REALTA' DELLA FINANZA ETICA
RENATO BRIGANTI: Oggi parliamo della Banca Etica con Daniela Freda che ne è la responsabile culturale dell'area sud. Io faccio solo una premessa. Ci siamo incontrati l'anno scorso a Pratella sul tema "Un altro mondo è possibile" e abbiamo parlato della relazione tra economia e finanza e sulla necessità di un'altra economia possibile.
Riassumendo brevemente, dicevamo che gli uomini hanno cominciato uno scambio reciproco tramite il baratto. Quando questo sistema è andato in crisi, si è arrivati, attraverso vari passaggi, fino alla moneta come mezzo di scambio. La moneta non è il fine, ma il mezzo per fluidificare l'economia (che significa: norma della casa). La norma principale era quella di far stare meglio le persone della casa, del villaggio e del villaggio globale. Questo strumento, però, ha finito col mangiarsi l'economia.
Sono uno dei soci fondatori di Banca Etica, cioè faccio parte di quelle persone che hanno ragionato sulla finanziarizzazione dell'economia.
L'economia si divide in economia reale (da res - cosa) ed economia finanziaria o virtuale. Prima queste due forme erano equilibrate, poi, a partire dagli anni '90, l'economia diventa tutta finanziarizzata. Ciò significa che chi aveva dei capitali non li investiva più nell'economia reale, cioè nelle cose, ma investiva in finanza, cioè in economia virtuale. Questa dava l'illusione di procurare più utili, ma in finanza se c'è qualcuno che guadagna 100, da un'altra parte c'è chi perde 100.
Uno che ha un capitale, se lo vuole investire in una fabbrica, dovrà affrontare il rischio della concorrenza, il rischio dei sindacati, il rischio di un possibile inquinamento, il rischio del decentramento produttivo, ecc. per cui il guadagno sarà 10. Invece, andando ad investirlo in Borsa, il guadagno potrà essere raddoppiato e anche se il rischio è alto, opta per questo. La finanza, così, diventa un gioco.
Ma che succede quando uno vince troppo? Chi è che perde? Già negli anni '90 ci eravamo accorti che questo gioco creava pochissimi vincitori e moltissimi sconfitti in modo tale che la forbice tra i ricchi che diventavano sempre più ricchi ed i poveri che diventavano sempre più poveri, si allargava sempre più. Ne è un esempio Instagram che ha comprato la Kodak che produceva pellicole per fotografie e continuava ad essere sul mercato anche quando queste cominciavano ad andare in disuso ed aveva centinaia di migliaia di dipendenti. Il profitto veniva distribuito alle forze lavorative. Quando Instagram ne ha acquistato il marchio, i dipendenti sono diventati solo 7 anche se l'Instagram realizza un utile inimmaginabile. Lo stesso è Amazon, ecc..
Inoltre, nell'economia finanziarizzata non solo gli utili vengono divisi tra pochi, ma sono anche pochi quelli che decidono. Questo è ancor meno democratico. L'economia reale, invece, ha delle aziende con nomi e cognomi.
Ci sono poi i paradisi fiscali che sono dei luoghi in cui si sposta la sede legale di una multinazionale non solo per non pagare le tasse, ma anche per avere l'anonimato in modo tale che non si sa che azienda sia, che cosa fa, dove la fa e perché la fa. Se abbiamo una S.p.A. in cui il capitale sociale di maggioranza, il 50% + 1 delle azioni sono di proprietà di un'altra S.p.A. che ha la sua sede in un paradiso fiscale, non solo non pagherà le tasse nuocendo alla collettività e all'interesse generale (e già questo è molto grave), ma soprattutto non sappiamo chi è il responsabile.
Questo meccanismo è molto radicato nella finanza che è diventata non solo il luogo della poca democrazia, ma anche il luogo della disparità e, soprattutto, delle opacità dove tutto è nascosto e non si riesce ad avere trasparenza.
Attraverso la campagna "Pace e disarmo" avevamo ottenuto che ci fosse la tracciabilità delle movimentazioni di capitali, cioè che fosse possibile sapere che fine fanno i nostri capitali depositati presso le banche. Risultò che ai primi posti c'era il traffico di armi. Poiché non eravamo d'accordo su questo, decidemmo di farci una banca da soli.
Quindi, cominciammo con la "Cooperativa verso la Banca Etica" costituita principalmente da persone giuridiche (associazioni) che volevano fare una banca che offrisse trasparenza e non commerciasse in armamenti.
Ci dicevano che non era possibile fare una banca fuori dal sistema vigente e che non potevamo neanche chiamarla "etica" perché questo metteva in evidenza che le altre banche non lo erano!
Le autorizzazioni che poi ci vennero date, ci relegavano a Padova dove si era riunito il primo nucleo di volontari e questo voleva dire fare una banca provinciale, una MAG (mutua autogestita), in pratica una cooperativa finanziaria di risparmio e prestito che però, essendo provinciale, aveva il vincolo di lavoro sul territorio di quella provincia.
Unendo varie MAG decidemmo, allora, di fare una banca nazionale, cosa che fu possibile quando riuscimmo a mettere insieme 6 miliardi e mezzo di lire.
A questo punto, oltre alle associazioni, furono coinvolti anche i risparmiatori responsabili e nacque la Banca Etica che oggi conta oltre 41.600 soci ed è una banca vera e propria con sportelli e dipendenti.
Ogni provincia ha un GIT (gruppo iniziativa territoriale) in cui i soci volontari si incontrano per cercare di promuovere un altro modo di avvicinamento alla finanza e apportare miglioramenti alla banca stessa (che è arrivata anche in Spagna).
C'è, inoltre, un network di banche che in Europa agiscono come la nostra Banca Etica perché si sta riscoprendo l'importanza del ruolo dei risparmiatori. Questi, così, possono fare scelte di investimenti che vadano nella direzione della sostenibilità, della giustizia e della cooperazione internazionale.
DANIELA FREDA: Di me direi due cose: sono una persona felice e ricca. Felice perché da otto anni ho la fortuna di svegliarmi ogni mattina contenta per il lavoro che mi attende. Nel confrontarmi con i miei coetanei, mi rendo conto di essere una privilegiata (anche quando sono sotto pressione).
Oggi al lavoro si passa la maggior parte del tempo giornaliero e, quindi, è molto importante trascorrerlo felicemente.
Sono ricca non perché riceva uno stipendio favoloso (i dipendenti di Banca Etica non ricevono bonus o premi), ma sono ricca perché in otto anni ho conosciuto tante storie, tante persone, tante imprese, tanti stranieri, tanti ragazzi con dei sogni che, grazie a Banca Etica, sono riusciti a realizzare. Tutto questo è entrato a far parte della mia vita e l'ha resa, appunto, ricca.
Perché fare questo tipo di incontri? Per reclutare clienti? No, faccio incontri di informazione anche nelle scuole. Questo vuol dire esercitare la libertà. Oggi nel mondo finanziario si usano tanti paroloni tecnici praticamente incomprensibili da cui la gente prende le distanze. Per questo informare è necessario perché solo se si è informati si può fare una scelta consapevole. Quindi, cerchiamo di fare educazione finanziaria.
Quelli che una ventina di anni fa decisero di fondare la Banca Etica, oggi sarebbero considerati dei pazzi. Invece erano delle persone che avevano una visione della vita che andava molto lontano. Erano giovani che perseguivano un sogno.
Hanno avuto ragione: Banca Etica ha compiuto 19 anni, resiste, sta in piedi sul mercato perché produce degli utili e, quindi, dimostra di essere valida.
Quando parliamo di "altra economia" non ci riferiamo solo a belle cose fatte bene, ma anche a cose che possano stare sul mercato ed essere concorrenziali altrimenti, non si potrebbe parlare di "altra economia" se fosse fallimentare.
Ricollegandomi al discorso fatto prima da Renato, Banca Etica è sorta perché molti si interrogavano: "Che cosa ci faccio con i miei soldi? Sono pacifista, non commercerei mai in armi... Ma quando affido i miei soldi ad una banca, per che cosa vengono usati?".
Queste persone pensarono di istituire una banca diversa, ma all'inizio l'idea fu avversata perché comunque il termine "banca" era considerato come una cosa cattiva, ma poi si cominciarono a raccogliere le 100.000 lire necessarie per costituire il capitale sociale. Raccolto il primo miliardo, si poteva chiedere l'autorizzazione ad aprire una Banca di Credito Cooperativo. Però questo tipo di banca è vincolato al territorio ed allora si continuò a raccogliere capitale sociale fino al raggiungimento dei 6 miliardi e mezzo necessari per poter operare su tutto il territorio nazionale.
La Banca d'Italia alla quale fu richiesta l'autorizzazione, non credeva affatto nel progetto (in genere si dice che i progetti hanno bisogno di tre "P" per essere portati avanti: Partito, Padrino e Padrone, sconosciuti ai soci fondatori di Banca Etica).
Comunque l'autorizzazione fu data e l'8 marzo 1999 fu aperto il primo sportello.
In effetti, la Banca Etica è una sorta di ossimoro: può una banca essere etica? La risposta è sì.
La banca è un'impresa che opera per mezzo del denaro. Da un lato delle persone vi depositano i loro risparmi e dall'altro altre persone o imprese chiedono denaro per poter andare avanti. La Banca mette in collegamento in modo professionale queste due categorie di persone: chi ha e chi necessita di avere.
Anche Banca Etica svolge quest'attività di impresa che una volta facevano anche tutte le altre banche.
In effetti, prima le banche dovevano scegliere se essere commerciali o speculative. Poi, a partire dagli anni '90, le due funzioni furono consentite all'interno di una stessa banca. Da qui sorse il problema etico perché una banca può anche decidere di utilizzare il capitale depositato in campi più remunerativi come investire in armi, in gioco d'azzardo, in titoli speculativi molto rischiosi, ecc.. Tanto, se si perde, sono i risparmiatori a rimetterci.
Per questo motivo, le banche in genere, davanti alla richiesta di un prestito la cui restituzione non è garantita al 100%, rifiutano di darlo. Questa è una distorsione della funzione delle banche.
E' quello che è successo alla banca Monte dei Paschi di Siena che si è messa a giocare letteralmente al casinò perdendo e mantenendo per un po' i bilanci truccati fino poi a scoppiare.
Anche quando si depositano semplicemente dei soldi su un c/c senza fare investimenti speculativi, in effetti, si mettono i propri soldi a disposizione della banca che li può investire come vuole e questa è una cosa che non si sa. Io posso anche soltanto far transitare il mio stipendio sul c/c, pagare le spese di casa e lasciarvi una modesta giacenza. Anche con questa la banca può fare mille cose anche speculative.
Banca Etica, invece, fa solo la banca commerciale e non speculazioni finanziarie.
Ma come si garantisce la banca? E se i prestiti non vengono restituiti?
La banca è un'impresa che dà un interesse a chi deposita i soldi e richiede un interesse a chi riceve un prestito. La differenza tra i tassi d'interesse dati e ricevuti è quella che permette ad una banca di gestirsi. La mancata restituzione di un prestito fa parte del rischio d'impresa che è previsto e per il quale si fanno degli accantonamenti.
Ma nonostante la Banca Etica usi un criterio diverso nel concedere prestiti (perché più che sulle buste paga, ragiona con le persone), la sofferenza netta (cioè i crediti che non vengono riscossi) è inferiore rispetto alla media del sistema creditizio. Sembra incredibile, ma è così. La percentuale è dell'1% mentre per le altre banche che chiedono molte garanzie, è del 5%.
Che vuol dire fare banca "etica"? Vuol dire operare secondo dei principi etici. Prima di tutto c'è la trasparenza. Come diceva Renato, Banca Etica non finanzia il commercio di armi, il gioco d'azzardo e tutto ciò che nuoce all'ambiente e alle persone. Sul sito internet sono resi pubblici tutti i finanziamenti che si concedono: a chi, con quale forma e se sono restituiti. E' l'unica banca al mondo che al momento fa questo. Trasparenza, inoltre, vuol dire anche praticare tassi e costi uguali per tutti. Nelle altre banche, invece, c'è disparità. Ai ricchi viene richiesto il 5% perché fa comodo averli come clienti. Ai poveri il tasso arriva anche al 18%.
Ma che cosa chiede Banca Etica come garanzia per concedere prestiti?
Banca Etica lo fa in maniera professionale tenendo presente che deve garantire il risparmio di chi deposita e il diritto al credito di chi chiede. E' logico che non concede prestiti a chi non ha assolutamente niente perché è scontato che non potrà restituirli (ma chi si trova in queste condizioni neanche li chiede). Si cerca di capire senza riferirsi a parametri rigidi, se una persona sarà capace o meno di restituire il prestito. Intanto non sono richieste assicurazioni sulla vita.
La differenza tra Banca Etica e le altre banche nel concedere prestiti sta nell'attenzione alla persona che ha Banca Etica.
Esempio: ci sono persone che lavorano come badanti per 700 euro al mese. Nessuna banca darebbe loro credito. Banca Etica lo fa perché si rende conto che quelle persone hanno un'alta capacità di risparmio essendo fortemente motivate ad avere il prestito.
Ci sono poi persone che hanno una busta paga che riporta la metà dello stipendio effettivamente percepito. Anche a queste si dà credito.
Ci sono persone che vogliono mettere in piedi un'impresa e non hanno reddito. In questo caso, si fa un piano di impresa per capire dopo quanto tempo il prestito potrà essere restituito con i soldi che saranno guadagnati attraverso la futura attività dell'impresa stessa.
Viceversa, ci possono essere persone dal reddito elevato che però hanno uno stile di vita di molto superiore al reddito stesso. Banca Etica non concede credito perché non considera che ci sia la capacità di restituzione.
Quindi, non si riferisce a dati di computer, ma alla realtà delle persone per cui molte, considerate "non bancabili" ricevono prestiti dalla Banca Etica.
All'inizio del mio lavoro, quando le persone si presentavano per la prima volta a Banca Etica ed io chiedevo loro il perché di quella scelta e come l'avessero conosciuta, molte mi dicevano che erano stati proprio i dipendenti di altre banche ad indirizzarle a Banca Etica perché questa garantiva la trasparenza degli investimenti.
Del resto, quando le altre banche falliscono, tutti ci rimettono.
Un'altra cosa che differenzia la Banca Etica dalle altre banche è quella della retribuzione dei dipendenti. Tra l'ultimo arrivato e i dirigenti, la forbice è di 1 a 6 mentre nelle altre banche è di 1 a 200. Quindi, le risorse sono distribuite in modo più equo.
Banca Etica ha avuto un risultato importantissimo quando è riuscita a far inserire una modifica nel Testo Unico Bancario all'art. 111, in cui per la prima volta, lo Stato riconosceva la finanza etica.
Aderire a Banca etica è come scegliere i prodotti del commercio equo e solidale. E' una scelta nel campo della finanza. Le persone che non hanno redditi elevati sono il 99%. Se tutte facessero una scelta etica, le altre banche, per non soccombere, dovrebbero adottare una maggiore eticità e trasparenza.
Alcune cose sono state "copiate" da Banca Etica, per esempio i "fondi etici", ma è diverso perché, in effetti, chi li acquista pensa di sentirsi a posto con la coscienza perché quei fondi destinano anche una parte degli interessi in beneficenza. Però le banche che li emettono continuano a fare quello che facevano, cioè ad inquinare, sfruttare, bombardare, ecc..
Ci sono vari modi per interagire con la Banca Etica. Uno è quello di diventarne socio comprando una quota del capitale sociale (che può essere restituita a richiesta). Il socio ha il diritto di votare in assemblea che non è chiusa ed opaca come nelle altre banche, ma è aperta e la singola persona fisica vota allo stesso modo di un presidente di associazione che ha molte quote sociali.
Sulla quota sociale non c'è alcun guadagno se non quello della consapevolezza di alimentare la giustizia sociale e non l'ingiustizia e di cambiare in meglio il mondo.
Si può poi diventare correntista nel momento in cui si apre un c/c scegliendo in quale ambito si vuole che la Banca Etica investa i risparmi depositati (per la tutela dell'ambiente, per la cultura, per la cooperazione internazionale, ecc.). Oppure si diventa cliente quando si chiede un prestito.
La Banca Etica ha anche prodotti finanziari (tranne quelli molto complessi). Anche qui la logica è diversa. Le società e gli Stati con cui interagire vengono selezionati. Si scartano quelle società che prediligono l'uso del petrolio, che non rispettano l'ambiente o che sfruttano i dipendenti e si scartano i Paesi dove, per esempio, vige la pena di morte.
Ogni tre mesi, poi, si fa un monitoraggio per vedere se le condizioni iniziali permangono.
ANTONIO MAIONE: Renato e Daniela sono stati invitati perché noi qui stavamo facendo un discorso sul discernimento che passa attraverso la verità e la libertà, due realtà che conducono alla felicità che è lo scopo della nostra esistenza.
Ogni volta, rispetto alle gravi problematiche di oggi, ci chiediamo: "Che si può fare?" con uno sguardo altamente pessimistico. Renato e Daniela ci presentano un modello in cui tante persone concordano su determinate finalità per intervenire nella storia dell'umanità al fine di ottenere un miglioramento della vita.
Quello che forse vi è sfuggito, è che Daniela all'inizio ha detto: "Io sono felice di fare questo lavoro".
La finalità dell'incontro, allora, è quella di favorire il discernimento e cogliere l'espressione della persona coerente perché quando l'azione è manifestazione della persona, è liberatoria. Quando, invece, l'azione è in contrapposizione con l'identificazione della persona, non è più un lavoro, ma un'oppressione.
Allora bisogna scegliere se usare la via del lavoro come espressione o come schiavitù.
Ringraziamo Renato e Daniela per quello che ci hanno detto ai fini della conoscenza della realtà della Banca Etica. Poi la scelta libera di adesione o meno, spetta a ciascuno di noi.
Per chi vuole attivare la propria responsabilità in un mondo che con la globalizzazione va verso Amazon, verso la manipolazione totale che toglie alle persone ogni spazio di libertà, questa può essere una via da appoggiare. Non sto facendo il discorso finanziario perché a noi interessa quello etico ("etica" viene dal sanscrito e vuol dire "fare in sé", cioè realizzarsi).
Ogni realtà che fa coincidere la finalità intrinseca e quella estrinseca è etica. Se invece, la finalità intrinseca (del soggetto) è in opposizione a quella estrinseca (legata alla realtà), non possiamo parlare di dimensione etica.
Per esempio, se la mano che è fatta per prendere, viene utilizzata per... accecare qualcuno, non è etico. Se tolgo alla mano il pollice che è il dito che si trova in opposizione alle altre quattro dita per la presa, io tolgo alla mano la possibilità di essere... mano. Non è etico...
Nel Vangelo, quando si narra di Maria che stava ai piedi di Gesù ad ascoltarlo e di Marta che stava in cucina e si lamentava, Gesù disse: "Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta» (Lc. 10,38-42).
Perché "non le sarà tolta"? Perché Maria stava facendo esattamente quello che voleva fare mentre Marta, che desiderava parlare con Gesù, stava, invece, in cucina malvolentieri. Se ci fosse stato dialogo tra le due, Marta avrebbe potuto ascoltare Gesù, e Maria avrebbe potuto poi aiutarla in cucina. Il problema era quello di trovare un punto di incontro.
Quanti di noi fanno quello che vorrebbero fare? La società, così come si è ridotta, è alienata e alienante.
Gesù disse: "Il Regno di Dio è dentro di voi" (Lc. 17,21). Se non esce fuori, resta criptato e fin quando la realtà divina che è nell'uomo rimane inespressa, è un sacramento insignificante. Il sacramento, per essere tale, deve essere significante.
Abbiamo detto tante volte che la società va a rotoli. Questa è un'opportunità per vedere che esistono tante realtà sensibilizzate al discorso etico e se si parla, se si comunica, è possibile avere un allargamento di questo discorso fermo restando il pericolo della competizione per cui se un prodotto va, viene copiato e rifilato tra gli altri prodotti. Ma questo non dà trasparenza.
Non posso comprare il ramoscello di ulivo, simbolo della pace, da chi finanzia le bombe atomiche...
Papa Francesco fa... il povero Francesco vivendo del suo stipendio, ma non è riuscito a modificare lo IOR (Istituto Opere Religiose) perché la commissione che aveva nominato per indagare, si è dimessa. Già Giovanni Paolo I diceva che lo IOR non aveva senso.
Questo per noi è un momento organizzativo per vedere se le cose che abbiamo maturate possono trovare uno sbocco operativo.