Il mondo, per il modo in cui si sta... avvolgendo, sta provocando dei meccanismi di imbrigliamento e di prigionia della persona e dei gruppi umani. E' necessario, allora, affrontare questo argomento per vedere come divincolarci per non entrare in questa spirale che ci stringe, ci costringe e ci stritola fino a portarci al... testamento biologico.
Mi rendo conto che, normalmente, parlare di questo argomento non è invitante perché ci mette a contatto con la morte dalla quale tutti fuggiamo e anche quando lo facciamo, è per finta, perché non ci lasciamo coinvolgere. Infatti, capita raramente che uno fa testamento o lascia detto che cosa vuole farne della sua vita.
Il vescovo anglicano John Shelby Spong nel libro "Vita eterna", riserva un capitolo al testamento biologico. In pratica lui dice: "Fin quando ho la possibilità di stabilire delle relazioni significative per la mia esistenza, io voglio vivere. Se mi dovesse capitare che non ci sia più la prospettiva di una guarigione, ma solo di un mantenimento della sofferenza, io non voglio più vivere perché verrebbe a mancare il senso stesso dell'esistenza che è quello di costruire relazioni profonde".
In effetti, questo vescovo dice che la vita dovrebbe essere orientata alla sua qualità. Quando la qualità tende ad offuscarsi, la vita comincia con l'essere deprivata del suo senso essenziale che è l'appartenenza alla realtà personale nella responsabilità della gestione delle proprie facoltà valoriali.
Le due realtà che costituiscono la bipolarità in cui la persona si viene a trovare sono: l'esigenza di libertà e l'appartenenza (quindi la relazione).
Queste due realtà devono essere gestite dalla persona responsabile la quale, però, non può essere catapultata nella completa libertà perché si sconnetterebbe e si perderebbe nella sua gestione. Infatti, l'eccessiva libertà dà alla persona una sorta di smarrimento. Quando si dice: "Fa' quello che vuoi" il soggetto resta impigliato nell'immobilismo perché non sa da che parte andare. Se, invece, ha un minimo di orientamento, viene aiutato perché ha un punto di riferimento stimolante anche se vi risponde in modo polemico e conflittuale.
L'appartenenza, poi, deve essere bilanciata nell'armonia del soggetto.
La società, così come si sta evolvendo negli ultimissimi tempi, secondo le previsioni sociologiche, avrà un'accentuazione di consumo fino ad arrivare ad un ipermercato a tutti i livelli. Amazon è solo un esempio di come si tenda a monopolizzare l'aspetto commerciale per facilitare il consumo fino ad arrivare ad un orientamento alla dittatura economica.
Questo accentuato consumo produce un meccanismo di abbandono della propria decisionalità e, quindi, della propria responsabilità.
Metto questo in relazione alla responsabilità del testamento biologico.
La responsabilità decisionale, attraverso l'ipermercato viene sottratta al soggetto che, servito a domicilio, si trova ad avere una sorta di mutilazione della propria scelta.
Questa sarà sempre più accentuata fino ad avere la distruzione della democrazia perché l'ipermercato è in stretta relazione con gli Stati e la democrazia. Quindi, nel giro di 20-30 anni, ci sarà una sorta di eliminazione della responsabilità personale e si arriverà al testamento biologico come scelta delle multinazionali su una base di consumo e non sulla base di un'elaborazione e di una maturazione della singola persona perché questa sarà totalmente depersonalizzata.
Questo è l'esatto opposto di quello che noi qui stiamo cercando di fare. Io spingo perché le persone responsabilmente si accorgano di quello che avviene: consumo, iperconsumo, ipermercato, deresponsabilizzazione, caduta della democrazia e degli Stati...
Più il soggetto consuma, più si sente appartenente alla realtà consumistica dell'ipermercato per avere successivamente (ma tra 60-70 anni), un ritorno all'assunzione delle responsabilità che si oppongono a questo meccanismo di oggettivazione delle persone. Queste, cioè, dopo aver subito una sorta di annientamento della loro libertà perché l'elemento di appartenenza ha prevalso su quello della libertà, si ribelleranno per recuperare, per quanto possibile, l'appropriazione della libertà.
Quindi, ci sarà un ribaltamento della situazione: dalla gestione centralizzata all'appropriazione della propria personalità.
Ora siamo nella fase di crescita nell'appartenenza al consumo, ma qualcuno più avanzato comincia a rendersi conto che questo meccanismo non è più sostenibile e che, quindi, il diritto sostenibile non è più in vigore.
Gesù Cristo ha detto: "La verità vi farà liberi" (Gv.8,32). Questo modello deve essere assunto da noi in opposizione a quello di reificazione della persona e di massificazione, per accelerare il passaggio allo stadio seguente e per conservare delle relazioni che siano aperte alla crescita per la felicità. Questa non può essere fruita se non in un contesto di libertà.
Allora bisogna riflettere su quanto si è assoggettati nel contesto sociale ad essere... consumati. Le persone non hanno più la sensazione di gestire la propria esistenza perché sono incapsulate in una sorta di doverosità permanente.
Le persone che escono di casa semplicemente per passeggiare o per andare a trovare liberamente un amico, sono rare. Lo possono fare i pensionati che vivono un'età libera. Prima c'è una situazione di costrizione a cominciare da piccoli, quando si deve andare a scuola, fare i compiti, fare palestra, catechismo, musica, ecc. per cui non si ha più tempo libero. Quando si cresce con quest'assillo permanente, si arriva ad un'età matura in cui non si riesce più ad avere la propria gestione della vita.
Quando il contesto epifenomenico ti pigia fin da piccolo, è sempre più difficile che la persona si accorga che può gestire la propria esistenza. La mancanza di autogestione è un grave danno.
Allora, la prima fase è quella di perdersi nel modello di appartenenza a quello che la società impone. La seconda fase, con l'ipermercato, produce un allontanamento dallo Stato perché il soggetto, deprivato della sua responsabilità, non si sente più partecipe alla gestione della cosa pubblica.
Nei giovani l'amore per la democrazia o per la politica è inesistente. Questo è frutto di un modello di deresponsabilizzazione. Una volta gli studenti occupavano le scuole, facevano le lotte, i sindacati funzionavano e così pure i partiti... Ora non c'è più niente di tutto ciò, ma io sono ottimista perché a mano a mano che la persona si sente deprivata della sua essenzialità, passa alla seconda fase che è quella della sottolineatura della libertà (nella prima fase c'è la sottolineatura della massificazione, del consumo, dell'ipermercato).
Ci sarà così una rivalsa perché questo modello consuma dall'interno la persona in quanto le toglie la spinta pulsionale al modello del volo nella libertà che è innato nell'uomo.
L'uomo ha sete di libertà e di felicità e la felicità è possibile solo nella libertà. Adesso prevale l'appartenenza, ma in seguito questa sarà un fuoco fatuo. Perciò la visione è ottimistica: ci sarà la rivalsa.
Le persone che hanno una maggiore sensibilità possono già anticipare quello che sarà se sono capaci di accorgersi che è in atto un modello distruttivo per non subire la distruzione, ma conservare, invece, la lampada accesa come disse Gesù nella parabola delle dieci vergini:
"Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora". (Mt. 25,1-13).
E' una parabola che non ha nulla di storico, ma è un modo per dire come l'uomo deve stare molto attento per conservarsi lucido e non perdere la lampada che ha dentro di sé e che è la consapevolezza, la coscienza, l'appropriazione della propria vita con tutto ciò che ad essa è inerente.
La cosa più importante per l'uomo è avere la conoscenza perché questa è la verità che rende libere le persone e che è la premessa della felicità che è il senso della vita. Nel momento in cui la persona dovesse trovarsi in uno stato in cui non è più padrone di sé e non può gestire la propria vita, allora è schiava.
Provate a pensare come tutti quanti siamo imbrigliati in comportamenti che non sono stati né decisi né codecisi, ma subiti. Eppure, prima non era in atto il processo subdolo di manipolazione, alienazione e strumentalizzazione e condizionamenti sottili fatti ad arte. Eppure, ci siamo andati a finire dentro.
Pensate al modello religioso che è acritico, non umano perché l'uomo deve avere la consapevolezza del proprio gestire... La persona è tanto più matura quanto più riesce a prevedere la consequenzialità dell'atto che compie.
Allora, la parabola ci invita ad avere più tempo per vedere se le nostre azioni sono le nostre o sono da noi subite. Quanto più sono subite, meno sono nostre. Quanto più sono nostre, più noi siamo capaci di essere lievito nella massa. Perciò Gesù dice: "Il Regno dei Cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata" (Mt. 13,33).
Il lievito è quello che deve mantenere viva la fede nell'essere umano intelligente e, quindi, libero e tendente alla felicità.
Ma la società non è continuamente mutabile? Il dialogo con le altre culture e religioni è possibile?
Non bisogna trascinare il discorso sul particolare periferico. Io sto facendo un discorso a monte, su cosa sarà l'umanità di cui noi facciamo parte e che non è più divisa in paesi con il loro confine, con le guerre che si combattono al fronte, ecc.. Queste cose non esistono più! Sono categorie che non rientrano nella cultura attuale. Se è così, noi dobbiamo lasciare anche la categoria religiosa per passare a quella antropologica, in quanto persone, che si trovano a vivere nello stesso luogo, nello stesso condominio, con mentalità completamente diverse senza nessuna possibilità di dialogare tra di loro per cambiare. Cambierà, invece, il concetto democratico perché le persone si staccheranno da tutti gli Stati perché non ce ne sarà più uno capace di ricevere le istanze delle persone che ne fanno parte.
Allo stesso modo, la scuola non può avere più i programmi da svolgere perché in una classe dove ci sono alunni di varie nazionalità, come si fa a svolgere un unico programma valido per tutti? E come parlare del... Natale a tutti? L'insegnante deve riferirsi ad un modello che unifichi le varie culture, ma senza che si identifichi con nessuna di loro.
Questo modello porta inevitabilmente le persone a staccarsi da chi gestisce dall'alto. Quindi, non ci sarà più un governo, ma ci troveremo di fronte ad una realtà nella quale le persone o si appropriano della loro responsabilità gestionale oppure saranno messe anche loro in un situazione di mercato.
In parole semplici: nel giro di poco tempo ci troveremo ad essere obbligati a fare gli acquisti con la carta di credito che è un modo per avere una centralizzazione nelle mani di chi gestisce le carte di credito. Le singole persone non vengono messe al corrente di quello che si fa... sottobanco. Le decisioni vengono prese in alto per cui si sarà un processo di deprivazione a nostro danno.
Ma quante persone si pongono questo problema? Noi stiamo cercando di fare questo, ma vi posso dire che ci sono tante persone già talmente avvitate e sigillate che non riescono a parlare con altre. Se si apre un discorso sulla responsabilità personale, non sono capaci di capirlo. Quindi, la dialogalità non è più così facile neanche tra quelli che parlano la stessa lingua. Figuriamoci, poi, con quelli che parlano una lingua diversa ed appartengono ad un'altra cultura.
Vi suggerirei di vedere il film "La ragazza danese" che mostra culture completamente diverse che non hanno nessun punto in comune. Mentre da una parte sembra che si avanzi, dall'altra si retrocede per cui ci sarà uno scontro violento ma sempre prodotto e gestito in alto.
Come parlare di gestione di sé nelle baby gang? Ma come sorgono e perché vengono catapultate sullo schermo televisivo? Perché adesso serve fare così!
Il rimedio non sta nel togliersi la televisione o internet, ma nel prendere consapevolezza profonda di ciò che sta avvenendo accanto a noi e dentro di noi perché se non ne prendiamo coscienza, entriamo a far parte della governance che si serve di noi per andare contro di noi.
La cosa più difficile da cogliere è quella di come il sistema di depersonalizzazione è così abile da toglierci la libertà da dentro per cui si diventa collaboratori della propria distruzione.
Allora, quando c'è un messaggio di proposta di felicità, significa che tu devi avere la capacità di gestire anche la morte e non lasciartela gestire da altri. Quindi, tu ti devi assumere la responsabilità di dire: "Io non voglio che la vita mi sia prolungata se sarò ridotto ad un essere che non significa più niente. La vita voglio gestirmela io e non delegare un altro a farlo".
Tenere una persona in sala di rianimazione per molto tempo fa guadagnare molto in termini economici, ma è inutile quando dal punto di vista diagnostico non c'è nulla che faccia prevedere un recupero.
Quando leggerete il libro "Vita eterna", vi renderete conto di come un vescovo arrivi a dire: "Io non voglio che di me si faccia un rottame funzionalizzato all'arricchimento di questa o quella clinica privata".
Attualmente i notai stanno studiando come, in pratica, la legge si debba applicare (moduli, dichiarazioni, ecc.).
Cercate di capire che è chi ama la vita fino in fondo che cerca di garantirne la qualità. Se pensate che il testamento biologico sia un rifiuto della vita, c'è un discorso molto più profondo da fare: l'uomo ha capito il valore della vita che ha? Questa è la cosa più difficile! Allora, il cammino che stiamo facendo passa per un sentiero che è irto di difficoltà perché non ci siamo sufficientemente impossessati della facoltà di gestirci la vita che è data alle persone che portano ad ottimizzazione l'espressione delle proprie caratteristiche valoriali per arricchire la comunità e rendere possibile una vita felice per tutti.
Se non ho acquisito questa maturità nella mia identità personale, qualsiasi normativa può essere deviata nell'interpretazione. Ecco perché tutto ciò che avviene al di fuori di noi, quando entra in noi deve attraversare il nostro filtro interpretativo.
Noi siamo gli unici esegeti dell'epifenomeno. Quello che avviene e che mi giunge, io come lo voglio vivere? Ma ho la libertà di farmi togliere la vita che mi ha dato Dio?
Uno Stato non può fare una legge per chi crede in Dio, ma deve garantire la libertà a tutte le persone di qualsiasi caratteristica concettuale e culturale siano. Non può imporre a tutte le altre persone la posizione di quelli che credono in Dio perché ce ne sono tantissime che non sono credenti e che vogliono essere padrone della loro vita. Questo è un discorso a parte.
Ma ora stiamo cercando di capire se la persona, in quanto tale e non in quanto credente in Dio, nel momento in cui è lucida, possa gestirsi la morte se le dovesse capitare di venirsi a trovare in una situazione che non preveda alcuna possibilità di recupero della coscienza ed in cui è diventata un rottame.
Questo è il discorso! Quando sono lucido, posso decidere per quando non lo sarò più? Per quando mi dovesse capitare di non poter più decidere, posso dire prima che non vorrò più pesare sulla società, sugli ospedali e sulla spesa sanitaria e che desidererò di essere lasciato tranquillo e libero di riconsegnare la vita al Suo autore? La nostra esistenza, noi quanto siamo in grado di gestircela?
E qui il discorso diventa molto più complesso: tra i messaggi del consumismo che mi pervengono, quanto spazio io do alla mia crescita per quanto attiene l'esercizio della mia volontà per la libertà che è premessa per la felicità?
A questo punto, io posso vivermi anche la morte felicemente, ma se non ho fatto questo cammino di consapevolezza, la morte diventa uno strazio per me e per gli altri. Dobbiamo impossessarci della nostra libertà. La conseguenza di quello che stiamo dicendo è: "Prenditi cura di te per non doverti prendere cura delle malattie" perché se tu riesci a gestire bene la tua esistenza, può darsi che non avrai neanche bisogno... dell'ospedale e potrai morire in santa pace a casa tua.
Ma come fare per impossessarsi della propria esistenza? E ancora: che cosa posso fare per entrare progressivamente nella gestione delle mie caratteristiche? Le relazioni aiutano enormemente a stare bene e realizzare la persona. Purtroppo, le relazioni vanno scomparendo. I ragazzi comunicano solo col whatsapp e non parlano più neanche quando vanno insieme in pizzeria.
Quello che abbiamo detto lo trovate nel libro di Jacques Attali "Breve storia del futuro".
Quando in un futuro non lontanissimo, si verificheranno queste cose, se siamo premuniti e capaci di gestirle, allora avremo assolto la nostra responsabilità di essere lievito nella massa perché quelli che sono capaci di cogliere certi aspetti della vita, devono farne dono anche agli altri in quanto la persona sta bene quando riesce ad esprimersi nella totalità del proprio essere. Quanto più è coartata, tanto più si ammala. Le malattie, il più delle volte, sono effetto di un malessere interno.
Qual è il confine tra l'accanimento terapeutico e il suicidio assistito? Come può essere considerata la rinuncia all'alimentazione forzata? Nella concretezza, ci si regola secondo la situazione. In astratto, laddove non ci sono statisticamente possibilità di recupero, è inutile accanirsi. Questo avviene, per esempio, quando c'è un elettroencefalogramma piatto a seguito di un'emorragia che ha causato necrosi neurologiche. In questo caso, quando la coscienza della persona non è più presente e statisticamente non c'è alcuna possibilità di ripresa, è inutile accanirsi. Quando si tratta, invece, di un malato terminale di cancro, questi può essere lucidissimo fino alla fine per cui non puoi assolutamente limitare le cure o non alimentarlo più. In questo caso c'è la terapia del dolore. L'accanimento, quindi, si può evitare quando non si prevede alcun recupero della coscienza.
Il discorso è complicato e ci interpella personalmente: "In che relazione stai con la tua vita?" E una volta data la risposta passare a: "Come ti poni con la vita della comunità?".
Un malato in ospedale costa alla comunità circa 850 euro al giorno. Questo significa che sulla malattia c'è un discorso di utilizzo di fondi pubblici che, comunque, interpella la persona: "Che consapevolezza ho io nel danneggiare la situazione pubblica?".
Cerchiamo di vivere la vita nel miglior modo possibile mentre... viviamo, invece di preoccuparci eccessivamente di come morire.
Per avere la padronanza di sé ci vuole molto allenamento cominciando dalle piccole cose. La gestione libera passa per quella individuale.
C'è un bel libro di Marie Kondo "Il magico potere del riordino". Ci sono tante persone che non riescono a morire perché devono sistemare ancora tante cose e spesso lasciano i parenti in difficoltà. Non si ha il coraggio di vedere come la vita è non solo personale, ma anche comunitaria.
Può darsi che da stasera potete cominciare a vivere meglio. Il Kerigma fondamentale è che Gesù Cristo è venuto a dirci che siamo come Dio se riusciamo ad avere il dominio su di noi perché tutto quello che avviene fuori: le massificazioni, gli imbrogli, ecc., sono tutte cose che riguardano persone che hanno paura di vivere perché chi si impossessa della vita, vive anche la morte con una padronanza straordinaria.
Basta solo l'esempio per far giungere questo messaggio agli altri? Ci vuole anche la comunicazione che non deve essere solo noetica, ma anche testimoniale. Dire le cose e testimoniarle con i fatti che le tre intelligenze, quella razionale, quella emotiva e quella viscerale assieme ti fanno vedere è far scoprire la preziosità della vita.