26° INCONTRO DEL 10-04-2017

 
2 Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli. 3 Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi avete un corpo. 4 Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio. 5 La vostra condotta sia senza avarizia; accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: Non ti lascerò e non ti abbandonerò. (Eb. 13,2-5).
Questo è un brano tratto dalla lettera agli Ebrei attribuita a Paolo, ma che certamente non è sua. E' da ricordare anche che passano per "Bibbia" una quantità di cose che non lo sono, mentre sono considerate "non Bibbia" tante altre che, invece, lo sono.
In questo brano, l'autore parte dall'ospitalità. Esiste un'ospitalità attiva ed un'ospitalità passiva. E' ospite chi arriva in una casa, è ospite chi lo riceve. E' ospite chi sta... in sé ed è ospite chi riceve l'altro che viene a sé.
La dimensione di ospitalità accompagna la storia dell'umanità da sempre. Tutti siamo ospiti. Nessuno di noi è padrone di casa, però poi tutti ci comportiamo come se lo fossimo e per "padrone di casa" non intendiamo riferirci solo alla casa, ma all'essere padroni della propria mentalità, della propria ideazione, della propria posizione, ecc..
L'ospitalità è fondamentalmente quella dialettica, del confronto permanente. Laddove il confronto non avviene, vuol dire che la persona ha assunto una posizione di assolutismo e che, quindi, non è più nella condizione di poter dialogare.
Questo è un discorso che va ad intaccare il midollo della nostra costituzione ruolizzata. Noi ci infiliamo nel nostro ruolo e pensiamo che esso sia e debba essere inscalfibile. L'immobilismo nella ruolizzazione ferisce la vitalità dell'avanzamento dell'evoluzione.
Gregor Mendel, monaco agostiniano, nel fare degli studi sull'ereditarietà, intesa come ripetizione dei caratteri primari e secondari, scoprì che in essa c'è sempre una innovazione per cui la natura, in quanto tale, ha una capacità adattiva permanente. Quanto più siamo vicini alla naturalità, tanto più ci scostiamo dalla fissità.
Questa dimensione ci riporta permanentemente alla figura di Gesù che non ha voluto mettere niente per iscritto perché lo scritto è statico. Gesù si è messo sempre in una dimensione di vitalità quasi a sorpresa e quest'apertura è l'avvio del Vangelo in quanto adattamento alle situazioni che cambiano sotto gli occhi nostri.
Solo pochi mesi fa, per esempio, non si pensava proprio che la terza flotta nucleare americana navigasse verso la Corea. Non sappiamo come questa nazione reagirà. Chi si inebria del potere commette l'errore di pensare che tutto debba ruotare intorno a sé. Mentre le persone che si sottovalutano cadono nella depressione, quelle caratterizzate dal delirio di onnipotenza, non conoscono il limite.
Gesù, invitato dai suoi discepoli a recarsi alla festa delle Capanne disse: "Andate voi a questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è ancora compiuto". I discepoli ci andarono, ma poi anche Gesù vi andò di nascosto per conto suo.
Perché fece così? Perché questi giochetti per destabilizzare le persone? Lo faceva per radicarle nella loro realtà evolutiva, perché l'unica certezza per l'uomo è il... non essere certo di rimanere nella posizione precedente. Questo richiede il coraggio di avventurarsi nel nuovo che è sempre un tabù perché il nuovo produce normalmente una rinculata. Se io vado verso una cosa che conosco, mi muovo, ma se vado verso una cosa che non conosco, entro in un atteggiamento di perplessità, mi voglio documentare prima di avventurarmi.
Nella Bibbia, per enfatizzare la pratica dell'ospitalità che è avventuriera (perché l'ospite non è garantito, in quanto può presentarsi in un modo ed essere, invece, diverso), presso i vari personaggi, Abramo, Lot, Tobia, ecc., l'ospite è spesso presentato come una realtà misteriosa che poi si rivela essere un angelo. E' un modo per indicare che una realtà non catalogabile nasconde il mistero di Dio. Il bevitore, per esempio, nasconde la figura del Messia.
Gesù come legge generale ha dato: "Qualunque cosa avete fatto ai più piccoli, l'avete fatta a me" e addirittura mette il giudizio finale su quest'avventura: "Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi"...
Dunque, Gesù mette l'avventura della fede in una situazione di non garanzia definitoria, ma sospinge la persona ad essere capace di fungere da anawim, da libero, da disancorato, da non legato alla... valigia. Ai discepoli ha insegnato: "Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno"...
Questo discorso dell'andare senza portarsi nulla dietro, è un invito a non accanirsi a prevedere come sarà il futuro perché non sarà come previsto. Quello che è necessario è avere la predisposizione ad accogliere il futuro così come si presenterà.
E' un discorso che ci sorprende perché noi siamo troppo abituati alla programmazione, soprattutto dopo l'avvento dell'informatica. Si fanno i calcoli e si prevede che l'umanità futura sarà di tot miliardi di persone, ma poi subentra un particolare imprevisto e che cioè i maschi non rendono più dal punto di vista riproduttivo, ed allora l'aumento demografico nel 2020 non arriverà più a 12 miliardi di persone come aveva previsto de Castro.
Del resto, qualcosa del genere era già successo quando, studiando una cura che combattesse la sterilità nelle donne, fu trovato invece un sistema per la contraccezione e venne fuori la pillola Pincus.
Tutto serve perché quanto più abbiamo la mente disponibile ad accogliere gli stimoli che ci raggiungono, tanto più possiamo dare delle risposte che siano adeguatamente valutate. Se riceviamo sempre lo stesso stimolo, diamo la stessa risposta nella monotonia che produce la noia la quale porta alla nausea e questa al vomito.
Se, invece, riceviamo più stimoli di tipo diverso, i lobi del cervello si sviluppano in varie parti con orientamenti diversi e questo ci dà la possibilità di essere più collocabili nella storia che è diventata un vortice di situazioni che si alternano rapidissimamente.
Allora, se la conclusione primaria è quella di cogliere la nostra morbidezza nel modificarci, dobbiamo dare un po'... d'olio alle nostre articolazioni e, quindi, ricorrere un po' più facilmente all'arte che è invenzione, che è apertura alla creatività per trovare nel nostro essere la risposta agli stimoli che riceviamo (se li vogliamo ricevere).
Se, invece, li respingiamo assumendo la posizione omeostatica, quella rigidamente fissa e non dialettizziamo il nostro essere con le situazioni che intervengono di volta in volta, allora noi tradiamo la bellezza del Vangelo che non ha nulla di documentato.
Questa è la sua caratteristica per cui la fede non può essere dimostrata perché l'amore è possibile solo nel rapporto di libertà e questo presuppone la non costrizione. L'evidenza è costrittiva, la dimostrazione è costrittiva, la vita è avventura...
Allora, se una persona vuole vivere la sua dimensione evangelica, deve avere la capacità di disancorarsi dalla posizione legata al proprio modo di vedere.
In parole semplici: quanto maggiore è la coerenza, minore è la fluidità e quanto minore e la fluidità, più è difficile la vitalità. Considerato che il Vangelo è vita, quanto più sono incoerente, tanto più sono vicino alla vitalità, alla naturalità, all'apertura al nuovo.
L'incoerenza non coincide con la falsità, ma è l'accompagnamento al processo evolutivo. Falsità è dire il contrario di quel che sono; evoluzione è dare lo spunto per farti cogliere di me quello che sono in essere e quello che sono in potenza, quello che sono in atto e anche quello che posso diventare nel corso del mio sviluppo, quando, cioè, togliendomi dal viluppo che mi costringe, mi apro ad una forma diversa da quella precedente.
Ma si concilia l'incoerenza con "Il vostro parlare sia sì, sì - no, no"? Si concilia esattamente in questo senso. Quella frase dà proprio il metro per cui alla variazione del "sì", tu devi avere la variazione del "sì"e alla variazione del "no" devi avere l'espressione della variazione del "no", perché nella nostra realtà non c'è niente di fisso.
Quanto più io mi istituzionalizzo, tanto più mi irrigidisco per cui quando poi voglio andare a modificare qualcosa, ci vogliono forse due generazioni per adattare una prima istituzione ad un secondo modello esigito, e quando lo faccio, questo già è arretrato ed è quello che sta succedendo nei partiti, nei movimenti, nelle religioni, ecc..
Il Concilio aveva prodotto la costituzione pastorale "Gaudium et spes" sulla Chiesa nel mondo contemporaneo che non è stata ancora applicata. Quando arriverà all'applicabilità sarà già tardi. Il mondo contemporaneo di 50 anni fa non è quello di oggi né quello di domani.
La figura del prete sorta 5 secoli fa, ora è alla fine, però se ne parla come se fosse un fenomeno lontano da noi. In Francia o in Olanda è difficile trovare un prete e a Napoli l'età media dei preti è di 67 anni. Nel sud Italia sono stati chiusi 5 seminari che avevano centinaia di studenti. Significa che noi
continuiamo ad avere la stereotipia di un modello fatto a tavolino, ma che non corrisponde alla realtà della storia dell'umanità
Allora il film "Il prete" (1994), va seguito non solo nella sua trama, ma anche pensando a quali conseguenze porta nella modificazione della struttura societaria.
La stessa cosa è avvenuta per l'esperanto che si voleva che diventasse una lingua internazionale, ma che non ha futuro perché è sorto anch'esso a tavolino e non in seno ad una cultura di cui è manifestazione. Così l'Europa si sta sgretolando perché non c'è la cultura europea, non si aiuta la popolazione ad entrare nella mentalità della nazionalità europea. Avremmo dovuto cominciare questo lavoro 50 anni fa, facendo anche studiare una seconda lingua nelle scuole.
Questo dimostra di quanto abbiamo paura di avventurarci nel nuovo, soprattutto nel nuovo nostro, cioè in quelle parti di noi che sono inconsce, non sufficientemente elaborate, non sufficientemente prese in considerazione.
Se mi comporto in un certo modo, ci sarà qualche motivo. Se entro nel profondo di me e comincio a cogliere quali sono le motivazioni che mi comportano un certo agire, devo vedere se il mio agire è rivelativo della mia natura incontaminata prima ancora di essere frenata dal modello cosiddetto "educativo", ma che è l'esatto opposto dell'educazione.
Il problema fondamentale sta proprio qui.
Per questo, Gesù ci ha detto: "Voi mi chiamate maestro e dite bene perché lo sono". In quanto maestro, Lui dà la Sua esperienza perché l'uomo faccia la sua imitandolo per analogia: come Gesù è stato capace di fare la Sua esperienza, così ognuno di noi deve essere in grado di fare la propria e, dall'esperienza propria, risulterà un'esperienza di gruppo e umana che è l'aspetto evolutivo della vita.
Quanto più questo processo viene facilitato, tanto più la persona si sente libera di vivere la propria vita. Allora ha senso quello che Gesù dice: "Io sono la via, la verità e la vita", quando ciascuno di noi
può dire: "Io sono la mia verità. La mia vita sono io".
Ognuno di noi deve poterlo dire. Sono parole che possono suonare senza riferimento. Nella realtà, invece, sono quelle che si radicano dentro di noi.
La persona sta bene quando supera la diabolicità che ha dentro di sé, nel senso che si sente spaccata permanentemente perché il proprio essere non può venire a galla, deve sempre adeguare il proprio linguaggio fattuale, comportamentale, mimico, verbale, sessuale, ideografico, incanalandolo nel linguaggio socialmente approvato.
Se utilizza un linguaggio specificamente personale, può incorrere nel grosso rischio di non essere accolto, di non essere ospite degli altri e questo ci fa paura perché l'ospitalità è rivestita dal mistero.
Ci sono persone che hanno il culto dell'ospitalità. Ce ne sono altre che prima di ospitare, vogliono la garanzia. Questa è duplice: la garanzia dell'altro e la garanzia di sé.
Come reagisco io di fronte ad uno che non conosco? Questo è l'interrogativo che sarà sempre più presente nella nostra quotidianità perché ci troveremo sempre più di fronte a situazioni non programmabili.
Se passate per alcune zone di Napoli, specialmente in certi giorni, è difficile trovare un napoletano. C'è un mondo diverso dal nostro. Ma persino noi siamo diversi da noi stessi giorno dopo giorno perché ci orientiamo a seconda di come vanno le cose...
Quelli che hanno superato una certa età vanno meno soggetti al cambiamento perché le regioni cerebrali della ricezione si riducono. Il linguaggio del vecchio è: "Quando ero giovane..." e quello dei giovani: "Vedrai che cosa riuscirò a fare!". Il bambino, invece, non si pone il problema del tempo. Si immerge in quello che fa e gioca. Il gioco per il bambino è più importante del cibo perché sta meglio quando gioca che quando mangia soprattutto quando la mamma pretende che mangi determinate cose.
Ci dobbiamo mettere in discussione: "Vuoi vedere che anch'io posso essere capace di liberarmi e facilitare l'altro perché si liberi?
Domenica abbiamo fatto la processione delle palme per l'ultima volta perché se la processione (che è il procedere), diventa un rito non ha più alcun senso Noi spesso facciamo le cose sul piano del sentimento senza cogliere il senso di quello che è avvenuto e che è attivatore della novità permanente. Se ciò che è avvenuto viene ripetuto tanto per ripeterlo, lo svuotiamo del senso per cui è stato fatto.
Gesù disse: "Fate questo in memoria di me". Quale "questo"? Se noi perdiamo di vista a che cosa "questo" si riferiva, continuiamo a fare le ripetizioni.
Lui fece delle trasgressioni: non andò al tempio, non mangiò l'agnello pasquale (si sostituì ad esso), non dette alcun preavviso ai discepoli di quello che avrebbe fatto. Fece la cena in una casa di amici, quindi, sicuramente erano presenti altre persone comprese le donne che avevano cucinato...
Il "questo" è il trasgredire per attivare il processo di avanzamento. Quindi, quanto più ci si apre alla novità e alla diversità, tanto più si ripete quello che Lui ha fatto.
Noi abbiamo istituzionalizzato il rito ripetendo le stesse cose con le medesime modalità svuotandolo del senso. Maggiore è l'incidenza del rito, minore è la presenza del senso. Il senso è la libertà di muoversi non secondo la normativa.
In parole semplici: Gesù ha aperto il varco all'anarchia! Però, chi esercita il potere egoisticamente cercherà di inculcare nella testa delle persone che l'anarchia è il peggiore dei mali così come una volta si pensava che la "repubblica" fosse il massimo della confusione.
Quello che vi ho detto comporta un po' di introspezione e di modifica della propria realtà: di quella del professore rispetto alla classe, di quella del figlio verso i genitori, dell'impiegato verso il capufficio, del prete rispetto al cardinale, della moglie nei confronti del marito, ecc.. perché quanto più i ruoli si possono elasticizzare, tanto meglio si conosce l'altro.
Nell'esperienza di Gesù troviamo che un giorno disse: "Torniamo in Giudea!". I discepoli cercarono di impedirglielo perché poco tempo prima i Giudei avevano cercato di lapidarlo. Ma Gesù rispose: "Non vi sono dodici ore nel giorno?" cioè: "Le ore sono diverse. Se prima mi volevano ammazzare, non è detto che lo vogliano ancora". Così va e risuscita Lazzaro.
Vedete il cambiamento? Passa da una situazione in cui lo volevano morto a un'altra in cui Lui produce la vita. Secondo il modello dei discepoli, non sarebbe dovuto ritornare in Giudea.
Gesù è stato spesso imprevedibile. Non ha mai avuto una coerenza statica di comportamento, ma ha avuto la coerenza di dire quello che voleva dire perché sceglieva di volta in volta ciò che era corrispondente alla Sua dimensione dinamica.
Purtroppo, sia nell'ambito scientifico che in quello religioso, abbiamo smarrito questa caratteristica umana che è di Gesù che "cresceva in sapienza, età e grazia". La crescita è un processo evolutivo ed è coerente chi riconosce di essere una realtà in fieri, in progress e non una realtà ferma.
In chimica si diceva che l'acidità fosse legata alla presenza di ossigeno. Quando si scoprì che l'acido cloridrico (HCL) non aveva alcuna presenza di ossigeno, pur di non ammettere di aver sbagliato e, quindi, di aprirsi al nuovo, insistettero col dire che l'acido cloridrico era ossido di murio (da cui è derivato il termine "acido muriatico"), ma il murio non esiste.
Di errori simili ce ne sono tanti. Se voglio essere coerente non posso continuare a dire che c'è il "firmamento", cioè una sorta di cappa dove sono attaccate le stelle, né che il sole sorge e tramonta perché è la terra che gira, né a pensare alla pioggia come una sorta di riserva d'acqua di sopra manovrata da Dio.
Se questo modello biblico lo vogliamo portare anche sui comportamenti e pensiamo che la coerenza e la fedeltà debbano essere concetti statici, commettiamo degli errori. Solo l'elasticità ci permette di superare questi atteggiamenti che ci rendono sempre fanalini di coda.
Oggi, per esempio, abbiamo paura di parlare dell'eutanasia, ma tra non molto questa sarà una realtà con la quale confrontarci...
Ma come si fa a conoscere Dio che sta dentro di noi se non conosciamo neppure noi stessi? Come si fa a sapere qual è la propria via?
Viktor Frankl ha scritto un bel libro: "Dio nell'inconscio". Quanto più ci si avvicina alla propria naturalità, tanto più ci si avvicina alla divinità. Ovviamente la naturalità va intesa senza la deformazione cosiddetta "educativa" che ci ha portato a pensare di essere vicini a Dio quando si imparano a memoria le formule del catechismo.
Non esiste una ricetta sul come fare. A mano a mano che si comincia a scoprire un punto che può essere rivisitato, si prova a vedere se nella propria coscienza, un comportamento, un atteggiamento, un concetto, un preconcetto, un modo di essere ha giustificazione oppure si può cominciare a modificarlo a mo' di cuci e scuci, tagliando una cosa e mettendone un'altra.
Per esempio, io ho sempre portato la veste talare, in casa e fuori casa mentre dicevo che non aveva senso. Per portare avanti il discorso dell'eliminazione della veste, io ho mantenuto la veste addosso. Appena fu fatta la legge che l'aboliva, quel giorno stesso me la tolsi perché per me era una cosa perfettamente normale. Ma venendo a Napoli da Campobasso trovai i preti ancora con la veste talare perché Napoli ha una realtà di grossa legatura. Ancora abbiamo il cardinale che siede tra i magistrati per l'inaugurazione dell'anno giudiziario (anche se è indagato).
Il "come", dunque, è di responsabilità della persona che in itinere, mentre vive, cerca la sua via. Ecco perché la Chiesa accompagna l'umanità, ma non può darle definizioni. La pastorale ha il compito di applicare il dato rivelato alla cultura societaria che si evolve.
Se si va nel mondo musulmano e si vuole parlare di Gesù, non si può dire che il matrimonio è uno e indissolubile perché il musulmano è poligamo. Non si può portare un modello culturale in un mondo che non lo concepisce. Allora si deve adattare il messaggio alla situazione.
Quando si mandano i missionari in Africa dove il celibe è considerato maledetto da Dio, come possono questi parlare di Dio?
Allora si deve cercare di capire che l'africano non può accettare il messaggio del celibe.
La modalità, quindi, deve trovarla ciascuno di noi. Io, in questo momento, rispondo secondo la mia modalità. Se avessi davanti un'altra persona presente qui per la prima volta, probabilmente userei un modello diverso di colloquio perché devo tener presente come funzionano le cose.