16° INCONTRO DEL 05-02-2018 nella parrocchia di Santa Maria della Libera

Viene proiettato il documentario "ORTARTE" che mostra il lavoro di Enzo Aulitto strettamente legato alla natura, ai prodotti del suo orto trasformati in opere d'arte.

 

COMMENTO: La natura viene interpretata dalla persona. Qui è messo in evidenza come il segno diventi arte, ma l'arte non è tale se non c'è l'artista che la legge. L'interpretazione è la parte più importante della fase artistica. Se non c'è l'interpretazione, l'opera d'arte è muta.

Bisogna avere la capacità di recuperare il senso profondo dell'arte che è sempre capacità di originalità.

Per poter comprendere bisogna prima capire e per poter capire bisogna prima intuire per cui vengono messi in evidenza due aspetti della persona: l'aspetto del vedere e quello dell'ascoltare.

Il vedere apre alla percezione del mondo che entra in noi, ma quest'ingresso deve essere letto e interpretato.

L'ascolto è il cogliere le voci dell'universo, ma fondamentalmente, la voce del silenzio.

 

Provate a fare uno sforzo per passare da una regia ad un'altra. La regia è propria della persona che oggi non ha più la possibilità di dare un giudizio di merito né nel campo politico, né in quello pedagogico, né in quello medico e neanche in quello religioso. L'uomo, cioè, si trova ad essere frastornato in modo da non potersi più orientare, ingabbiato com'è in una posizione di sovraccarico burocratico in cui perde la propria naturalità.

Ecco perché per l'uomo di oggi è importante riprendere in mano la gestione del discernimento.

Che cos'è il discernimento? E' la capacità di giudicare in verità e libertà la situazione della propria identità che non è un dato acquisito, ma è un compito affidato alla persona che si trova a vivere una realtà estremamente complessa perché né l'evidenza né l'informazione massmediale le forniscono l'opportunità di cogliere l'evento, di  poterlo percepire e darne un'interpretazione che le sia funzionale.

Insomma, l'uomo deve appropriarsi di sé. Siccome non gli è più data l'evidenza delle notizie e delle percezioni, come fa l'uomo a discernere?

Il discernimento è il compito più difficile della propria identità perché quello dell'identità soggettiva non è un dato scontato, ma è un dato in formazione, in evoluzione, in naturalità. La natura è presente senza intervallo in tutto ciò che è esistente. Non c'è nulla che non sia naturale, non escluso... l'artificio. La stessa arte è in stretta connessione con la naturalità e la stessa Realtà divina si inserisce nella naturalità e si evolve con essa. Teilhard de Chardin presenta Dio come l'Evolutore perché entrando in relazione con la storia, dà ai contenuti della storicità, una consapevolezza che si assolutizza.

La consapevolezza viene assunta nell'umanizzazione. Ecco perché il libro più difficile da leggere è quello che è stampato nelle corde del nostro essere per cui una persona, prima di uscire da sé e andare in estasi, deve entrare nel romitaggio della propria realtà singola, unica, irrepetibile... E' lì dentro che trova le note per emettere la propria melodia.

Qui entriamo nel rapporto tra la libertà della persona e la manipolazione esterna. Se l'uomo, sottoposto a mille manipolazioni, non riesce ad interpretare soggettivamente tutto ciò che gli perviene, soccombe e subisce una depersonalizzazione che gli toglie la capacità del discernimento che è una virtù fondamentale per i tempi moderni. La possibilità di scegliere presuppone che il soggetto sia prima di tutto libero perché solo così potrà cogliere la verità. Se la libertà non è posseduta dal soggetto, l'evento epifenomenico che gli giunge viene interpretato in modo deformato. Ecco perché questa reciprocizzazione  tra l'appartenenza alla società ed il privilegio di avere la propria libertà è un gioco che solo con il discernimento l'uomo riesce a fare dentro di sé se si allena, cioè se si mette in un atteggiamento permanentemente critico per non subire e per non essere prepotente nei confronti della realtà, se riesce a bilanciarsi armonicamente tra quello che perviene a lui e quello che da lui parte per poter interpretare ciò che gli è arrivato.

In parole più semplici: quando Dio è entrato in contatto con la realtà storica, ha dovuto fare i conti con la realtà umana (antropologia) conservando la Sua teologia. Teologia e antropologia si incontrano per integrarsi. Quello che è avvenuto in Cristo avviene anche in ogni persona che nasce ed è fortemente condizionata dalla realtà nella quale si trova a vivere. Questo condizionamento è talmente assillante che qualche volta può deprivare la persona della propria identità.

Ecco perché il compito della propria identificazione è arduo. Quanto maggiore è la pressione dell'elemento esterno, minore è l'opportunità che la persona ha di identificarsi nella sua realtà singola. Quanto più la persona riesce a costituirsi tempestivamente, meno l'ambiente esterno è pressorio e non le toglie la possibilità di avere una lettura soggettivizzata.

Ognuno di noi è un ermeneuta (da Hermes, il messaggero degli dei). L'ermeneutica è la capacità di  cogliere il messaggio che viene porto all'uomo dall'ambiente. Ecco perché la percezione, il vedere, l'udire sono le vie con cui la persona comincia ad avere i dati da elaborare per poter dare la sua risposta. Poi bisogna vedere se la risposta che dà è la sua o è solo la ripercussione di ciò che è stato detto senza che ci sia stata un'elaborazione soggettiva.

L'elaborazione soggettiva è molto difficile perché ci sono dei protocolli imposti ed estesi con la globalizzazione di cui la persona non si accorge neanche più. Così non solo capita che ci mettono i braccialetti o il microchip, ma addirittura che le persone facciano domanda per averli! Questa è la realtà più grave che l'umanità sta vivendo perché non si accorge neanche di essere derubata della propria identità.

Ecco perché ho detto che l'identità è un compito che l'uomo oggi ha più di ieri perché prima non c'era questa pressione così subdola. Oggi l'aspetto doxologico si è talmente evoluto da non far più accorgere alla persona di essere manipolata.

Prima si manipolava con il "Deus ex machina" e la religione è stata un ottimo elemento di manipolazione. Adesso l'uomo sta allo sbaraglio perché non ha più i dati per potersi orientare.

Per questo motivo, un argomento di grande attualità è il recupero del discernimento. Bisogna chiedersi: "Io, in prima persona, che valenza do alla mia capacità di rendermi conto di ciò che avviene?". Se il soggetto non si sveglia dal torpore della gabbia della burocratizzazione, del protocollo, nella quale è stato conficcato, gli diventa difficile sopravvivere. E sopravvivere solo non è più sufficiente per l'uomo.

Se, invece, la persona ha in mano la gestione della propria esistenza, allora darà filo da torcere a tutti i livelli: familiare, sociale, religioso, ecclesiale, ecc..

Quindi, si deve svegliare dal torpore e cominciare a chiedersi: "Ma io il mio orto l'ho coltivato bene o mi sono lasciato irretire e, quindi, mi sono piegato alla governance?" (la governance è l'allenaza che chi esercita il potere cerca nel dominato. In questo caso il dominato va a rinforzare quello che lo tiene schiavo ed è la fine).

Se vogliamo fare un excursus storico, tutte le persone che hanno dato un buon apporto alla storia umana, hanno sempre passato... i guai. Il che significa che o abbiamo una vocazione a fare lo stesso oppure i guai li passiamo noi. Se ci organizziamo per non soccombere, allora la vita diventa più vivibile perché ognuno di noi ha un compito ben preciso: quello di essere insostituibile per la storia universale. Questa è l'autostima.

Bisogna chiedersi: "Che considerazione ho io di me per quanto riguarda la storia universale?".

Un minuto di riflessione... "Quanto valiamo noi, da 1 a 100, per la storia universale?".

Nessuno risponde che vale 100 perché pensiamo che il nostro valore sia misurato dagli altri, da quelli che impongono il protocollo per cui se facciamo quello che è prescritto, andiamo avanti nella carriera, ma se facciamo quello che sta scritto fuori e non quello che è scritto dentro di noi, cancelliamo noi stessi dalla circolazione.

Dobbiamo renderci conto, invece, che il nostro valore non è soggetto al giudizio degli altri, ma solo al nostro giudizio e a quello di Colui che ci ha creati.

Noi siamo un gruppo, ma bisogna vedere se riusciamo a costituire uno spirito comunitario. E' la comunità che fa la forza perché il singolo viene messo fuori facilmente. Già è più difficile metterne fuori due, ma un gruppo costituito diventa una forza dirompente.

Dal punto di vista sociologico, abbiamo visto che l'economia sta implodendo perché il meccanismo della globalizzazione eliminerà, nel giro di poco tempo, tutti i lavori parcellari, personali. Sarà tutto automatizzato. Già in Giappone ci sono 13.000 robot che vanno anche a fare la spesa...

Qui siamo un centinaio di persone. Tutti, nel leggere la bolletta della luce, per esempio, vediamo che le spese aggiunte (che non riguardano direttamente il consumo) sono elevate. Se noi incaricassimo un avvocato per cercare di capire il perché di questa pressione violenta? Questo è solo un esempio.

Tutti i cambiamenti della struttura societaria sono partiti sempre da un gruppo che ha cominciato a dire delle cose.

Noi subiamo molto ed abbiamo raggiunto il massimo della tolleranza perché non si sa come muoversi, conficcati come si è, nella gabbia della burocrazia informatizzata. Io sto facendo un discorso di opposizione al sistema. Siamo tanti e può darsi che nella testa di qualcuno sorga un'iniziativa.

Possiamo anche fare un cineforum qui una volta al mese al posto dell'incontro del lunedì. Vedremo un film e poi apriremo un dibattito su tematiche concordate.

Bisogna partire da se stessi... Il discorso è complesso. Discernere significa che tu devi giudicare con verità e libertà che sono due elementi difficili da mettere insieme in quanto la verità non giunge se non quando è passata e le esperienze dirette sono sempre molto minori rispetto a quelle che vengono da fuori.

I sistemi di informazione sono talmente sovraccarichi che il soggetto non ha più il tempo di sperimentare che cosa sia successo veramente. Capita che molti anni dopo si vengono a conoscere delle verità, per esempio che la caduta dell'aereo ad Ustica non fu accidentale, che in Afghanistan non è stata esportata alcuna democrazia, che Saddam Hussein non aveva armi di distruzione di massa, ecc..

Esiste la verità dell'eresia pensata (perché è tua) e l'eresia di una verità inculcata (perché ti viene a comprimere).

Ma noi non partiamo già deformati da tanti dati acquisiti? Come si fa a formarsi una retta coscienza? La retta coscienza è l'identità personale che ha il compito del discernimento.

Ma come si fa a verificare se l'identità è nostra o ce l'hanno affibbiata? Il discernimento non è facile, ma piano piano lo si può acquisire. Io sono stato in seminario, ma oggi pochi si accorgono che sono prete!