23° INCONTRO DEL 20-03-2017

 
Le esperienze comuni non sono la somma delle esperienze di tutti, ma un riconoscimento di sé nelle esperienze degli altri. Nel momento in cui si volesse fare una massificazione esperienziale, si verificherebbe una depersonalizzazione della propria esperienza.
Invece, quando l'esperienza di ciascuno si riconosce nell'esperienza comune standardizzata, allora il singolo, nella sua libertà, può entrare in relazione con essa.
L'uomo non può ipotizzare di vivere senza la relazione con la standardizzazione, cioè con i comportamenti omologati, quelli che sono comuni.
Esempio: che collocazione ha la convivenza che si è discretamente diffusa, rispetto alla vita matrimoniale?
Che differenza comporta l'insegnamento della religione nelle scuole oggi, rispetto a quello di 50 anni fa?
La standardizzazione va verso un elemento o verso l'altro?
Questo non lo sappiamo ed allora stasera dobbiamo soffermarci sul fatto che il riconoscimento di sé nelle esperienze degli altri richiede la capacità di avere "compassione" con gli altri.
La "compassione" va intesa nel suo significato originario "patisco con" che significa "sentire insieme" nel senso che registro le stesse cose assieme agli altri e, quindi, riconosco me negli altri.
Questo richiede un consenso accettato, rispettato e garantito dalle istituzioni in base al quale le persone possono appropriarsi del loro futuro biotecnologico nella sua molteplicità e integrarlo nella loro vita in modo completamente diverso da persona a persona.
Il momento storico che viviamo pone una quantità di domande, ma le risposte non possono essere omologate né scontate, ma ricercate. Ciascuno di noi è chiamato a dare il proprio apporto per trovare una risposta che sia corrispondente allo standard che deve essere costituito.
In parole semplici: quando una persona è consapevole di essere nel giusto, di fronte ad un comportamento massificato che però è errato, si può opporre?
Che futuro può avere la sua posizione?
Possiamo dire che l'incidenza societaria col suo comportamento standardizzato catturi la persona togliendole l'opportunità di essere libera oppure è la libertà della persona che deve essere incidente sulla società utilizzando delle metodologie particolari per poter creare uno spazio in cui potersi manifestare nella sua originalità e facilitare gli altri perché anch'essi lo possano fare?
Oggi siamo controllati da sofisticati sistemi satellitari. Si parla già di mettere un braccialetto ai bancari per controllarne i movimenti ed intervenire istantaneamente per sventare eventuali rapine...
Il conflitto insorge tra la persona che vuole essere libera, soprattutto quando è consapevole di non stare nell'errore, e la massificazione tecnologicamente pressante che porta sempre più all'omologazione permanente che è talmente penetrante da comportare inevitabilmente un orientamento allo scoraggiamento rispetto alla possibilità di incidere su una realtà macroscopicamente condizionata. La persona che vuole in tutta libertà manifestare la propria identità, finisce per trovarsi di fronte ad un nemico talmente robusto da non poter minimamente pensare di farcela.
Che futuro allora ha l'uomo in questa prevaricazione tecnologicamente intesa, per poter esprimere la propria ricchezza?
Questo è il punto su cui discutere questa sera: la relazione tra la persona e lo standard societario non legato alla somma delle esperienze delle singole persone che compongono quella comunità, ma il riconoscimento delle singole persone nei comportamenti standardizzati che sono accolti nella comunità con la garanzia istituzionale.
Ma l'istituzione oggi, riesce a garantire i comportamenti standardizzati nei quali ogni persona si può riconoscere e quindi, esprimersi nella sua libertà?
Come facciamo a discutere di questa possibilità?
All'interno della famiglia, è possibile che i singoli componenti possano esprimersi nella loro originalità?
E all'interno delle microsocietà scolastica, impiegatizia, lavorativa in genere?
Noi qui riuniti ci possiamo esprimere per quel che siamo in libertà cercando di vedere se il proprio contenuto può essere riconosciuto all'interno, innanzitutto, di questa microsocietà e poi nella macrosocietà all'esterno?
Si impegna ciascuno a dare il proprio apporto perché gli altri possano esprimersi liberamente?
Se tutto questo non avviene, allora la massificazione pressoria sulla società ricade su di noi senza alcuna possibilità di ipotizzare un'apertura della nostra libertà nella società.
Il Vangelo è salvezza non solamente della collettività, ma anche delle singole realtà personali.
Abbiamo la capacità di evidenziare la nostra realizzazione personale o ci facciamo sopraffare dal condizionamento microsocietario e macrosocietario?
Che futuro ha il Vangelo?
La standardizzazione non necessariamente è istituzionale, ma avviene nella realtà della conoscenza comune. Per esempio, che un padre di famiglia dia uno schiaffo al figlio fa parte della situazione reale, ma non ha un appoggio istituzionale.
In futuro non sarà più possibile che la persona che esige la sua libertà nella realizzazione, possa vivere senza subire l'incidenza della standardizzazion4e societaria.
Questo è un discorso di grande attualità perché noi pensiamo di fare gli incontri sul Vangelo considerandolo come un libro di 2000 anni fa. Invece, se vogliamo attualizzare il Vangelo, è in questa condizione che dobbiamo vedere come fare per testimoniare la nostra libertà in un mondo in cui la standardizzazione è quasi sempre limitativa della libertà al punto tale che la persona non può più esprimersi nella sua originalità.
Si può trovare una via d'uscita se l'informazione progressivamente ha una forma di adesione, se alla deformazione che l'incidenza tecnologica produce sulla massa, si oppone una contromossa delle singole realtà personali che si associano ed hanno un riferimento comunitario dove possono esprimersi nella libertà.
Si può non riconoscersi nell'esperienza comune, per esempio, non ci si riconosce nella società camorristica.
Abbiamo detto all'inizio che le esperienze comuni non sono la somma delle esperienze di tutti, ma un riconoscimento di sé nelle esperienze degli altri. Allora ciascuno di noi deve interrogarsi: "Io mi sento in sintonia con il valore che circola?".
Dal punto di vista doxologico (la doxologia è la scienza dell'opinione pubblica), si fa un lavoro sottile, ad alto livello per portare le persone ad aderire ad un valore che non è il loro.
Questo è molto grave perché le persone si illudono di essere libere nonostante accolgano un valore che non appartiene loro.
L'acutizzazione delle scienze ha trovato il sistema per ridurci come... gli orsi ballerini. Questi vengono messi su una piastra metallica rovente in modo tale che per non scottarsi sollevano ora una zampa, ora l'altra mentre viene suonato un motivetto. Questo è un addestramento. Gli orsi associano così il movimento delle zampe al motivetto e continuano a farlo ogni volta che sentono suonare dando l'impressione di ballare.
Anche l'uomo è un animale, però ragionevole. Se eliminiamo la ragionevolezza, resta solo l'animale. Quanta ragionevolezza possiamo recuperare nella nostra crescita per diventare adulti?
Il Vangelo ci chiama ad essere responsabili della nostra identità. Ciascuno di noi in qualsiasi situazione si venga a trovare, deve saper elaborare una metodologia per decidere se... andare in croce tutto d'un colpo oppure un po' alla volta.
Sempre in croce si finisce se si vuole esprimere la propria libertà, ma questa non è una croce che produce un male perché è una croce particolare che dà una grande gioia, che ti fa riuscire a guardare negli occhi chi ti crocifigge e a commiserarlo perché non ha capito niente.
Abbiamo l'esempio del carabiniere che dà manganellate in testa pensando di salvare la patria uccidendo quelli che costituiscono la patria. Ma è convinto che deve fare così.
Ma non solo il carabiniere fa questo. Del resto un po' carabinieri lo siamo tutti perché ci siamo dovuti abituare a piegarci per non andare incontro ad un urto che non saremmo in grado di sostenere.
Ecco perché occorre avere una robustezza non comune e la capacità di elaborare un sistema particolare come faceva Gesù.
Quando alcuni Greci chiesero a Filippo di presentare loro Gesù Maestro, Filippo, insieme ad Andrea, li portarono da Lui, ma Gesù non si presentò come avrebbe voluto la prassi, ma disse: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo. Se muore, dà molto frutto".
I Greci dovettero chiedersi: "Ma che significa?". Gesù voleva dire: "Voi siete venuti a conoscere il Maestro inquadrandomi nelle vostre categorie, ma io non ho nulla a che fare con queste. Dovete liberarvi dalla vostra precomprensione, dal vostro preconcetto, dal vostro modo di pensare se volete incontrarvi con me perché io non sono quello che voi volete che sia. Io sono tutt'altro".
Tutto questo è significato nel chicco di grano che se non rompe la cariosside, non lascia venir fuori la sua vitalità.
Anche la persona, se non si libera prima dalla cariosside che l'avvolge e la tiene sclerotizzata nello standard societario che le viene imposto e non si dimena piano piano per romperla, non può entrare in contatto con la società e riconoscersi perché ancora non sa chi è.
Aderire allo standard è molto rassicurante, ma è anche mortificante.
La mortalità aumenta in coincidenza del pensionamento perché la persona, abituata ad essere... morta, quando ha la possibilità di essere viva, si impressiona, si sente spaesata, non sa inventarsi la vita, non sa interessarsi di sé perché lo hanno sempre fatto gli altri che l'hanno "impiegata" e comandata.
Il pensionamento diventa pericoloso dal punto di vista psicologico. La gerontologia consiglia perciò, ad una certa età, di cambiare il lavoro ogni 5 anni.
Noi siamo talmente imbrigliati da non riuscire a capire che il lavoro è espressione della persona. Invece, ci siamo alienati al punto tale da pensare che il lavoro debba essere dato dagli altri.
Il lavoro come espressione personale non esiste più. Lo standard societario non lo consente. Se una persona oggi vuole lasciare un lavoro e inventarsene un altro, la società, organizzata in modo stretto, non glielo consente.
Una volta andai ad una trasmissione di Michele Santoro ("Rosso e nero") portandomi dietro un pennello. Volevo mettere in evidenza che è obbligatorio passare sulle strisce pedonali che a Napoli non si vedono, ma se uno vuole provvedere in proprio a spennellarle, non può farlo per cui siamo costretti a non poter osservare la legge in un modo o in un altro. La vita legalmente corretta per i napoletani è molto difficile per varie cause: la camorra, la burocrazia, la viabilità, ecc..
Inoltre, tutti sappiamo che la tassa sulla tangenziale che inizialmente era di 100 lire, si sarebbe dovuta pagare fino al 2000. Invece, si paga ancora oggi ed è arrivata ad 1 euro, ma noi tranquillamente la subiamo...
Allora, sto cercando di mettere in evidenza come, senza che noi ce ne accorgiamo più, piano piano ci stanno avvitando in modo tale che quando ci metteranno il braccialetto al polso o il microchip, lo considereremo normale, come avere il codice fiscale. La libertà della persona, come ai tempi di S. Francesco, non è più praticamente possibile perché la società non la consente.
Noi siamo abituati ad alienarci anche quando facciamo gli incontri sul Vangelo perché lasciamo tutto tale e quale invece di renderlo incisivo sul comportamento reale.
Gesù Cristo si è trovato davanti i parenti che erano venuti a prenderlo perché dicevano che era "fuori di sé", in pratica che era pazzo. E quando qualcuno dalla folla disse: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno che ti ha allattato", Gesù rispose: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano". Ma non è che molti lo abbiano ascoltato, perciò Lui ripeteva in continuazione: "Chi ha orecchi per intendere, intenda" in quanto il Vangelo non è un'astrattezza, è un'incarnazione.
Quanti cristiani fanno la Comunione tutti i giorni e se poi un figlio si mette con una persona di colore, di un'altra razza, lo considerano strano e vi si oppongono?
Provate, invece, a vedere come Gesù parla presso il pozzo di Giacobbe con una donna samaritana ritenuta eretica, falsa e impura dai Giudei. Purtroppo, a distanza di 2000 anni, questa mentalità di Gesù ancora non entra soprattutto in quelli che dicono di averlo accolto, ma che in genere sono quelli più accodati. Sto facendo un discorso di standard, poi ci sono, ovviamente, dei singoli che si comportano diversamente.
Lo stesso Papa Giovanni Paolo II mandò un telegramma di auguri per le nozze d'oro di Pinochet, dittatore sanguinario del Cile, responsabile della morte di migliaia di desaparecidos e lo benedisse insieme alla sua famiglia.
Inoltre benedisse anche Marcial Maciel, prete messicano, fondatore dei Legionari di Cristo, sospettato e poi sospeso per molestie sessuali e pedofilia.
Giovanni Paolo II, nonostante ciò, è stato fatto santo senza perplessità. Ma la santità è un fatto interiore. Una persona non può essere dichiarata santa da un altro.
Dire questo è pericoloso, ma io così penso e così dico perché nell'intimo della coscienza di una persona nessuno può entrare. Il fenomeno storico di una persona sfugge a chiunque altro.
Come fase operativa, possiamo fare un cineforum in cui sia possibile avere un'informazione di un certo tipo e dare tempo per l'assimilazione e l'appropriazione perché questo richiede, come abbiamo già detto, un consenso accettato, rispettato e garantito dalle istituzioni che non sono solo quelle fuori di noi, ma devono sorgere dalla novità dell'istituzione nella quale il soggetto si riconosce, condizione indispensabile per l'appartenenza ad essa.
E' possibile allora, alla luce del Vangelo, nonostante tutta la standardizzazione e la massificazione in atto, creare una società alternativa? Si potrebbe. Il Vangelo è una proposta perché sia. Noi siamo chiamati a collaborare perché l'uomo del futuro possa essere più vicino al Vangelo.
Quando ci arriveremo, forse sarà troppo tardi, però al ritardo collettivo si può contrapporre l'ottimismo personale. Dove la novità non arriva, potremmo arrivarci noi stasera...
Come è evidente, la partecipazione a questi incontri è rappresentata in numero ridotto dai giovani, dal che si evince che questi hanno già subito un enorme distanziamento da qualsiasi tematica libertaria per cui se non hanno un'immissione istituzionale, hanno difficoltà ad entrare in contatto con gruppi e comunità più liberi.
Nelle scuole è probabile che i giovani partecipino di più, anche se in percentuale ridotta.
L'ora di religione è sempre meno frequentata, ma non c'è una valida alternativa perché sia chiara l'adesione all'approfondimento. I giovani non hanno un approccio al Vangelo come elemento liberatorio della propria espressione per cui arrivano alla conclusione di non poter fare niente nella società.