Chi di voi si ricorda del gioco dell'oca? In questo gioco, quando si accelera troppo e si va oltre, poi si torna indietro. E' necessario recuperare il termine della pace alla quale conduce l' "Evangelii Gaudium" perché la pace, che coincide con lo shalom, con la realizzazione piena, mette in evidenza come la corsa, se non è ponderata, rischia di portare oltre e poi di tornare indietro.
La pace non può essere inserita nel circuito dell'irenismo perché il più delle volte, per pace si intende mettersi in un atteggiamento statico, inerte, nello..."stare in pace".
Quando si parla di pace nel Vangelo e nella liturgia, il termine non si riferisce ad una pace statica, ma la pace va intesa come elemento orientativo al raggiungimento del fine (quindi dinamico), come il trovare l'equilibrio tra il tempo e lo spazio.
Lo spazio ci dà la dimensione della quantità delle cose. Nella cultura contemporanea, intendiamo come elemento pacificatore, l'opportunità di possedere le cose e, quindi, gli spazi a danno del tempo.
Se la pace è un orientamento, più che essere legata allo spazio, è legata al tempo perché il tempo mette nella condizione di avere tolleranza e pazienza per impostare il lavoro.
Il tempo che si impiega per raggiungere il fine non è importante. E' importante, invece, la continuità. Una volta orientato al fine, se non arrivi tu a fare una cosa, ci arriva un altro.
Nella società contemporanea, particolarmente nella dimensione politica, c'è la prevalenza dello spazio sul tempo. Un governo cerca di impossessarsi degli spazi di gestione e non dei progetti e dei programmi da svolgere a lunga scadenza perché è preoccupato di avere sotto mano la situazione e, possibilmente, esaurire il progetto all'interno della propria legislazione. Se ci tenesse al popolo, non si preoccuperebbe della situazione spaziale, ma piuttosto di studiare qual è l'elemento più vantaggioso perché il popolo si costituisca come tale. Invece, la massa viene pilotata dal di fuori a vantaggio di chi deve possedere lo spazio.
La singola persona, per poter entrare a far parte della comunità progettuale dove l'elemento del tempo prevale su quello dello spazio, deve avere la capacità di orientarsi. Non si deve preoccupare del quando, ma del come e di che cosa. Il come può essere variabile. Le variabili sono mobili a seconda delle situazioni. Se io sono altamente motivato, investirò le mie risorse e le mie energie per conseguire il fine. Ma se il fine è... ballerino, l'investimento energetico finisce con l'essere dispersivo. Se io non ho la coerenza tra l'impiego delle mie risorse e il fine da raggiungere, vado facilmente in deragliamento. Se, invece, mi mantengo sul binario che mi conduce al raggiungimento del fine, anche se non ci arrivo io, ci arriverà quello che sta dopo di me se il progetto scaturisce dalla consonanza del popolo.
Al n. 217 dell' "Evangelii Gaudium" leggiamo: "La dignità della persona umana e il bene comune stanno al di sopra della tranquillità di alcuni che non vogliono rinunciare ai propri privilegi".
Non si può mai costituire un popolo che è la comunità, se le singole persone non hanno l'opportunità di rispettare e realizzare la propria dignità. Questo ci interpella direttamente. Se io non rispetto la mia dignità, non posso entrare a far parte della costituzione di un popolo, e se non faccio questo, la pace resta una realtà chimerica perché siccome la pace scaturisce dall'equilibrio dinamico e non statico, la persona, nella sua realizzazione, deve necessariamente seguire la linea della dinamicità.
La somma delle varie dinamicità costituisce la dinamicità comunitaria, ma se non c'è la dinamicità dei singoli componenti del popolo, la dinamicità della realtà sociale non si verifica.
Ieri sera ho accennato al matrimonio che il Papa ha celebrato in aereo andando in Perù a 11.000 m. di quota. La stragrande maggioranza delle persone si sono scandalizzate forse pensando che mancavano gli addobbi, i fiori e gli anelli. Noi, cioè, abbiamo dato tanta importanza alle cose che non ne hanno da far diventare desueto quello che è veramente importante. Due che si sposano imparano come entrare in chiesa, se inginocchiarsi o alzarsi, come firmare, ecc. e mai si chiedono che senso ha stabilire una relazione con una persona che è una realtà non descritta... dalle carte, ma è misteriosa e solo tu la puoi cogliere e nulla sai di lei. Pertanto, ogni intervento teso a regolare una realtà misterica non ha senso. Pensate a come siamo prigionieri di categorie che non abbiamo mai sottoposto al vaglio critico per vedere se sono accettabili o no. L'accettazione di una qualsiasi realtà passa per il filtro della nostra ragione ed è questa che costituisce la nostra dignità che è al vertice di tutte le altre cose organizzative, anche al di sopra della struttura della Chiesa perché la Chiesa è funzionale alla dignità della persona e non viceversa. La Chiesa è destinata a finire. La persona, invece, ha un destino che va oltre lo spazio perché si colloca nella dimensione dell'infinito del tempo. Perciò Papa Francesco mette in evidenza che il tempo ha prevalenza sullo spazio. Lo spazio è di possesso. Il tempo è di orientamento.
Laddove qualsiasi realtà dovesse prevalere su quella della persona, ci sarebbe un errore di fondo. Questo si verifica quando noi sottoscriviamo la nostra dignità in decadenza. Se è così, siamo prigionieri di un capovolgimento valoriale. Allora dobbiamo vedere chi o che cosa mettiamo al primo posto. Al primo posto ci deve essere la dignità della persona. Ma che cos'è la dignità? E' il valore essenziale della preziosità dell'unicità che ha l'orientamento a superare la dimensione spaziale perché recupera quella temporale.
In quanto tempo arriverà la persona a costituirsi nella sua dignità? Nell'annientamento del tempo perché l'aspetto osmotico, comunionale con la realtà dell'Assoluto, va al di sopra del tempo.
"Io in loro e tu in me" (Gv. 17,23)...
In quanto tempo può avvenire l'appropriazione di questa predisposizione naturale che l'uomo ha di cogliere l'Assoluto? Non ha tempo! Il che significa che ogni attimo della nostra vita può essere talmente capace di porci in relazione di recupero della nostra dignità come preziosità, da stabilire una relazione osmotica con l'Assoluto, tale da assolutizzarci per cui non ci si spaventa più neanche di fronte ad una minaccia di morte.
Il tempo è funzionale a noi ed è un tempo... senza tempo perché in ogni momento si può verificare l'incontro che ci porta fuori dal tempo. In questo caso si può parlare del tempo come Kyrios (signoria sul tempo). Il kronos, invece, è il tempo scandito dalla successione degli attimi. Il Kairos si riferisce alla qualità del tempo.
Il tempo può essere vissuto in un modo o in un altro. Cinque minuti di attesa fuori ad una sala di rianimazione in cui c'è un parente, sembrano un'eternità. Cinque minuti con una persona che si ama sembrano passare in un baleno. L'attesa di un pullman se si deve andare a... ritirare un premio, sembra interminabile, ma se lo si aspetta per andare in ospedale per essere operato, sembra che il pullman arrivi fin troppo presto!
Tutti gli attimi del nostro tempo sono funzionali al nostro tempo senza tempo che coincide con l'oggi di Dio che è il sempre presente. Perciò non facciamo la memoria dell'ultima cena, ma la celebriamo. Sono passati 2000 anni da essa, ma questo fa parte del tempo cronologico. Dal punto di vista kyriologico, c'è la signoria sul tempo. Quello che Gesù ha fatto non è imbrigliato nel tempo, ma fuoriesce da questo e raggiunge tutte le generazioni successive.
Naturalmente, immersi come siamo nella dimensione del tempo cronologico, non ci è facile coglierlo in quella kyriologica.
Nel brano dell'epistola che abbiamo letto ieri sera (I Cor. 7,29-31), S. Paolo dice: Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che usano del mondo come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!".
S. Paolo, prigioniero del kronos, era convinto che di lì a poco sarebbe venuta la fine del mondo e la parusia, cioè il ritorno del Signore. Invece, Gesù dice: "Io tornerò quando tu vuoi entrare in relazione con me". Questo è difficile da cogliere.
"Siete nel mondo, ma non siete del mondo" (Gv.15,19) - aveva già detto Gesù. Il tempo del mondo è quello cronologico, il tempo fuori dal tempo è quello interiore. Allora il discorso di altissima consolazione è che noi, pur essendo immersi nel tempo, non ci importa del quanto, ma del quando il nostro tempo ci consente di impossessarci di tutto il tempo.
Quindi, qualsiasi cosa facciamo nel tempo che è mortifero nello scorrere degli attimi che precipitano nel nulla, rimane presente nell'istante.
L'istante è l' in-sto, sto-in, appartengo all'essere. Se appartengo all'essere non ci può essere il non essere. L'essere è l'immersione nel totale dell'Assoluto e questo si può verificare in qualsiasi attimo quando l'uomo riesce ad astrarsi, a riflettere, a pensare e a cogliere l'incontro con una Realtà che non è soggiogabile dall'attimo, ma è presente nell'esistenza perenne dell'essere.
Se io mi incontro con Chi è sempre presente nell'esistenza, io sono fuori dall'attimo. Questo si può verificare sempre. Un po' l'uomo lo sperimenta quando ama e dice "for ever" (per sempre) perché non riesce a concepire che l'amore possa finire. Una mamma non stabilisce fino a quale data amerà il figlio, così come quando c'è un'amicizia profonda non è ipotizzabile che sia a termine...
Ritornando alle letture della Messa di ieri, si può dire che i Niniviti si siano convertiti solo per paura? (Gio 3,1-5.10).
C'è un'altra interpretazione e cioè che indipendentemente dalla volontà di Giona, Dio porta a termine la Sua missione prescindendo da lui per cui anche ciascuno di noi può essere partecipe attivo del programma che Dio ha sull'umanità, ma può anche esimersi dal farlo. Tuttavia il progetto di Dio va avanti anche attraverso il rifiuto di chi non vuole svolgervi una parte attiva. Dio lascia liberi, ma porta a termine le cose secondo il Suo orientamento dando l'opportunità all'uomo di entrare in questo incontro.
Nell' "Evangelii Gaudium" al n. 220, si esalta l'incontro: "Ma diventare un popolo è qualcosa di più, e richiede un costante processo nel quale ogni nuova generazione si vede coinvolta. E' un lavoro lento ed arduo che esige di volersi integrare e di imparare a farlo, fino a sviluppare una cultura dell'incontro in una pluriforme armonia".
Sono parole da diluire: "una cultura dell'incontro in una pluriforme armonia"... Cioè l'incontro, allora è tale, quando la persona scoprendo la propria dignità, scopre in essa anche la dignità dell'altro che ha la stessa sua vocazione. Pertanto, l'incontro mette in sintonia i due che diventano reciprocamente sacramento l'uno dell'altro della Realtà che in questa dimensione storica del "quanto" dà la possibilità di recuperare il "quando" che fa uscire dall'attimo e immergere nell'istante.
Ciò significa che se introduciamo la cultura dell'incontro, introduciamo la cultura dell'amore di sé che non può non estendersi anche all'altro.
Giona va a Ninive contro voglia e senza sperare che i Niniviti si convertano. E così è perché nella massa non c'è conversione. Questa è possibile nel popolo dove vige la dignità della persona.
Ma perché mandare Giona a Ninive che era una città estranea al popolo di Israele? Giona ci va perché si sente costretto. Anche Paolo quando andò ad Atene voleva presentare il "Dio ignoto" al quale gli Ateniesi avevano eretto un altare insieme a quelli dedicati ad altri dei. Ma fu deriso e la sua impresa fallì. Però questo fa parte della testimonianza che poi si è verificata attraverso i secoli. Il fallimento, cioè, non comporta necessariamente la sconfitta dell'orientamento perché quello che non riesce a compiere uno, lo compie un altro. Dio si serve anche di Ciro, re di Persia, pagano, per salvaguardare il popolo ebraico...
Voglio dire che non possiamo imprigionare Dio a fare le cose secondo le nostre norme che non hanno alcuna importanza per Lui. Noi trasciniamo Dio sempre dalla nostra parte e non abbiamo la capacità di andare noi dalla parte di Dio che "fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" (Mt. 5,45). Non lo capiamo perché abbiamo il misurino della giustizia secondo la nostra dimensione all'interno del tempo cronologico, ma Lui ha l'orientamento del tempo senza fine. Non è concepibile per noi che uno schiacci un pulsante e provochi 150.000 morti in pochi minuti... Così come non è concepibile lasciare crescere insieme grano e zizzania, ma nel Vangelo leggiamo: "Lasciate che l'uno e l'altra crescano insieme fino alla mietitura" (Mt. 13,30).
Dio lascia anche che Suo Figlio sia messo in croce: "Io voglio farvi vedere chi voi siete. Verrà il tempo in cui vi renderete conto che quello che è apparso in Lui è quello che in voi è, e che tuttavia non riesce a venir fuori perché lo tenete sepolto sotto una serie interminabile di stratificazioni massificanti per cui l'immagine dell' "uomo nuovo" stenta a venir fuori perché l'uomo vecchio non vuole morire".
Ho parafrasato i termini biblici per farvi cogliere come, per esempio, una mamma può pure avere un intervento doloroso sul figlio, ma la sua intenzione non è quella di fargli male. Se un bambino, infatti, sale sul davanzale di una finestra e rischia di cadere, la mamma può pure strattonarlo e fargli male per tirarlo dentro, ma la sua intenzione è quella di salvarlo.
Giona si rifiuta di credere che i Niniviti che sono pagani, possano essere anch'essi genuini. Lo sono, ma non lo sanno. Dio manda Giona ad annunciare questo e a dare loro l'opportunità che qualcuno possa accorgersi della sua genuinità.
Così anche ciascuno di noi, quando parla con un altro, se porge l'orecchio e ascolta fino in fondo, può trovare nelle parole, nell'esempio, nella modalità, una carica enorme per riprendere la speranza e l'energia per ricominciare daccapo. A volte basta anche solo una telefonata.
Ma il Papa è a conoscenza che ci sono Vescovi refrattari all'apertura e che ancora censurano?
Il Papa appartiene al genere umano e, in quanto tale, ha inevitabilmente dei limiti. Mettetevi per un attimo nei panni di una persona che sta al centro delle questioni mondiali ed ha a che fare con corpi diplomatici, rappresentanze, ambasciate, ecc. che lavorano in modo criptico per cui bisogna scervellarsi per cercare di capire che cosa vogliono. Pensate anche a quanti soldi circolano in Italia, paese definito "democratico", tra chi cerca di impossessarsi dello spazio e non, invece, ad avere l'orientamento per costruire il popolo nella sua dignità perché se l'avessero avuto, non si sarebbe verificato quello che stiamo vivendo.
Ma se dopo Francesco dovesse subentrare un altro... Pio IX e distruggesse in pochi giorni il rinnovamento in atto? Il discorso che stiamo cercando di fare è quello di capire che nessuno può entrare nella nostra realtà. Le cose che oggi fa Papa Francesco, io le ho fatte e ripetute da una vita per cui anche Giovanni Paolo II non mi ha scalfito minimamente. Se dopo Francesco dovesse venire un Papa a ripristinare, per esempio, la Messa in latino, io la dirò in dialetto.
Se una persona non matura per fatti suoi, non matura neanche leggendo l'' "Evangelii Gaudium" perché il cambiamento è una cosa difficile. Se fosse stata recepita bene dai Vescovi, avremmo avuto un movimento generale vero e proprio. Invece non c'è stato.
Se una persona si è formata ed è maturata sulla base di motivazioni che l'hanno portata ad un cambiamento, non si lascerà scalfire da un ritorno al passato. Quando ci si sofferma sulla scoperta della propria dignità, in questa si forma la personalità.
Questi incontri che facciamo, sono opportunità che aiutano a scoprire la propria originalità. Chi ci riesce, sarà capace di viversi anche la morte per non rinnegare sé. Ma se non ha trovato se stesso, allora si aggrapperà alle mille occasioni e ai vai personaggi che si alternano nella storia.
Io ho vissuto l'epoca di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Francesco I. La Chiesa è cambiata enormemente, però le persone, purtroppo, si lasciano guidare ora dall'uno ora dall'altro perché non hanno una loro identità. Questo capita molto di più nel cattolicesimo dove vige la cultura dell'obbedienza che è diffusa oltre che nelle chiese, anche negli uffici e nelle scuole. Fin quando ci sarà la legge dell'obbedienza, il processo di avanzamento e di dinamicizzazione viene purtroppo sacrificato.
Questi incontri portano la persona ad impossessarsi della propria dignità e non dello spazio. Ci siamo soffermati particolarmente sulla libertà che mette la persona in grado di decondizionarsi, dealienizzarsi e destrumentalizzarsi per potersi esprimere nella propria originalità che è difficile e misteriosa perché noi siamo sconosciuti a noi stessi. Questo è il problema maggiore.
Ma quale struttura facilita la persona ad entrare nel proprio mondo e ad esprimersi in autenticità? Nessuna! La struttura, purtroppo, funzionalizza l'uomo all'esercizio all'interno della società e lo spinge a questo, fin da bambino. Solo crescendo ci si rende contro, poi, dell'assurdità della scuola, In una struttura imbinariata con addottrinamento, le persone fanno fatica ad occuparsi della propria identità.
Questo è un ambiente libero, ma lo sarebbe maggiormente se ognuno riuscisse a confrontare la propria posizione mentale con quella che scaturisce dagli altri. Ma non è cosa facile perché siamo in tanti e non possiamo parlare tutti. Le discussioni andrebbero fatte sul piano orizzontale. Solo così ci si potrebbe rendere conto che spesso certe posizioni personali non vengono condivise da tutti. Questa è la cultura dell'incontro multiforme la cui legge fondamentale è la tolleranza.
Ma perché i valori propugnati nel passato non sono stati portati avanti? Don Milani, don Mazzolari, Giovanni XXIII, ecc. hanno detto determinate cose, però poi la pressione esterna produce un effetto limitativo. Allora dobbiamo fare i conti con l'aspetto sociologico e renderci conto che la persona non ha la robustezza adeguata. Una volta tutti erano fascisti, poi una stragrande maggioranza è diventata comunista, poi berlusconiana, ecc.. Siamo delle bandieruole se non abbiamo la personalità formata.