29° INCONTRO DEL 15-05-2017

 
La disobbedienza civile è il prendere le distanze dal processo di massificazione allorché questo tenda a portare la persona ad un comportamento che non sia elicitato dalla propria soggettività.
"Elicitare" è un termine che indica la produzione di una facoltà spirituale: un pensiero, un atto di volontà, ecc.. Il "fare", invece, si riferisce alle realtà materiali.
La persona, per sua essenziale costituzione, è munita di libertà che scaturisce dalla conoscenza.
Non è possibile l'atto volitivo se non è preceduto da quello intellettivo. Diceva Aristotele: "Nulla è nell'intelletto se prima non è nei sensi: nulla è nella volontà se prima non è nell'intelletto; nulla è nei fatti se prima non è nella volontà".
Circuito successivo: la persona è una realtà che ha una percettività, un'intellettività, una volontà ed un'azione. Non può agire se non vuole, non può volere se non sa, non può sapere se non percepisce.
Se alla persona fossero tolte le percezioni, resterebbe mutilata di un circuito essenziale.
Da ciò scaturisce che la persona, in quanto munita di tutto questo corredo, è una realtà che esercita la volontà e, quindi, la libertà, perché la volontà consente la facoltà di scegliere conservando tale facoltà anche dopo aver scelto. La volontà è la facoltà che ci rende liberi e presuppone l'intelletto che, a sua volta, presuppone la percezione.
Nel momento in cui la persona prende consapevolezza di avere l'opportunità di scegliere, si para dinanzi a sé una molteplicità di orientamenti, di vie, di possibilità.
In psicologia si studia che l'uomo, quando sceglie, sceglie ciò che è bene per lui anche quando sceglie il male perché lo vede sotto l'aspetto di bene. Per esempio, uno che va a rubare, non sceglie di andare in carcere, ma di appropriarsi della cosa che ruba. Se però il carcere è un bene per lui perché fuori viene minacciato di morte e in carcere si sente protetto, può anche scegliere il carcere considerandolo un bene per sé.
Ecco perché Gesù dice: "Non giudicate per non essere giudicati". Una persona che arriva a fare determinate scelte con la consapevolezza di essere nel giusto, se è corretta ed onesta, non ha timore di mettersi a confronto. Se, invece, preferisce non dialogare e non mettersi a confronto, vuol dire che vuole scegliere una via e non vuole essere informato delle conseguenze per lui e per gli altri, delle scelte che fa.
Oggi si parla della legittima difesa, ma questa è assai difficile perché si regola su tre punti: deve essere preterintenzionale, spontanea e proporzionata. Se mancano questi tre elementi la difesa non è legittima solo perché è stata fatta una legge in merito. Bisogna sempre vedere se si tratta di una legge naturale o di una legge positiva perché ci sono una quantità di leggi che sono immorali e una quantità di comportamenti che sono morali, ma illegali. Che le leggi siano anche morali è... cosa rara!
La forbice si allarga sempre più tra la persona libera, così come scaturisce da quel che è la sua natura, e i vari sistemi di manipolazione che la portano alla massificazione soprattutto attraverso il controllo di massa per cui quanto meno la persona fa riferimento alla propria criticità, tanto più avanza nella struttura massificata.
In parole semplici: quanto più la persona rinuncia alla propria criticità, tanto più viene ad essere promossa all'interno di un sistema di massificazione.
La persona che ha una forte criticità viene estromessa dalla linea del progresso strutturale.
Ci siamo già soffermati sul discorso dell'esistenzialismo e dello strutturalismo. La disobbedienza civile è un'applicazione perché diventa un obbligo per la persona formata. Quello che non è un obbligo, è l'escogitare la modalità concreta di essere disobbediente civilmente senza incorrere nel grosso rischio di rafforzare il sistema di depersonalizzazione.
Più semplicemente: se la persona è altamente critica, non fa passare nulla che sia immorale e vuole leggi che siano anche morali. Se la legge presenta un tratto di immoralità perché è lesiva e offensiva della dignità della persona o anche del cosmo, la persona, nella sua moralità, deve essere capace di opporsi al sistema massificato. Se si oppone dà fastidio. Alla BIC in Spagna, un operaio è stato licenziato in tronco per essersi opposto a firmare il cartellino per andare a fare la pipì...
Nel momento in cui questo sistema diventa così oppressivo, può causare nelle persone più formate e, quindi, più critiche, una sorta di opposizione che crea un ostacolo alla diffusione della massificazione.
La persona formata è una pietra di inciampo in una società che ha sempre più bisogno di carrozzoni che camminino all'unisono senza possibilità di discostarsi o di tracciare un altro percorso.
Ma le percezioni sono devianti a monte perché l'evento che viene trasmesso attraverso i mass media ha già un contenuto selezionato per far arrivare quello che si vuole. Nel momento in cui mi arriva una
notizia e ne vengono sottaciute tante altre, io ho percepito solo una bassissima percentuale di informazioni rispetto alla totalità e sono stato messo nella condizione di non poter dare un giudizio sulle altre.
Una volta, nella vita di paese, quello che avveniva era di dominio pubblico. Ogni persona acquisiva il dato direttamente senza il filtraggio dei mass media. Oggi la persona ha difficoltà a formarsi un atteggiamento critico perché le percezioni uditive e visive sono già selezionate.
Se, per esempio, si vuole dire che la scuola non funziona, basta mostrarne alcune dove c'è il peggio del peggio e si portano le persone alla conclusione che... non manderebbero i figli a scuola.
Lo stesso accade se si vanno a fare delle interviste in carcere. Alla fine si arriverà ad una conclusione sbagliata perché la campionatura è sbagliata.
Allora, se io ho sviluppato la criticità, quando mi giunge un dato, io lo comparo, lo metto insieme ad altri dati che non mi vengono consegnati e leggo la realtà in un modo molto più attento.
Questi sono i principi da cui dipendono i comportamenti su tutti i campi. Sono riflessioni che portano la persona a formarsi perché poi, con la propria testa, dovunque si venga a trovare, le applichi, altrimenti qualsiasi altro comportamento vada ad eseguire, è comunque immorale.
In parole più semplici: una persona che agisce prescindendo dalla moralità della criticità, anche se lo fa rettamente dal punto di vista oggettivo, è soggettivamente in uno stato di immoralità che scaturisce dal fatto che non agisce sulla base della maturazione critica che è sua propria. Quindi, anche quando fa il bene, se lo fa senza rendersene conto, quell'atto non è umano, è immorale perché la persona, per sua natura, deve essere responsabile del suo agire.
Bisogna elaborare la modalità per esercitare la propria criticità e stare molto attenti perché il gesto non vada a rafforzare il sistema di potere.
Se io non perdo la capacità comunicativa e di... "proselitismo" perché informo e formo le altre persone alla criticità, non sono più solo.
Se Mahatma Gandhi avesse fatto la marcia del sale da solo, lo avrebbero fatto fuori subito. Ma Gandhi fu ucciso nel 1948 dopo che l'India si era già liberata dagli Inglesi senza fare guerra. Alla marcia del sale (svoltasi nel 1930 per 24 giorni per rivendicare la proprietà sul sale che era diventato monopolio degli Inglesi), parteciparono un milione e mezzo di Indiani. E' difficile che un tale numero di persone non incida.
Allora, l'organizzazione pratica per portare avanti un discorso mi deve aiutare perché non faccia una mossa che faciliti il nemico, ma che sia capace, invece, di ribaltare la situazione.
Ci sono persone, gli scienziati, per esempio, che, in genere, si conficcano nella ricerca e perdono il contatto con la realtà per cui, alla fine, si ritrovano soli dopo aver elaborato certe idee scientifiche validissime, ma che non hanno avuto il tempo di filtrare nel popolo. Ecco perché, poi, restano isolati.
C'è un libro a tal proposito: "Geni da legare" perché i geni normalmente restano sempre emarginati dalla società salvo, poi, ad essere recuperati anche parecchi secoli dopo (Galilei).
Quello che ci preme cogliere stasera è l'aspetto di disobbedienza civile, intelligente e pratica che fa capo al compromesso operativo della prassi, cioè l'elaborazione di un sistema più intelligente che possa produrre un cambiamento. Questo parte prima da noi. Se siamo convinti profondamente di un determinato valore, allora lo trasferiamo con una certa forza. Se l'altro lo ritiene non soggiogante, non è che io passo da una situazione di condizionamento ad un'altra, ma rimango nella mia libertà che è conforme alla regalità di cui raramente si parla.
Chi è il re? Nella scala gerarchica sociologica, il re è l'opposto del suddito, è quello che regge. Se il re è il reggente, vuol dire che non è retto da altri. La regalità, per definizione, è riferibile alla persona da cui scaturisce la volontà e, quindi, la libertà. La persona è intrinsecamente regale.
La risposta è quella di formarsi una coscienza, conoscere la legge e vedere come organizzarsi perché la legge non sia antitetica alla morale. A volte occorre la strategia, altre volte la tattica. La strategia è la visione di insieme di un progetto. La tattica riguarda un momento preciso. La strategia riguarda la guerra, la tattica riguarda la battaglia.
Allora, se io ho una visione strategica, non metto in atto una modalità che poi non può essere osservata, perché così facendo, vado a rinforzare la situazione di ingiustizia. L'aspetto di criticità è importante perché può anche essere capace di formulare un'idea che modifichi il corso della storia. Può essere anche un ideale sorto solo in una persona che viene colto dagli altri e dilaga sulla cresta dell'onda.
Una cosa giusta può attivare una rivoluzione così come una guerra, in una situazione di massificazione, è fondata sulla totale acriticità del numero della massa. Maggiore è la massa, minore è la criticità;
minore è la massa, maggiore è la criticità. In una folla di migliaia di persone la criticità del singolo non conta niente.
Se noi ci formiamo e diventiamo una quantità di persone che hanno la capacità di essere fermento nella massa, noi avremo modificato l'umanità.
Le persone singole che hanno una formazione, devono riuscire a trasferirla agli altri. Per la formazione occorre l'informazione.
Che possiamo fare noi allora per l'uomo del futuro? Che responsabilità abbiamo noi per l'umanità futura? Il Vangelo del futuro è fatto per il futuro se è Vangelo. Siccome il Vangelo dice: "La verità vi farà liberi", io devo avere rispetto per la verità dell'uomo che è costituito in un certo modo. Io lo devo rispettare non per legge, ma perché l'uomo è naturalmente costituito così. Quest'uomo non esiste nella stratosfera, ma hic et nunc (qui ed ora).
Come viene attivata in me questa realtà? Dovunque mi trovi, come reagisco? Sulla base della formazione che scaturisce dall'informazione, io posso essere un elemento di scontro tra la verità naturale e l'oppressione strutturale.
La verità naturale è l'umanesimo, è l'esistenzialismo: io esisto così come sono ed ho il diritto di esistere così. Nel momento in cui io creo la crisi a livello globale, posso essere un iniziatore e, quindi, divento profeta, annuncio all'umanità una modalità diversa. La storia spesso ha avuto delle svolte sulla base di una sola persona che ha deciso diversamente.
Strategicamente e tatticamente io devo elaborare qual è il gesto più efficace per ottenere la risultante che, oltre ad essere personale, è anche di gruppo.
L'umanità futura diventa insopportabile se mai nessuno insorge per riportare la normativa naturale.
Dunque, io devo andare ad analizzare se il mio gesto può essere strappato dalla responsabilità sociale oppure se io posso socialmente assumermi la responsabilità di allargare la sensibilità per la criticità onde ottenere un miglioramento di vivibilità nell'ambito sociale.
A questo proposito, c'è il seguito del documento redatto dalla comunità dei preti sposati lo scorso giovedì santo (di cui è già stato scritto nel 27° incontro):
"Dopo aver lavato i piedi agli apostoli, Gesù, senza smettere il grembiule del servizio, riprese le vesti e si sedette come un signore. Occorre saper essere servi senza rinunciare al proprio ruolo ed alle proprie responsabilità.
Per noi servire vuol dire essere servi, schiavi, sgobbare, rinunciare a sé, sacrificio, annullarsi. Ma Gesù non dice questo: il servo è sempre un signore, cioè libero. Non tolgo nulla a me, ma mi metto a tuo servizio perché tu possa essere il meglio di ciò che puoi. Questo è servire.
Con i figli si è servi: "Sono qui perché tu possa diventare non ciò che voglio io, ma il meglio di ciò che tu sei. E io ti aiuterò ad essere quello che ancora non sei, ma che puoi essere, anche se è totalmente diverso dalle mie idee e dalle mie aspettative su di te".
...e si è genitori: "Vivo con te, ma non vivo per te. Ho la mia vita e non mi annullo e neppure mi esaurisco per te perché se lo facessi, io perderei me e tu perderesti un genitore".
Con il compagno si è servi: "Sono qui per starti accanto, per condividere, per esserti di sostegno, per fare insieme il viaggio della vita, per aiutarti a realizzarti e a vivere tutta la tua felicità".
... e signori: "Non ti possiedo e non possedermi. Non mi incateno e non incatenarmi. Non sei un mio possesso ed io non sono un tuo possesso".
Con il collega di lavoro si è servi: "Ti aiuto quando ne hai bisogno, non temo di essere generoso con te perché sono ricco e pieno d'amore e non ho invidia o gelosia; non temo di darti le informazioni e le conoscenze che ho perché non temo che mi superi o che diventi più di me".
... e signori: "Non posso fare io ciò che tu devi fare. Mi tengo la libertà di dirti di sì e di no, di dirti cosa penso e cosa non penso. Sei il mio collega e ti stimo, ma rimango un uomo libero".
Con il superiore si è servi: "Sono alle tue dipendenze e sei tu che mi dici cosa devo fare; sei tu il capo ed io rispetto i ruoli di ciascuno".
... e signori: "Ma non sono una marionetta né un burattino. Ho la mia testa per pensare e per scegliere. Sono un tuo dipendente, ma non hai potere sulla mia libertà".
Gesù ha utilizzato il sistema strategico e anche tattico quando il cugino Giovanni Battista fu preso da Erode che era d'accordo con i sommi sacerdoti perché Giovanni Battista era considerato un ... extraparlamentare che dava fastidio agli uni e agli altri. Quindi, fu preso e poi decapitato per una promessa che Erode aveva fatto a Salomè.
Gesù non andò a protestare da Erode, ma si allontanò da Gerusalemme e cominciò a predicare lontano per formare un gruppo di pressione. Quando tornò a Gerusalemme, lo fece in modo trionfale cavalcando l'asino, ma aveva già girato tutta la Palestina. Questa fu una strategia. Poi andò liberamente a morire perché il culmine della strategia era quello di suggellare con la testimonianza ciò che aveva detto.
"Ecco, ora andiamo a Gerusalemme dove il Figlio dell'uomo sarà preso, condannato a morte e ucciso, ma il terzo giorno risorgerà".
I Suoi seguaci dettero la vita per questa verità. Infatti, i martiri furono migliaia perché davano fastidio permanentemente, fino al 313 d.C., anno in cui l'imperatore Costantino firmò l'Editto di Milano. Ma con quest'alleanza, progressivamente si verificò una collusione tra il potere civile e quello ecclesiastico, al punto tale da avere un'interferenza sociologica nella realtà ecclesiologica per cui la gerarchia che di per sé significa "servizio", diventò comando.
Dante ricorda così quell'evento: "Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre! ".
L'ecclesiologia si basa sulla comunità dei fedeli che sono profeti, sacerdoti e re, non solo alcuni, ma tutti coloro che fanno parte del popolo di Dio. Tutti devono acquisire questo.
Sono profeti perché hanno il diritto di annunciare ciò che riguarda Gesù Maestro. Sono sacerdoti se hanno la capacità di trasferire quello che hanno maturato agli altri. Sono re se non si lasciano dominare né hanno l'ardire di dominare gli altri, ma li rispettano profondamente nella parità dialogale che costituisce la base della democraticità perché ciò che riguarda tutti, da tutti deve essere codeciso.
La codecisionalità presuppone, però, che ci sia una maturità. Quando una persona eccede nella manifestazione libertaria per cui finisce col non essere rispettoso della dignità dell'altro, produce la reazione intimidatoria che toglie la libertà sia a chi ha esagerato nella provocazione, sia all'altro che non può esprimersi per la crescita comunitaria.
C'è un dato incontrovertibile: la velocità del cambiamento della società che è sotto gli occhi di tutti. La donna è mobile ed ha, per sua natura, maggiore capacità adattiva. La donna lavora dentro e fuori casa, si gonfia quando è incinta, ritorna snella dopo il parto, ecc.. E' capace di assumere una diversità di ruoli. Nel maschio, purtroppo, siccome l'emisfero sinistro del cervello, sede della razionalità, ha la prevalenza su quello destro, c'è maggiore rigidità. Nella donna, invece, l'emisfero destro, sede del sentimento, dell'emozione, dell'arte, della creatività, prevale su quello sinistro. Quindi, la donna oggi si adatta al cambiamento più rapidamente rispetto al maschio che ha una lentezza adattiva per cui si sente frustrato e la frustrazione porta all'aggressività.
C'è possibilità, per il futuro, che la donna diventi più razionale e l'uomo più sentimentale? Abbiamo già detto che la natura si sta modificando, ma noi non ce ne accorgiamo.
Ci sono fasce sociali, per esempio quella dei giovani, che non recepiscono il cambiamento, non dialogano né in famiglia né nella scuola né in chiesa dove non entrano proprio. E' un mondo completamente diverso dal nostro perché noi ci accorgiamo della diversità e loro no, assorbiti come sono dai cellulari che non consentono loro di accorgersi che cosa avviene intorno.
Per questo motivo, se metodologicamente noi riusciamo ad essere una forza, può darsi che possiamo avere una possibilità di incidenza nella società.

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