30° INCONTRO DEL 21-05-2018 nella parrocchia di Santa Maria della Libera

Siamo fatti per la creatività, per l’arte, per l’apertura al futuro. Eliminare la dimensione del futuro dalla vita significa eliminare la vita dalla vita.

Se riflettiamo un poco su questo, ci rendiamo conto di che cos’è il perdono.

Il punto principale di ogni cosa è attivatore del nuovo e, quindi, è il salto dalla realtà pregressa a quella progressiva. La vita si svolge sempre su questo ponte che è movimento, che è il punto che congiunge il momento precedente con quello successivo. Appropriarsi della vita significa sottrarre al ponte la dimensione del limite  per ampliarlo, per recuperare tutta la realtà passata che viene sintetizzata nel presente e nel futuro perché tutto il futuro è enucleato nella dimensione dell’hic et nunc , cioè nell’oggi di Dio.

Il perdono è… l’imbottitura dell’oggi.  L’imbottitura significa la sintesi, significa mettere tutta la storia pregressa e tutta la storia futura nell’attimo fuggente che è l’istante. Se l’attimo si inabissa nel nulla, quando però si colloca nell’istante, diventa permanente. Lì l’uomo trova il massimo del dono che può registrare come fruizione ultima della sua vita che consiste nel cogliere l’aspetto di eternità che esiste nell’uomo nella temporalità.

Perdonare, allora, significa raggiungere il culmine della densità dal punto di vista ontologico, ontogenetico, cioè costitutivo.  Io mi costituisco al massimo della mia entità solamente quando riesco a sintetizzare tutto il passato.

Devo andare all’eziologia della mia origine, alla Causa della mia origine, ma devo anche escatologicamente portare a me, in questo tempo, la finalità ultima della mia realtà.

Quindi, lancio l’artiglio nel passato per coglierne l’eziologia, la causale, quello che ha prodotto l’origine dell’evoluzione dell’essere e lo ha condotto fino alla mia costituzione. Ci sono voluti milioni di anni perché noi fossimo costituiti così come siamo.

Una volta costituiti così, noi abbiamo l’opportunità di mettere in questa dimensione, così come si è realizzata, anche l’anticipazione di dove andremo a finire per raggiungere il punto culminante del nostro essere per cui la pienezza del tempo coincide con la pienezza dell’essere.

La persona, quando arriva all’autoconsapevolezza, raggiunge il culmine della sua realizzazione e, quindi, è nella condizione massima di potersi donare. Questo è il "superdono", cioè il dono ottimizzato, portato al massimo livello. Una persona, quindi, allora può essere al massimo del dono di sé, quando attraverso l’educazione permanente, ha fatto sì che tutte le proprie potenzialità contenute nel bagaglio genetico hanno raggiunto una maturazione nella cronologia evolutiva, tanto da poter anticipare l’ultimo stadio dell’uomo: "E vidi pinta della stessa effige, l’Amor che muove il sole e le altre stelle"…

Quando Dante ha trovato la consistenza ultima al termine del viaggio, si incontra faccia a faccia con tutti i segni rivelativi di Dio. Questi sono racchiusi nella creazione, nel cosmo, nella realtà intesa nella sua totalità. Abbiamo la possibilità di fare questo, ma l’attuazione non è facile. Il mistico è quello che pur stando nella condizione storica comune, riesce a vivere una dimensione tale che è anticipatoria di questo. S. Francesco d’Assisi, che è un grande mistico, diceva: "Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto", perché la storicità è intrisa di sofferenza in quanto è un processo che contempla il lasciare e il prendere continuo. Il lasciare genera sofferenza. Quindi, nella storia non è possibile non avere la sofferenza. Se però il soggetto la vive con padronanza, la realtà della sofferenza diventa diletto…

Ma chi non pensa a tutto questo, chi non crede in Dio, per esempio, può arrivare al perdono?

Il problema è che noi etichettiamo come "atei" molti che si definiscono tali, ma che, invece, sono profondamente persone di fede, mentre tanti cosiddetti "religiosi" stanno, in realtà, lontano dalla fede.

Allora il discorso è che molti che si definiscono "atei" semplicemente non vogliono avere a che fare con i preti. Fanno confusione perché non sanno che una cosa è Cristo, altra cosa è il cristianesimo che è un abbrutimento di alcune cose che Gesù ha detto, il quale si è incontrato con le persone, si è incontrato con la Samaritana e non ha pensato: “Che dirà la gente?”. Nel mondo giudaico la Samaritana era considerata fuori dal popolo eletto. Inoltre aveva avuto cinque mariti ed il sesto uomo non era nemmeno suo marito; era considerata normalmente una poco di buono, ma Gesù non si è proprio posto il problema. E’ stato Lui a chiederle di dargli da bere facendola meravigliare…

Vedete, allora, che noi, che diciamo di essere dalla parte di Cristo, non abbiamo ben capito che è molto più vicino a Dio chi si accompagna al processo evolutivo del… pidocchio e della pulce. S. Pacomio, quando si trovava un pidocchio addosso, lo lasciava stare delicatamente perché lo considerava una creatura di Dio.

E’ difficile avere la capacità di cogliere come un pidocchio è munito di un rostro con il quale taglia la pelle dove inocula le uova per cui diventa problematico, anche lavandosi e rilavandosi, liberarsi dai pidocchi.

Perché vi dico questo? Perché la ricchezza del perdono comporta un’armonizzazione con la totalità dell’essere che in mille maniere si squaderna dinanzi ai nostri occhi, ma noi non ce ne accorgiamo. Ma quanti di noi sanno della preziosità del proprio organismo lungo la vita? Chi ci pensa mai?

Dico questo perché il processo di cui parlavo prima è insito in noi, ma non sempre riusciamo ad appropriarcene. Se fossimo un po’ più liberi dalle etichettature religiose, avremmo maggiore facilità nell’apprendere come chiunque altro, per il fatto che è un altro individuo (cioè indiviso in sé e diverso da ogni altro), è irrepetibile. Questi diventa per me una foresta vergine che non potrò trovare in nessuna altra parte del mondo. Se questa realtà si schiude ai miei occhi, io vi vedo un dono eccezionale. In essa posso trovare anche qualcuno che noi facciamo rientrare nella categoria di “canaglia” perché non può non avere il valore dell’esistenza. Se poi agisce male, lo fa sul piano dell’azione, non su quello della costituzione.

Esempio: la mano è in sé una cosa organizzata molto bene. Ha un dito che si oppone alle altre quattro dita per la presa. Se poi io me ne servo per dare un pugno ad uno, è la modalità con cui io utilizzo questo bene che è un male, ma non la mano che è e rimane un bene. La struttura muscolare che consente di muovere un dito è una cosa che sorprende perché ci vogliono milioni e milioni di ioni per comandare questo movimento così elementare. Ogni neurone trasmette all’altro il comando per arrivare dal cervello al dito attraverso le sinapsi utilizzando circa 10 milioni di ioni da un neurone all’altro. Calcolate quanti ce ne sono e quanti ne occorrono per fare un movimento da niente. Questa realtà noi la sottacciamo mentre ci soffermiamo a leggere i... documenti che con tutta la loro ricchezza, sono di gran lunga inferiori a quella che nella realtà naturale, per esempio, consente ad una pulce di fare 600 salti di 75 cm. uno dietro l’altro pur avendo una massa muscolare impercettibile.

Questa è una cosa straordinariamente miracolosa, ma noi non la sappiamo leggere. Allora dobbiamo liberarci da certi schemi.

Quando i discepoli dissero a Gesù che alcuni che non erano dei loro facevano miracoli in nome Suo e che, quindi, pensavano che dovessero essere puniti, Gesù rispose di lasciarli fare. Addirittura nella parabola del grano e della zizzania lascia che queste due piante crescano insieme. Entrambe devono crescere nella loro naturalità per avere l’opportunità di donare se stesse così come si evolvono. La cosa importante è quella di non creare opposizione al processo evolutivo, il che significa che le inibizioni e le proibizioni devono essere quanto più possibili ricondotte al nulla per dare spazio alla naturalità.

Solo che noi pensiamo che la naturalità sia pericolosa. E lo è difatti, perché essendo la propria naturalità abitualmente compressa, è anche abbondantemente frustrata per cui, lasciata in libertà, può manifestare la reazione (non l’azione) ad una compressione. La trasgressione, in questo caso, non è evolutiva ed educativa, ma è oppositiva all’evoluzione.

La trasgressione che di per sé è apertura al nuovo ed è miglioramento nasciturale, evolutivo, finisce con l’essere una reazione dovuta al fatto che la natura non ha avuto lo spazio per evolversi secondo il suo modello. Il che significa che se si tengono in carcere le persone per molto tempo, una volta liberate, queste persone hanno bisogno di leggi.

Quando Mosè liberò gli Ebrei dalla schiavitù d’Egitto, dovette dare i 10 comandamenti per regolamentare la loro vita. Ma se quelle persone avessero avuto la modalità di vivere in sintonia armoniosa, non ci sarebbe stato bisogno della legge.

Ho avuto modo di osservare, recentemente, un gattino di qualche mese che faceva i primi passi fuori dalla sua tana (i gatti hanno un sistema di difesa “a scoppio” davanti ai cani per spaventarli). Il gattino ed un cane si sono osservati a vicenda a distanza di sicurezza, dopo di che si è creato un clima di convivenza. Capita, infatti, che un gattino venga allattato da una cagna e un cagnolino da una gatta e riescono anche a dormire insieme.

Anche le persone, se sono permanentemente costrette a vivere in un certo modo, appena libere, reagiscono male. Se, invece, hanno l’opportunità di vivere più semplicemente secondo il modello evolutivo, ogni persona sa che nell’altro c’è del bene e vi trova il ben – essere.

La frase "Homo homini lupus"  si riferisce agli uomini che hanno avuto difficoltà a stabilire una relazione ottimizzante.

Per come ci siamo ridotti noi, diventa difficile relazionarci perché nasciamo e viviamo in un clima di guerra permanente. Consideriamo il governo come un oppressore. Sappiamo che "ministro" significa "servitore"”, ma constatiamo che il ministro invece di servire e favorire la crescita, domina.

Vedete quanto poco spazio si dà per il gioco dei bambini, degli adolescenti e dei giovani! Ecco perché sorgono tutti i giochi proibiti. Mancano le palestre di gioia vera. Un giovane a Napoli ha difficoltà a divertirsi sanamente. Quando i ragazzi dicono di non poter uscire di giorno è perché di giorno non sanno dove andare.

Purtroppo il piacere educativo non è redditizio per cui sorgono le sale da gioco con le macchinette dove si può guadagnare. E’ un utilizzo dell’ingenuità dei giovani che vogliono socializzare. L’adolescente  vuole entrare in relazione con il mondo e non trova altro che l’usurpazione della propria libertà. Il tempo libero gli viene gestito dagli altri…

Allora, vedete come il perdono sia un compito arduo in un contesto sociale in cui la crescita della persona è resa difficile. Non si può diventare "perdono" se non si raggiunge un livello di crescita.

Possiamo crescere noi? Sì, lo possiamo sempre. Possiamo essere degli eterni adolescenti, non nell’età, ma nella modalità, nella dilatazione a macchia d’olio, ed allora questi incontri devono avere la finalità di darci uno stimolo di crescita.

Se qui non ci sono molte persone nuove, vuol dire che l’irradiazione adolescenziale è ridotta e, se è così, vuol dire che noi ci perdiamo l’opportunità di cogliere la ricchezza persino dei figli e dei nipoti! Lo scambio osmotico tra genitori e figli è sempre molto difficile perché è fondato sull’assuefazione e dalle cose consuetudinarie non si riceve alcuna stimolazione. Quindi, il genitore pensa di non ricevere nulla dal figlio e viceversa. Invece, sono due mondi completamente diversi che non si conoscono…

Il perdono si rapporta al pentimento? Il pentimento, cioè, è un presupposto per il perdono? No, questa è una concezione di perdono sul modello negativista, amartiocentrico, quando, cioè, al centro della nostra vita consideriamo il peccato. Dobbiamo uscire da questo e riflettere che il pentimento è la consapevolezza di quanto io ho collaborato perché l’altro impedisca a sé di diventare un dono per me. Quanto posso fare io perché l’altro, raggiungendo il livello di maturità, abbia la gioia di donarsi?

Perciò Gesù dice: "Amatevi gli uni gli altri" (Gv. 9,12)… "Amate i vostri nemici" (Mt 5,44)

Non  vuol dire amarli in quanto nemici, ma in quanto il nemico è suscettibile di diventare amico.

La figlia del giudice Borsellino, consapevole della scintilla divina presente in ogni uomo, va ad incontrare gli assassini di suo padre non tanto per perdonare, ma per capire e dialogare. E’ un grande esempio.

Ma se l’azione malvagia non è finita, ma continua ad essere fatta, come porsi? Bisogna perdonare a prescindere?

La domanda fu posta anche a Gesù (Mt 18,21-22): "Quante volte devo perdonare?". Gesù rispose: "Settanta volte sette" (cioè sempre).

Se ci soffermiamo a pensare che ogni atto, nel momento in cui sorge, avviene nella dimensione circostanziata del tempo e dello spazio come se fosse unico, ogni atto è quell’atto e ciascuno è suscettibile, nella dimensione dell’umano, di cambiare orientamento.

Gesù ha messo a disposizione di tutta l’umanità il Suo essere e, quindi, Lui è il perdono antonomastico: "Non c’è amore più grande di chi dà la vita" (Gv 15,13). E Lui la vita l’ha data e ha detto: "Amatevi reciprocamente come io ho amato voi"(Gv 15,12). Il che significa che a mano a mano che io mi costruisco una dimensione oblativa, posso mettere a deposito virtuale la somma più alta che mi può capitare, non i soldi, ma la mia realtà che ha raggiunto il culmine.

Nel dono massimo di Sé sulla croce, Gesù non ha detto: "Io muoio per alcuni e non per altri", ma "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

Leggo adesso un brano della lettera di S. Paolo ai Colossesi (3,3-13):

 

"Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria.

Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi. Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca. Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete infatti spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore. Qui non c'è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti.

Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente". 

La correzione è l’apertura all’uomo. La correzione coincide con l’evoluzione, è naturalizzazione. Infatti, le carceri si chiamano “case di rieducazione”. L’educazione è un processo permanente. Prima educhiamo noi stessi e poi la società. Purtroppo siamo inseriti in una società in cui l’educazione è inesistente. Quando uno fa il tentativo di aprire il varco ad una dimensione di confidenzialità, di affidamento, desta sospetto. A me fu proibito di fare il caffè nella galleria “Principe di Napoli” per offrirlo ai passanti e familiarizzare con loro dopo averne vinto la diffidenza.

Noi entriamo in una condizione di diffidenza permanente. Quando si va a fare il processetto matrimoniale, questo è fondato sulla diffidenza, così come l’andare a fare la carta d’identità che deve essere esibita per dire chi siamo, sorge sulla diffidenza. Nessuno può dire chi è! Deve dirlo il documento!

L’istituzione annulla le persone perché queste non sono cresciute. Se ci fosse fiducia e conoscenza amabile, non ci sarebbe bisogno delle carte. Neanche in chiesa c’è un rapporto fiduciario. Non ci si conosce. Si entra e si esce stando ciascuno per i fatti propri. Tutto ciò che non rientra nell’obbligo (i nostri incontri!!!) sembra non riguardare gli altri. Non c’è il concetto della partecipazione.