. E' una forma di richiesta prepotente concessa al bambino perché è immaturo, ma la persona adulta che si regola e si forma sull'indice di realtà sviluppata, deve tenere conto che non può esercitare la prepotenza sull'altro così come non deve subire la prepotenza degli altri. Quindi, il rapporto si fonda sulla paritarietà.

Allo stesso modo, le cellule dell'organismo entrano in interazione ed ogni parte del nostro organismo è orientata a funzionalizzare la propria esistenza a quella dell'interezza. L'interazione che avviene  nell'organismo botanico, animale e umano, dovrebbe verificarsi anche nell'organismo sociale, ma qui è abbastanza raro che una comunità di persone entri in interazione con ruoli specifici per il bene della comunità non più basata su vincoli di sangue o di contratto, ma sulla libertà dell'amore.

Oggi, questa democratizzazione della realtà sociale stenta a prendere piede perché è in atto una corsa a globalizzare il comando. Quindi, Cesare non è più quello locale, ma quello che tende ad avere in mano la gestione dell'immensa famiglia umana e questo è di una pericolosità eccezionale.

E' recente la notizia di attacco alla stampa da parte di Trump, leader del paese che si vanta di essere il più democratico del mondo. Questo discorso ci riguarda da vicino perché si aggiunge alla serie di prepotenze esercitate da chi comanda: l'imposizione del pannolone agli operai addetti alle catene di montaggio, il licenziamento su due piedi, lo stato di miseria in cui versano milioni di persone sono situazioni sotto i nostri occhi che ci portano a considerare come la verità non è astratta , ma è concreta per cui il Vangelo del futuro non può riferirsi ad un libro né a delle categorie concettuali che non hanno più attinenza con la dinamica sociale. Il Vangelo di attualità o è riferito alla famiglia umana così come cammina o non è più possibile parlare di Vangelo.

Noi siamo quasi deformati ad equiparare i popoli, gli umili, alle categorie concettuali evangeliche. Non si può adeguare la categoria evangelica alla società dinamica.

Il difficile è trovare la collocazione del valore evangelico nella situazione reale e non la concettualizzazione evangelica perché anche il Vangelo è legato alle categorie culturali proprie del tempo in cui gli agiografi hanno scritto. Però il Vangelo non è un libro scritto, ma è Cristo che è vissuto in quella cultura e si è manifestato in quelle modalità. L'imitazione di Cristo nella cultura di oggi con le stesse categorie comportamentali può essere un errore se non la si coglie analogicamente: come Gesù, in quella cultura, si è comportato in quel modo, la Sua verità presente in ognuno di noi nella cultura in cui ci troviamo deve trovare quale è la modalità con cui testimoniare di essere una realtà insostituibile per la storia umana.

Insomma, non si possono bere allo stesso modo le verità di 2000 anni fa e pretendere di fare tale e quale quello che si faceva allora...

Nella Bibbia, per esempio, è scritto che ognuno doveva portare un bastone quando usciva di casa perché all'epoca non esistevano le fogne e, come i gatti scavano un buco nel terreno, vi depositano gli escrementi e poi lo richiudono, così dovevano fare le persone. Se oggi si interpretasse letteralmente la Bibbia, si obbligherebbero le persone a portarsi dietro il bastone senza un motivo...

Ma chi può dire di avere una coscienza corretta e di vedere chiaramente la verità? Quando possiamo dire di avere le idee chiare? Quando una persona correttamente cerca di trovare in sé la verità. E' importante che la persona cresca nella sua criticità e non si beva con passività eccedente le cose che le vengono dette per cui deve essere permanentemente attenta a modificarsi a mano a mano che conosce la verità.

Perciò Gesù dice: "Non giudicate per non essere giudicati" e: "Non avete in voi stessi la coscienza?".

Questo apre un discorso alla modalità di porsi in relazione all'interno della struttura sociale dove la persona è chiamata a dare il massimo di apporto perché l'altro si esprima nella sua naturalità anche se pazzotica perché pure nel folle c'è sempre una verità. Del resto, tutte le scoperte, tutte le invenzioni, tutte le novità, inizialmente sono sempre state considerate pazzotiche.

E' difficile che la società possa muoversi se non c'è qualcuno che rompa la dimensione pregressa.

L'arte è quella che dice a se stessa: "Arrì a!" ("Vai!"). E' una parola sanscrita che ci spinge alla creatività che è esattamente la realizzazione della persona e della società.

Se ognuno di noi fosse libero di esprimersi nella sua naturalezza perché consentita dal contesto, avremmo un progresso enorme nella società. Invece, capita frequentemente che le persone si adeguano alla prescrizione pregressa e, quindi, impediscono la crescita rapida.

Quanto più le persone sono in un contesto di libertà, tanto più possono esprimersi nella loro originalità e, quindi, nella creatività.

Questo discorso crea un'evidenziazione del conflitto tra la persona e l'organizzazione societaria. La società si istituzionalizza e l'istituzionalizzazione è "istemi" che vuol dire "stare".

Questo "stare" non è l'andare. L'arte è l'aspetto profetico della società, ma l'arte è sempre trasgressiva. Il profeta, in quanto tale, viene messo alla gogna. Successivamente, dopo morto, gli viene eretto il monumento perché non può più parlare. Francesco è diventato santo quando è morto. Da vivo veniva considerato pazzo. Chiunque voglia essere "santo" deve passare per questa via.

Che incidenza ha la presa di coscienza, la verità del singolo nel contesto societario se non viene assunta anche dagli altri?

C'è un detto cinese che recita: "Se ogni cinese pulisse davanti la sua porta, tutta la Cina sarebbe pulita". Tu non puoi opporti ai carri armati perché ti schiaccerebbero, però puoi avere della cenere nella tua mano e lanciarla negli occhi di chi guida il carro armato, in modo da farlo sbandare ed impedire di uccidere qualcuno.

La massa, per sua caratteristica, è pilotata dal di fuori. Invece, il popolo è la risultante di tante persone che hanno elaborato il loro modo di essere ed intervengono nella struttura societaria per migliorarla. Bisogna costruire il popolo fatto da persone mature che hanno una finalità comune perché oggi, epoca in cui i social network hanno un'incidenza deformante molto forte, è difficile che l'insorgenza dei singoli abbia una convergenza nella finalità.

Allora diventa sempre più difficile creare un contesto che ti consenta di esprimerti, ma è l'unico modo per poter dire a te stesso che hai fatto il tuo dovere per la tua realizzazione che ti dà l'opportunità di essere felice. Se non armonizzi il fine intrinseco con quello estrinseco, il fine divino con il tuo, non stai in armonia.

Il fine di Dio è che tu sia felice. Il fine tuo è che tu sia felice. Se il fine di Dio (estrinseco) coincide con il fine intrinseco che hai dentro di te, tu hai trovato la tua pace.

Questa fusione delle due finalità è fondamentale ed è l'unica via che ti dà l'opportunità di essere realizzato. Se tu sei realizzato, chi ti sta accanto sa di aver trovato un ambiente dove può essere libero di esprimersi perché tu, nella tua libertà, dai la libertà anche all'altro.

Ecco perché la libertà di una persona non finisce dove comincia la libertà dell'altra, ma è permessa dalla libertà dell'altra perché quanto più tu sei libero, tanto più crei intorno a te un circuito di esperienze libere. Allora tu hai una forte incidenza. Ma se hai le nevrosi, impedisci agli altri di esprimersi. Se sei rigidamente legato ai tuoi ritualismi e alle tue religiosità, tu saresti capace di scatenare una guerra di religione.

Se, invece, hai un minimo di elasticità, tu consenti che altre modalità e altre culture possano convivere con te e se questa tua disponibilità coincide con quella dell'altro, puoi stabilire un minimo comune denominatore che consenta a te e all'altro di esprimervi nella vostra novità e può darsi che entrambi arriviate alla conclusione che non avete più bisogno né dell'una né dell'altra religione perché avete trovato il modo per essere armoniosamente in convivenza.

Le singole verità personali se sono complementari convergono perché la complementarietà non è antitetica alla convergenza. Una realtà è complementare se si aggiunge ad un'altra per raggiungere lo stesso fine.

Che significato hanno il dubbio, l'opinione, la certezza,  la sicurezza e l'ignoranza?

Il dubbio è la posizione della mente nei confronti della verità quando non aderisce né ad un'affermazione né al contrario. Esempio: il numero delle stelle è pari o dispari? Non si sa come rispondere. Il dubbio, quindi, è il tentennamento.

L'opinione è l'adesione ad un'affermazione con riserva. Esempio: domani è bel tempo o piove? Io penso che sia bel tempo.

La certezza è l'adesione piena, senza riserve. Esiste la certezza morale fondata sull'adesione a ciò che è stato detto. Esempio: so che quella persona è mia madre perché così mi è stato detto.

Esiste la certezza fisica fondata sulle leggi di natura. Esempio: se lascio un oggetto che ho in mano, questo cade.

C'è poi la certezza metafisica che è quella che non fa neanche riferimento alle leggi di natura perché riguarda verità talmente chiare e precise che non hanno bisogno di verifica. Esempio: una cosa mentre è, non può non essere. Ogni tutto è sempre superiore ad ogni sua parte.

La sicurezza è l'atteggiamento con il quale una persona si pone nel vivere una sua esperienza. Esempio: è certo che i morti non si muovono, ma andare a dormire nel cimitero fa paura (è un fatto psicologico).

L'ignoranza (dalla radice greca i gno) è il non generare niente mentalmente, cioè quando la mente sta in uno stato di inerzia e non si pone neanche il dubbio.

Anticamente si riteneva che quando un oggetto colpiva il soggetto, produceva nella mente di questi, il concetto. Quando ciò non avveniva non si generava nulla.

Ritornando al discorso sulla felicità, dobbiamo dire che la felicità è la meta di tutti ed anche Dio vuole che tutti siano felici. Dobbiamo liberarci dalla mentalità negativa. Noi abbiamo troppo una commistione di peccati, di sensi di colpa, di negatività per cui sentiamo di doverci sempre battere il petto. Dio non parla all'uomo per torturarlo nella colpa, ma per dirgli come fare per essere felice.

La felicità, dunque, è la meta, non il mezzo. Però la parola "felicità" è abusata così come le parole "verità" e "libertà". Dove si colloca dal punto di vista semantico? Boezio l'ha definita "possesso pieno di ogni bene" che si verifica quando la persona ha trovato il suo equilibrio o la sua pace o la sua realizzazione completa.

Fin quando noi viviamo l'attimo fuggente, l'esperienza della felicità è transitoria e dinamica. Però nella persona che si manifesta esiste l'opportunità di vivere l'anticipazione della conclusione che permette di pregustare già antecedentemente, quello che sarà.

L'attimo fuggente si inabissa nel nulla eterno irreversibilmente e questo genera angoscia. Ma il momento (che è il movimento) mi porta alla ricerca di una continuità che è propria della felicità. Così giungo finalmente all'istante (in sto) che è una dimensione senza tempo. Avviene quando io mi beo perché prendo consapevolezza del mio essere,  mi dimentico le necessità bio fisiche e le relazioni socio ambientali e mi trovo a contemplarmi nell'identità dell'Essere infinito, esperienza che Dante così descrisse: "Mi parve pinta de la nostra effige, l'amor che move il sole e l'altre stelle".

E' l'esperienza mistica di poter contemplare l'essere nella sua totalità e di immedesimarsi nell'essere. C'è la pulsione che spinge al bisogno di appartenenza e di protezione. Quando questi due bisogni si compongono in Dio perché Lui è onnipotente e mi ama infinitamente, io ho placato la mia esigenza di appartenere e di essere protetto nella sfera mentale, sentimentale, progettuale, ecc., ho trovato in questa dimensione l'appagamento totale ed è l'appagamento del mistico che non è impossibile, ma molto rara. Nel mondo occidentale è rarissima, ma in quello orientale è molto più facile che le persone si predispongano all'assaporamento del proprio essere nell'interiorità con il minimo di soddisfacimento dei bisogni esterni e il massimo ampliamento della personalizzazione e di tutto ciò che è la parte esperienziale.

L'esperienza della felicità è possibile non solo per motivi attrattivi, erotico sessuali, ma per dimensione intersoggettiva perché la felicità non è legata alla piacevolezza.

Il piacere aderisce al sensoriale; la felicità, il cui coronamento è la gioia, inerisce al personale. La piacevolezza e la gioia sono distinte, ma non separate. Quando si riesce ad integrarle, tanto meglio.

Quando la persona si sente integrata con l'altro, il senso di appartenenza all'altro e il senso di protezione dell'altro la placa per cui non è detto che la felicità si debba sperimentare nella situazione statica, ma nella dinamica. Perciò, secondo una legge di psicologia, l'anticipazione della situazione è evocazione, ma è anche un già vissuto così come si verifica per la memoria che può evocare anche un'emozione vissuta. Se io ho goduto nel ballare, se mi rivivo quest'esperienza fantasticamente, mi rivivo l'emozione.

Però questi tempi di recupero di noi stessi sono diventati rari, catturati come sono da una fatticità che ci fa perdere di vista l'intimità.

Il cromosoma 21 è quello che timbra l'età delle cellule per cui ogni nuova cellula entra a far parte dell'organismo con l'età di quell'organismo.

Dal punto di vista neurologico, il bambino è molto più predisposto all'apprendimento, quindi vive una fase di arricchimento. La persona anziana, invece, quanto più avanza negli anni, è sempre meno predisposta all'apprendimento perché abbiamo un'antropologia proiettata all'indietro. Con l'aumento delle persone anziane si comincia solo adesso a parlare di gerontologia. E' un argomento nuovo perché la vita solo recentemente si è allungata.