"Se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è Cristo, ebbene, io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità".
E' una frase del teologo Sergio Quinzio che ci introduce al discorso che vogliamo fare circa un diffuso senso di colpa che regola i comportamenti sia personali che sociali.
Mi sono ricordato anche di Baudelaire che dice che la caratteristica essenziale del moderno non è tanto la tecnica, ma l'eliminazione del senso del peccato. Infatti, nel linguaggio contemporaneo, è difficile parlare di peccato, di salvezza, di redenzione, ecc.. Tutti questi termini linguistici hanno esaurito il loro tempo per cui oggi si parla della secolarizzazione... della secolarizzazione.
Per secolarizzazione si intende l'avvolgimento dell'uomo nella dimensione storica e il suo impossessamento delle tecniche necessarie per uscire dalla prigionia che il tempo produce nelle persone. La secolarizzazione, dunque, è la recisione del cordone di dipendenza dalla realtà divina per cui non è più Dio che salva, che libera il popolo ebraico dalla schiavitù d'Egitto, non è più Gesù Cristo venuto nella storia che redime, ma è l'uomo che ha nelle mani le sorti dell'umanità.
La secolarizzazione della secolarizzazione dice che l'uomo, nonostante abbia in mano la sua sorte, resta tuttavia impigliato in un modello che non risolve il male. Quindi, il male serpeggia nella storia dell'uomo che si trova ad essere soccombente perché non ha la possibilità di liberarsene.
Allora, se è vero che Dio non risolve i problemi dell'uomo, è anche vero che neanche l'uomo ci riesce. Da questo subentra un senso di disperazione. Entrare in questa tematica significa riflettere assieme su cosa significa oggi la redenzione.
Nel Vangelo non troviamo questa dimensione sacrificale di Gesù eccetto nel momento dell'ultima cena, ma lungo il percorso della Sua testimonianza, Gesù ha sempre presentato l'uomo come risolutore dei suoi problemi di sofferenza attraverso la fede.
Invece, nella mentalità giudaica, era diffuso il concetto della vittima sacrificale che doveva placare l'ira di Dio nel sangue, e quindi, c'era tutta la teoria del capro espiatorio. Ma Gesù non ha fatto suo questo discorso di espiazione. E' intervenuto, invece, nella vita delle persone dando loro l'opportunità di uscire dallo stato di sofferenza. Frequentemente, nel guarire un malato, ha detto: "Va' la tua fede ti ha salvato" e quando i discepoli, riferendosi al cieco nato, chiedono: "Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché nascesse cieco?", Gesù risponde: "Nè lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestasse in lui la gloria di Dio" (Gv. 1,2-3).
Però altrove, nella Bibbia "la gloria di Dio è l'uomo vivente" e l'uomo vivente è quello che ha l'armonia dentro di sé, è quello che vive e non mortifica la sua realtà. Davanti a quest'uomo si prospetta un orizzonte multidirezionale, perché può aprirsi a tutti i settori esplicitativi, a tutti i settori espressivi.
Quindi, l'uomo si realizza quando può manifestarsi nella completezza del suo essere secondo il proprio modello genetico. Questo comporta che l'uomo viva protagonisticamente.
L'incontro con Gesù che è una Persona, richiede la personalizzazione da parte nostra. Il lavoro di costruzione della propria personalità non può essere demandato agli altri. Ciascuno ha una propria attrezzatura ed un proprio materiale personale da utilizzare. Questa è la redenzione.
Gesù non ha parlato di passività della persona, ma affinché si attivi e diventi capace di scrutare nella profondità del proprio essere dove trova il programma genetico che lo porta alla sua esplicitazione.
Sia la teoria della secolarizzazione che la Teologia della Liberazione affermano che nella storia esiste una teologia politica. Attraverso la tecnica e la politica, l'uomo secolarizzato può entrare nella storia per eliminare le cause della sofferenza.
Questa dimensione dell'uomo contemporaneo, sottrae l'uomo stesso ad un modello culturale di tipo religioso. Qualcuno ricorderà che prima si facevano le rogazioni, cioè le benedizioni delle campagne per scongiurare lo sviluppo di insetti pericolosi per il raccolto o per impetrare la pioggia o il bel tempo. La religiosità, cioè, entrava a far parte del modello sociale. Pensate che le distanze non si misuravano a chilometri, ma a... rosari! Dire che un luogo distava, per esempio, tre poste di rosario, significava che per raggiungerlo si impiegava il tempo necessario per recitare trenta Ave Maria. Inoltre, per indicare le ore, si usava dire "al vespro" o "all'Ave Maria"...
Oggi queste terminologie sono andate fuori uso, così come non significa più niente la Quaresima.
Scomparso questo modello, l'uomo ha difficoltà a recuperare il senso della propria esistenza. Inoltre, se da una parte avverte un forte bisogno di protezione e appartenenza, dall'altra tende ad essere totalmente libero per cui smantella ogni legame e ogni contrattualità. Alla fine si ritrova senza alcun legame, ma anche senza alcuna libertà.
Tutto questo, fa insorgere il bisogno di un redentore che non sia più quello sacro, ma un modello che comporti permanentemente per l'uomo, la ricerca della soluzione.
Quindi, il senso della vita non è più il raggiungimento di un fine, ma il movimento perenne per cercarlo. Se l'essenza dell'esistenza è il cercare permanente, l'uomo di oggi è una realtà spinta a modificare rapidissimamente tutti i punti di riferimento. Quanto meno trova, più cerca.
La redenzione, oggi, è il trovare la via per questa ricerca perenne.
Gesù Cristo ha anticipato questo molti secoli fa perché ci ha fatto capire che se ci fermiamo ad un punto fisso pensando di aver trovato quello che cercavamo, lì incontriamo la morte perché la monotonia degli stimoli va contro l'elemento della ricerca permanente.
Quindi, se vogliamo essere Suoi discepoli, dobbiamo essere capaci di non contentarci mai, ma di aprire una... matrioska dopo l'altra permanentemente.
La permanenza nella ricerca è la caratteristica essenziale dell'uomo di oggi il quale non ha trovato e trova meno di prima.
Una volta tutto era preordinato. A 7 anni le bambine già cominciavano a ricamarsi la biancheria. Noi siamo stati abituati a fare le gare a premio di catechismo imparando le cose a memoria. Che cosa poteva capire un bambino di 7 - 8 anni, per esempio, della definizione di Dio? (Dio è l'Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra).
La secolarizzazione insorge come eliminazione di queste realtà. L'uomo ha sentito di avere nelle proprie mani la sorte e il destino dell'umanità attraverso l'uso della tecnica e della politica. Poi si è reso conto che nessuna di queste due cose ha risposto alle sue esigenze che sono quelle dell'appartenenza e della libertà.
Di fronte a questo problema non risolto, allora, ha tirato fuori la secolarizzazione della secolarizzazione che è la ricerca permanente per cui la monotonizzazione si contrappone alla realizzazione dell'umanità. Quindi, quanto più l'uomo va alla ricerca delle novità e degli stimoli nella pluridirezionalità della sua realtà, tanto più è vicino alla vita.
Gesù Cristo ha detto: "Io sono la via". Non ha detto: "Io sono la casa". Ha detto: "Io sono la verità" e Lui è mobile, quindi, la verità è permanentemente mobile.
Sergio Quinzio (riportato all'inizio) dice che lui rimarrebbe legato a Cristo anche se fosse dimostrato che Cristo non è la verità. Perché? Perché la verità che negasse Cristo sarebbe un'astrazione. Invece, Cristo vivo, Cristo persona è la verità che mi interessa in quanto se io stabilisco una relazione con la vitalità di Cristo, io recupero la Sua verità che non è nella monotonizzazione.
Questo discorso deve servirci per metterci in una condizione di ricerca, ma non di smarrimento.
Ma che differenza c'è tra secolarismo e secolarizzazione? Il secolarismo è la spinta all'immobilismo della secolarizzazione, cioè una sorta di sclerotizzazione del pensiero. E' l'acquisizione al termine di un processo, è l'immobilismo. La secolarizzazione, invece, è un processo.
Questo discorso potrebbe sembrare non attinente a noi, ma è di grande attualità perché lo sconquasso che si sta verificando è causato dalle persone che ancora continuano a ribadire con forza e imposizione che bisogna tornare al modello della staticità perché "non si capisce più niente".
Già per questo fu condannato il modernismo. Adesso c'è la condanna delle linee contemporanee. Per questo motivo, Papa Francesco non affronta proprio l'argomento teorico, ma entra nella dinamica storica perché in questa è possibile recuperare la verità del vivo. Nell'elucubrazione concettuale, noi commetteremmo l'errore precedente e, quindi, resteremmo nella prigionia della definizione, un po' più allargata, forse, ma sempre definizione sarebbe.
E' di nostra competenza vedere i fatti che capitano sotto i nostri occhi e che ci presentano un Papa che vive la vita. D'altra parte, Gesù non si è mai seduto per fare un corso di teologia avanzata, ma ha invece, manifestato il suo essere nelle circostanze in cui si è trovato.
Per esempio, quando gli hanno portato la donna adultera chiedendogli se ucciderla o meno visto che nella legge di Mosè era prescritta la lapidazione, Gesù scrisse qualcosa per terra che poi cancellò.
Questo gesto è l'introduzione di una teologia completamente diversa da quella della teoria che può servire fino ad un certo punto. Alla fine, quello che conta è che tu rispetti la vita. Noi viviamo non per la medicina, ma viviamo se viviamo.
Quando l'uomo trova la via è allora che deve camminare. La cosa fondamentale è prenderne consapevolezza.
Ma in questo cammino, come si colloca il discorso di fede? Si colloca nel momento in cui tu ti cominci ad interrogare e a darti alcune risposte sulla tua realtà. La risposta iniziale non è e non può essere soddisfacente per cui ti attiva il meccanismo di una nuova ricerca che a sua volta ti porta ad altre acquisizioni che ti danno l'opportunità di indagare ancora ulteriormente per cui il fine non è... la fine del percorso, ma è il processo stesso.
Gesù Cristo fu accusato di essere bestemmiatore perché liberava le persone dalla rigidità della legge. Questa, secondo lo schema divino, non è vincolante, ma è una proposta. Non è: "Tu devi fare questo", ma "Facendo questo tu ti trovi lungo il percorso dell'incontro con te".
Quindi, imparare a memoria i 10 comandamenti o appenderli sulla parete del cuore non ha nulla a che vedere con Dio perché non entrano a far parte della vita.
Se, invece, scrivete i vostri comandamenti nel cuore, voi avete incontrato Dio. Se i comandamenti sgorgano dal cuore, se l'orientamento di vita parte dal di dentro, vuol dire che ci appartengono. Allora l'uomo è "gloria di Dio". Se non è così, l'uomo si trova solo ad avere addosso un altro vincolo, di essere in una prigionia che non è affatto gioiosa perché la gioia è sempre legata strettamente alla libertà.
Baudelaire dice che l'era moderna è caratterizzata dall'eliminazione del senso del peccato originale che addossa alla persona una sorta di... debito pubblico già prima di nascere. Noi abbiamo un senso del peccato che corrisponde al senso di colpa.
Ma "non uccidere" non è un comandamento da osservare, per esempio? Bisogna prima chiedersi: "Mi sono mai accorto che c'è una persona accanto a me?". Il non uccidere va inteso anche come il cercare di vitalizzare l'altro che sta accanto a te. Per fare questo, gli devi dare le caratteristiche della sua esistenza. Quanto più tu lo metti in essere, tanto più tu ti arricchisci della presenza di un valore che è la "gloria di Dio". Quindi, tu puoi stabilire con l'altro un modello che ti realizza nell'ottimizzazione delle tue caratteristiche.
Noi diamo ai comandamenti una connotazione negativa: non uccidere, non rubare, ecc.. Questo denota un aspetto di immaturità. Quando la legge è espressa con la negatività, è segno che l'altro non è all'altezza di esprimere la propria positività, allora si interviene con un divieto perché l'altro è immaturo.
Una volta, nei luoghi pubblici c'era la scritta: "Vietato sputare per terra". A chi si riferiva? Ovviamente a chi aveva questa abitudine.
Quindi, i comandamenti espressi col negativo denotano una scarsa crescita della persona, ma Dio vuole dire: "Io ti ho chiamato per farti partecipe della mia azione. Io ti divinizzo. E se io ti divinizzo, tu ancor più sei chiamato ad umanizzare l'altro".
Ma noi siamo sempre più predisposti ad ominizzare l'umanità. L'ominizzazione è l'appartenenza al genere umano, ma senza l'acquisizione dei valori inerenti all'uomo. L'umanizzazione comporta una crescita delle virtù umane: la libertà, la sapienza, la prudenza, il discernimento, il rispetto, l'amore. Dall'umanizzazione possiamo salire il gradino della divinizzazione se abbiamo colto il messaggio di Gesù: "Qualunque cosa avete fatto ai più piccoli, lo avete fatto a me". (Mt. 25-40). Allora anche il dare un solo bicchiere d'acqua diventa per noi un atto divino e come tale parte da me e raggiunge l'altro. Nella relazione con l'altro, oggi si può dare all'uomo contemporaneo non la redenzione, il sacrificio, ecc., ma la salvezza che scaturisce dal fatto che Gesù ha dato all'uomo questa opportunità.
"Qualunque cosa avete fatto ai più piccoli, lo avete fatto a me"...
Dunque, noi abbiamo in mano la chiave di volta per entrare nella fluidità del processo storico con la certezza permanente della relazione col Vivente.
E così si può capire l'espressione di Sergio Quinzio: "Io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità".
Per essere in relazione con Cristo, io non posso non essere in relazione profonda con me e l'incontro con me è un procedere.
Ma come può una persona di scarsa cultura capire che non solo non deve uccidere, ma deve umanizzare l'altro? Noi siamo abbrutiti da un sistema educativo che è... diseducativo. La persona, in quanto tale, è fatta per allargarsi progressivamente come i cerchi concentrici. Questa è la persona se non subisce angherie che vanno ad inibirla mediante le proibizioni che vengono dall'esterno e la comprimono per cui la persona così compressa, si trova ad avere un'acquisizione di conoscenze che non sono generative, ma impositive.
Noi siamo abituati ad essere promossi o ad avere 10 a scuola se ripetiamo meccanicamente le cose che stanno scritte sul libro o che ha detto il professore. Quanto più facciamo questo, tanto più valiamo nella scuola. Invece, è il contrario.
Se abbiamo capito questo, ci dobbiamo chiedere se la persona di scarsa cultura è veramente tale o noi abbiamo fatto in modo che non debba capire. E questa non è una promozione. Le persone che non capiscono sono più gestibili!
Certe volte in classe quando un bambino non capisce il discorso del professore, capita che vada a farselo spiegare da un compagno che glielo ripete in modo... peggiore, ma il bambino capisce perché l'apprendimento avviene dal cuore alla testa e non viceversa. Ma il veicolo informativo e formativo non sempre rispetta questo canale che va dal cuore alla mente, ma segue solo quello formale testa - cuore. Perché i bambini che stanno in istituto hanno due o tre anni di ritardo nella crescita mentale? Perché non hanno affetto, il che significa che l'apprendimento nella dimensione dinamica, vitale, richiede un contesto affettuoso.
Ora faccio un salto: provate ad immaginare che cosa sia avvenuto nella mente delle persone quando in piazza è stato bruciato vivo Giordano Bruno in nome della verità. Certamente hanno sentito un rifiuto totale. E quale messaggio di Gesù hanno potuto cogliere le popolazioni indigene dell'America sterminate dagli spagnoli (cristiani) accompagnati dai missionari?
Molti non parlano più di Gesù perché è stato connotato da un modello di vessazioni, di violenza, di imposizione, di scomunica, di eliminazione dal contesto sociale. E questo non è avvenuto solo nei secoli passati. Fino a poco tempo fa, molti teologi sono stati estromessi dalla linea ufficiale della Chiesa mentre cercavano di portare avanti il messaggio più genuino di Gesù. Questo messaggio è comprensibile se viene testimoniato.
Un bambino da che cosa capisce che può fidarsi della madre? Dal suo affetto. Questo è il punto. Se ha la testimonianza dell'amore, il bambino si fida, però se il contesto non è del tipo cuore - mente, non viene capito.
Ma questo processo di ricerca continua a cui l'uomo è chiamato può essere una risposta all'invito di Gesù: "Siate perfetti come è perfetto il padre vostro celeste"? (Mt. 5,48).
Questa frase teologicamente vuole significare che la perfezione in quanto tale non può essere... perfetta perché la perfezione è statica. Quindi, vuol dire che il Padre celeste, nella Sua dimensione è in una relazione permanente che non è perfetta, ma dinamica, vitale.
Il processo può essere considerato perfezionista, catastrofista o possibilista. La vita è un possibilismo, non un perfezionismo né un catastrofismo. Noi viviamo nella dimensione dell'hic et nunc (qui ed ora), così come ci troviamo ad essere, perciò la risposta è più difficile. Per un meccanismo di difesa, preferiamo avere la definizione che sembra risolvere il problema. Invece, la risposta vitale è quella che non risolve il problema, ma invita ad essere. Noi non sappiamo come saremo domani. Se ci programmiamo il domani perché sia come oggi, siamo già... morti oggi! Domani è un altro giorno!
Se due persone vogliono entrare in una relazione vera, A si relaziona con B e così facendo, B diventa B+A e si ripropone ad A come B+A; quindi, A diventa A+B+A e così si cresce.
Nella coppia capita che una persona cresce e l'altra resta sempre allo stesso posto. Quando si verifica questo, la relazione che era in qualche modo omogenea e, quindi, comprensibile e comunicativa, non regge perché non ci si incontra più.
Nella società esiste un diritto che è fondato prevalentemente sul contratto e il contratto... contrae. La contrazione è antitetica alla dinamica e, quindi, alla relazione. La relazione che noi pensiamo sia quella più vicina alla nostra esperienza realizzativa e gioiosa, è quella amicale (quando c'è). Perciò si dice che chi trova un amico trova un tesoro.
In che condizione sono io per essere amico? Perché per essere tale bisogna avventurarsi; non si può essere amico con un contratto. E' più difficile perché la struttura societaria è caratterizzata dalla contrattazione dalla A alla Z. Da quando si nasce, bisogna essere registrati...
Il popolo più gioioso è quello dei pigmei perché non hanno contratti, ma solo le regole del vivere, regole comportamentali che sono molto libere. In tutto hanno 150 parole. Lavorano quando vogliono divertendosi e quando ne sono stufi, smettono perché non hanno contratti da rispettare e paghe da riscuotere. Ma noi non abbiamo alcuna possibilità di essere come loro. Se fossimo cresciuti, però, non avremmo bisogno di contratti e divieti. Se voi cominciaste a lanciarvi le sedie, dovremmo ricorrere alla forza dell'ordine (che in effetti è l'ordine della forza) La forza dell'ordine è quella che scaturisce dal fatto che una realtà è finalizzata a. Gli occhi sono in ordine al vedere, le mani a toccare, i piedi a camminare, ecc.. Ciò vuol dire che c'è intrinsecamente una finalità naturale e, in quanto tale, dinamica.
Questi sono momenti in cui noi possiamo riflettere per vedere come possiamo uscire da certe prigionie in cui ci troviamo e delle quali non ci accorgiamo più.
Che dire del bisogno di appartenenza? Dipende da noi appartenere ad un gruppo, non è l'altro che ci fa appartenere. L'appartenenza è un atto libero. Sono io che mi metto in una relazione oblativa della mia realizzazione e mi offro a te. Altro fatto è che tu ti impossessi di me, mi depersonalizzi, mi oggettivi, mi fai diventare una cosa nelle tue mani svalutandomi e mettendomi in uno stato di frustrazione che mi rende aggressivo.
E' facile conservare la fede quando tutto va bene. Ma come si fa quando la vita diventa faticosa?
Se tu lungo il cammino hai imparato a stare gomito a gomito con Gesù, quando ti trovi nelle difficoltà, puoi anche riderci su. Non puoi trascinare Gesù dove tu vuoi, ma devi considerarlo un compagno di viaggio che ti accompagna ovunque tu vada. Ma siccome noi siamo abituati ai contratti, infiliamo Dio dove vogliamo che sia e pensiamo che se Lui fa come vogliamo noi è un... buon Dio, altrimenti lo disconosciamo.
Nella Bibbia abbiamo diversi personaggi simbolici come Giona e Giobbe che hanno vissuto queste esperienze.