31° INCONTRO DEL 29-05-2017

 
Mi è capitato di partecipare ad un concerto in una zona altamente paesaggistica. Era il concerto del silenzio, molto bello perché oltre ad ascoltare la musica, c'era la possibilità di fare qualche commento. Così, ognuno cercava di evocare ciò che veniva prodotto dai suoni che volteggiavano nell'aria del crepuscolo. E' stato suonato un brano nel silenzio totale.
Qualcosa di simile si verificò a Dusseldorf ad una mostra di pittura poco tempo fa: quando si scoprì il telone che copriva un'opera, si vide solo un chiodo attaccato alla parete.
L'autore disse ai convenuti: "Ora appendete a questo chiodo i quadri della vostra fantasia, provate a tirare fuori ciò che gorgoglia nella profondità del vostro essere".
Questo si ricongiunge a quanto già detto negli incontri precedenti e cioè che anche un'ottima azione se viene eseguita per imposizione, è bacata in profondità per cui diventa marcescente perché tutto ciò che viene fatto per assecondare il mondo esterno e non parte dal di dentro, non viene assimilato e, quindi, elaborato ed espresso secondo la modalità personale, è una realtà che non appartiene al soggetto e, quindi, è di un'alienazione totale.
Provate a pensare per un attimo al rapporto che c'è tra gli spazi vuoti e la realtà trascendente. Nella fisicità, noi abbiamo una sedia, un tavolo, ecc., ma in che relazione questi stanno col mondo ideale, col mondo della profondità dell'essere umano?
Normalmente noi siamo portati a concentrarci sull'oggetto. Difficilmente lo trasciniamo in una dimensione evocativa... Sul piano dell'esperienza, questo tavolo lo vediamo tutti, ma che cosa c'è dietro di esso, che rapporto c'è tra il suo aspetto fisico, materiale e l'aspetto ideale? Come può la persona essere in grado di veicolare con rapidità il mondo della fisica con gli spazi che intercorrono tra oggetto ed oggetto e il mondo ideale?
Nella persona, questi due mondi devono essere coniugati nella sua unicità ed è questo il difficile. Ogni persona ha l'opportunità di trascinare tutto il mondo della fisica verso quello che non è assolutamente percepibile perché è il mondo dell'ideale.
Il tavolo è un oggetto di legno. Se io mi lascio catturare dal suo aspetto, rimango imbrigliato nell'oggetto. Ma se riesco ad andare oltre e a prefigurarmi tutto ciò che è capitato intorno a questo tavolo e, prima ancora, tutto ciò che c'è voluto per costruirlo, il tavolo diventa per me evocativo di un mondo che non ho mai conosciuto: com'era il rapporto tra il padrone del legno e l'esecutore del tavolo? Quando è avvenuto il trasporto del tavolo? Che veste indossa il tavolo perché abbia a dirmi qualcosa?
Se quindi, il tavolo non mi dà più solo l'idea dell'oggetto che è, ma diventa oggetto della mia riflessione, scopro che ci sono relazioni multiple tra il tavolo e ciò che lo circonda.
La persona, poi, è quella che intraprende relazioni originali e creative per cui nella persona che osservo ed il mondo che si è condensato in lei, posso scoprire un universo senza fine.
E' l'universo dei sogni, delle fantasie, dei desideri, delle voglie, delle tristezze, delle emozioni, dei sentimenti... Un mondo sconosciuto e che non può essere conosciuto perché è ricco di una creatività senza fine. Anche la persona più semplice è di una enorme complessità per cui se io mi metto a leggere la persona che è sintesi di una parola, ma che è anche propulsiva di mille altre parole, allora io mi rendo conto che la persona può essere avvolta nel silenzio o riassumere le melodie più difficili e complesse. Posso, cioè, porgendo l'orecchio al battito del cuore di una persona, cogliere le emozioni che ne modificano il ritmo. Se sono molto attento, vedo che nella pelle dell'altro possono scorrere le sue modificazioni emozionali. Se riesco ad avere uno sguardo panoramico, mi rendo conto che la pelle dall'opacità passa alla trasparenza per consentirmi di entrare nel mondo che si è inscritto nel suo movimento dinamico, rapidamente in evoluzione.
La pelle che si assottiglia e si trasparentizza è quella della congiuntiva. Poter fissare lo sguardo nell'occhio dell'altro vuol dire coglierne gli scritti che sono stati stampati dalle esperienze multiple che non sono solo localizzabili nella persona che sta davanti ai nostri occhi, perché in quella persona è riassunto il percorso lunghissimo che l'umanità ha fatto attraverso milioni di anni arrivando fino a quella manifestazione.
La manifestazione mi riporta all'origine e l'origine racchiude la fine che, a sua volta, racchiude il fine. L'essere, nella sua completezza, mi porta alla felicità per cui ogni persona deve essere per me una realtà che mi induce, mi accompagna per mano e, se riesco a coglierne la trasparenza dello sguardo, io colgo, in quella persona, la ricchezza dell'umanità intera.
Questa ricchezza impreziosisce la persona e mi dà l'opportunità di vivermi in quanto essere prezioso nella dinamicità della relazione.
Quindi, in ogni relazione intersoggettiva c'è una musicalità che mi porta ad ascoltare le armonie recondite che aspettano di essere manifestate, di essere eseguite sotto la direzione del Maestro unico.
"Voi mi chiamate Maestro e dite bene perché lo sono"...
Questo Maestro ci insegna che ogni persona lo rappresenta. Dalla rappresentazione del Maestro nella persona, io posso cogliere l'insegnamento antonomastico, eccezionale, l'insegnamento degli insegnamenti per cui mi devo mettere in un atteggiamento di adorazione dell'altro e, al tempo stesso, recuperare la mia dimensione "ascensionale".
Solitamente, consideriamo l'ascensione come se fosse un'elevazione spaziale. L'ascensione, invece, è una dilatazione orizzontale. Questo vuol dire recuperare come il Verbo che diventa il Maestro che mi dà un contenuto d'eccezione, mi nobilita e mi valorizza nella mia dimensione ultima che congiunge e coniuga l'inizio con la fine che è il fine che resta sempre la felicità.
Questa dimensione mi porta ad avere una realizzazione nel silenzio profondo del mio essere perché solo quando scendo nella mia profondità, io posso esprimere questa nota per l'armonia generale.
Particolarmente in un contesto di globalizzazione, ognuno di noi è chiamato ad essere espressione sintetica, ma al tempo stesso completa. Più o meno: come le cellule staminali sono capaci di una totipotenzialità, così ogni persona riesce ad essere la sintesi di tutto ciò che nell'umanità è possibile che si esprima secondo il modello sintetizzato essendo il Verbo il ricapitolatore dell'umanità intera.
Entrare in questa dimensione significa lasciar scivolare un senso di benessere che permea l'interezza del mio essere sia fisico che psichico, metafisico, trascendentale, ascensionale. Pur rimanendo nell'immanentismo della storicità, io posso vagare nell'orizzonte della libertà totale del divino.
Allora, la persona, pur stando nelle strettoie del limite in una dimensione di controllo totale in cui la società sempre più la sospinge, può sentirsi libera.
Oggi già il controllo è serrato. Se si prelevano 50 euro dalla banca, tramite computer si sa dove e come vanno spesi. Se si accende il cellulare con un dito, le impronte circolano nel mondo... Questa è una prigionia dello spazio. Sempre più la persona sente l'esigenza di spazi infiniti perché nella sua costituzione ontologica vuole sì stare in adesione con il reale, ma vuole anche non essere costretta nel reale, nel materiale, nel fisico, perché è permanentemente aperta alla psichicità, alla libertà, all'infinito...
Oggi l'uomo vive sempre più la tragedia del dibattersi tra la costrizione, tra le varie prigionie e l'anelito alla libertà perché non ha la capacità di giocare tra il limite fisico e l'anelito psichico.
Se non c'è elasticità, la persona si trova ad essere in uno stato di non realizzazione e, quindi, di non raggiungimento del fine che è inscritto nell'origine perché la fine e il fine coincidono per la persona che ha un'origine oblativa, di dono, che non si oppone all'essere. L'origine nell'essere non può che tendere all'essere che ci porta alla sua completezza totale.
Questo è il punto più difficile della nostra esistenza: cercare di capire come noi non possiamo vivere e vivere bene, se non esplicitiamo tutte le nostre risorse, tutte le nostre capacità, tutte le nostre potenzialità, se, cioè, lungo il percorso che ci accompagna dall'origine alla fine, non abbiamo la possibilità di esprimerci nella nostra totalità.
A chi spetta elaborare la via d'uscita da una situazione di oppressione esterna? Spetta ad ogni singola realtà proprio perché ciascuna ha quella preziosità di sintesi tra gli stati fisici e l'anelito ad andare oltre questi anche partendo, come abbiamo detto all'inizio, da un tavolo o da una sedia...
Una sedia può essere insignificante, ma su una sedia ci può essere il condannato alla sedia elettrica, il condannato all'immobilismo, quello che ascolta un altro che è angosciato, il re che sta sul trono, ci può essere il falegname che l'ha realizzata, ecc..
Allora, se spetta a ciascuno di noi entrare nella dimensione dell'armonizzazione tra questi due aspetti, io non potrò mai riuscirci se non ci metto il mio, ma il mio, fin quando resta soffocato, non può emergere. Il mio richiede che ci sia un'elaborazione e una crescita personale per realizzare il coniugio della bipolarità fisica e metafisica. Questo richiede, dunque, una partecipazione soggettiva. Quanto più il soggetto è evoluto ed è in crescita perché si è arricchito di esperienze che non sono necessariamente quelle esterne, ma personali, tanto più può stare rinchiuso in un ambiente ristretto e fermarsi sui colori che caratterizzano le pareti. Può stare in un carcere e abbatterne le mura per navigare in mondi estesissimi...
Questa è la capacità dell'uomo di farsi i mondi come vuole perché ha avuto l'aggancio con Colui che è l'autore di tutti i mondi.
Prima facevo riferimento all'ascensione. Gesù che "sale al cielo" è uno dei modelli culturali dai quali ci dobbiamo liberare insieme a tanti altri che ci affossano oggi.
Ma perché le Scritture ci hanno dato l'immagine dell'ascensione in verticale? Perché all'epoca la cultura considerava che Dio stava in alto, nel cielo e le creature in basso, sulla terra. Poi, molti secoli dopo, ci siamo resi conto che la terra non è piatta. Una volta liberata la mente da questi retaggi culturali, l'Ascensione avviene quando la propria realtà si dilata al punto tale da divinizzarsi.
Se la mia divinizzazione passa per l'elemento culturale di un Verbo che si incarna e come Maestro si allarga in orizzontale, allora io non vado a vivere l'ascensione nella verticalità spaziale, e se ne colgo il contenuto trascendentale nella mia dimensione di allargamento alla divinità che è presente pure nella dimensione ecologica, io divento anche uno che si batte per il rispetto della natura.
Il numero delle cellule che compongono le foglie resta sempre identico sia quando la foglia è piccola, sia quando diventa grande perché le cellule nella foglia si dilatano, ma non se ne aggiungono altre. Così nell'organismo cristico che si dilata, si possono inserire i volti di tutte le persone per cui quello di Cristo deve essere sempre sfumato, cioè finire nella dissolvenza.
La dissolvenza è una figura chimica in cui non c'è l'immagine definita, perché quella precedente sfuma e ancora non compare la nuova. E' solamente un transito informale. Se, per esempio, io voglio fare un flash back del ricordo di quando da bambino andavo in bicicletta, non sono più io, ma il bambino sulla bicicletta e poi di nuovo io.
Questa dissolvenza è una parte perché il Cristo non è finito e non finisce. S. Paolo ha un'espressione molto difficile da cogliere: "Adempio in me ciò che manca alla passione di Cristo", cioè a quello che il Cristo subisce aprendosi all'essere. La passione è la modalità d'essere. Noi, invece, siamo abituati a considerare la passione come una cosa negativa. Ma anche l'amore "subisce" nel senso greco di "paschein" (soffrire o emozionarsi).
Quando avremo eliminato memoria e ragione, verrà fuori la naturalità che, in quanto tale, fa delle cose così complesse e così inimmaginabili... Se pensate che per leggere una parola io devo fare centinaia di fotogrammi ed ogni fotogramma impiega un ventesimo di un millesimo di secondo, vi rendete conto che nessuno è in grado di fare questo se non la natura. Quando ci addormentiamo, il 100% delle cose sfuggono alla nostra consapevolezza, però avvengono regolarmente: il cuore continua a battere, i reni continuano a filtrare, ecc.. Tutto avviene a nostra insaputa. Provate a masticare il cibo e poi bloccatevi all'improvviso: vedrete che solo quello più poltigliato è pronto per essere deglutito, il resto viene spinto dalla lingua sotto i denti, ma la lingua fa questa selezione per conto suo. Se la facessimo noi, ce ne daremmo di morsi!
L'acculturazione non vuol dire trascinare la cultura di un'epoca passata in quella di oggi soffocandola, perché sia la cultura di ieri che quella di oggi richiedono di essere superate in quanto l'onticità non deve andare a racchiudersi in esse. L'ermeneuta, cioè la persona, deve avere la capacità di tirarla fuori.
Michelangelo scolpì delle opere che chiamò "I prigioni" nelle quali ha intrappolato dei contenuti concettuali lasciando il compito a chi le guarda, di "leggere" le opere. Tra queste c'è "Il risveglio dello schiavo", fatta in modo tale che chi la guarda non capisce se nella figura dello schiavo ci sia il rammarico per il passato, se ci sia l'attesa del futuro, se ci sia la disperazione, se ci sia la prospettiva
gioiosa della libertà totale...
Voglio dire che ogni cosa si propone all'uomo nella sua incompletezza. Quando viene completata? Quando la completiamo noi, ma quando ciò avviene, in effetti, aggiungiamo solo un tassello perché poi l'altro, nella sua dinamica in fieri, in progressione, legge l'oggetto e il pensiero del soggetto che lo ha interpretato, poi ce n'è un altro che fa la stessa cosa e così via.
Cioè, uno dopo l'altro, ciascuno di noi è chiamato a dare il suo apporto a questo processo che va dall'Alfa all'Omega, ma noi siamo Alfa ed Omega al tempo stesso perché la ciclicità nell'essere non è a termine.
Teilhard de Chardin disse che Dio è l'Evolutore, cioè quello che genera l'evoluzione. Se è così deve essere permanentemente in evoluzione. Nella circolarità dell'essere c'è questa dinamica.
Teilhard de Chardin voleva dire, cioè, che Dio, stando in relazione con noi ed essendo noi permanentemente in movimento, la relazione deve necessariamente accompagnare il movimento. La perfezione è uno stato entropico e l'entropia totale o staticità è contraria alla vitalità e, quindi, al movimento.
Il Dio statico è un concetto della teologia medievale. Dio è la realtà creativa della nostra dimensione e non può che essere in relazione permanente con la nostra evolutività e con quella di tutto il cosmo.
D'altra parte, in chiave strettamente teologica, lo Spirito Santo è considerato come Colui che "soffia dove vuole e quando vuole", cioè è caratterizzato dall'imprevedibilità che non può avere termine perché il termine è chiuso e ciò che è chiuso non è prevedibile.
Noi siamo abituati a considerare delle realtà presenti nel nostro mondo culturale e nello spaccato di un attimo vogliamo parlare di millenni... Abbiamo solo la capacità di liberarci dalle prigionie delle varie culture compresa la nostra.
Quella che io sto usando è la mia cultura, ma so che devo avere la disponibilità a modificarla perché a mano a mano che si va avanti, ci sono delle ricerche nuove che mi aprono altri orizzonti per la conoscenza ed io devo essere attento a questo processo evolutivo della conoscenza sia interna che esterna. "Concetto" vuol dire "concepito" che è un participio passato. Invece il pensiero è dinamico.
In un brano del Vangelo di Luca leggiamo: "Gesù cresceva in età, sapienza e grazia". Gesù era in uno stato dinamico. Noi non ci facciamo caso perché siamo soffocati dal bombardamento istituzionale. L'istituzione è statica di per sé. Oggi c'è una crisi enorme perché il mondo è cambiato e le istituzioni sono rimaste statiche. Mentre l'istituzione vuole cambiare qualcosa, la natura avanza più velocemente per cui il cambiamento, quando arriva, già non serve più perché è superato. La modifica, quindi, non arriva mai in tempo reale perché l'istituzione non può avere la stessa velocità evolutiva naturale.
Se noi ci ribelliamo al dogmatismo, può darsi che ci avviciniamo a Cristo vita che è la Verità, ma la verità non è quella stabilita una volta per tutte.
Per quanto ci riguarda, noi dobbiamo sapere che... non sappiamo chi siamo!
Ha senso, allora, scendere in se stessi per cercare di conoscersi? Noi possiamo allungare lo sguardo dentro di noi, ma mai per avere la conoscenza esatta perché siamo costituiti di... mistero! Il mistero è una realtà che non può mai essere conosciuta perfettamente.
Allora, conoscere se stessi significa conoscere la propria... inconoscibilità che è una provocazione permanente intesa nel senso etimologico della parola. Quando io mi incontro con il tavolo, cioè, io sono provocato a non essere catturato da esso, ma lo interpolo nella mia esperienza e lo arricchisco di tutto ciò che mi evoca per celebrare... l'ascensione con il tavolo.
Poiché la conoscenza di noi stessi è imperfetta, noi dobbiamo scoprire permanentemente quali sono le dinamiche, le provocazioni che partono dalla nostra natura. Ciascuno di noi, se fa una lettura retrospettica, si rende conto di essere cambiato enormemente. Chi non cambia ha grosse difficoltà perché ogni sistema aperto è retto da tre leggi: omeostasi, trasformazione e integrazione.
L'integrazione non vuol dire fissità. Ci si integra per poi cominciare il processo daccapo: omeostasi, trasformazione e integrazione e così via.
L'abbronzatura, per esempio, è la modificazione delle cellule ipodermiche che cominciano a cogliere la necessità di emettere delle particelle di melanina. L'abbronzatura, quindi, non è data dalla superficie della pelle, ma dalle cellule di sotto che si predispongono per resistere al sole. E' la pelle nuova che nasce abbronzata per difendersi dal bombardamento solare.
Il processo della nostra conoscenza è paragonabile alla continua apertura delle scatole cinesi. Come l'organismo fisico ha le... matriosche, un sistema frattale, così sul piano teologico c'è una frattalità, cioè sempre la stessa forma però rimpicciolita.
Se prendete il sale di cucina, questo cristallizza e anche se lo rompete, i cristalli conservano la stessa forma, solo un po' rimpicciolita. Così nell'organismo anatomico, noi abbiamo l'orecchio a forma di feto così come il piedino del bambino, il rene, il polmone, i testicoli, ecc., cioè la forma frattale nell'organismo anatomico è ricorrente.
Sul piano teologico, poi, a mano a mano che noi esploriamo e conosciamo una parte di noi, ci rendiamo conto che è solo una parte e, se scandagliamo di più, troviamo che come l'universo è fatto in un certo modo, così nella microscopia noi vediamo la molecola, l'atomo, il nucleo, il neutrone, il protone, il gluone, il bosone, l'elettrone, ecc., E' tutto un universo.
Questa dimensione grande e piccola è frattale.
Sul piano dello spirito avviene la stessa cosa: cominciamo ad intuire alcune cose e poi le approfondiamo ulteriormente in continuazione.
Provate a vedere che cosa occorre per socializzare tra di noi e vi rendete conto di quanto sia difficile la comunicazione perché la prevaricazione dell'emotività sulla razionalità ci porta a non cogliere più l'essenzialità del messaggio che ci viene da fuori.
Allora, se questo è un tavolo particolare, noi litighiamo per il tavolo e non cogliamo il messaggio che dal tavolo si può ricavare. Da una virgola, poi, si può partire per dare l'avvio ad una guerra mondiale
se uno non si rende conto che la convivenza umana postula di avere una modificazione interpretativa del reale.
Noi abbiamo la possibilità di entrare piano piano nell'essenzialità del nostro essere perché la meta ultima che ci prefiggiamo che è quella della felicità, è già scritta nelle cellule staminali, nell'origine. L'ascensione sta già nell'atto creativo, nel "fiat" iniziale dove è contenuto tutto ciò che sarà. Ma se sarà, ancora non è.
La persona, in quanto tale, è incomunicabile perché se per comunicazione si intende la trasmissione emozionale di un contenuto esperienziale e se l'esperienza è strettamente personale, non ha alcuna possibilità di essere comunicata.
Si può comunicare empaticamente se se ne ha la consapevolezza, altrimenti non abbiamo molto da dirci.
Ci sono persone sposate da molti decenni che si rendono conto di non aver mai comunicato l'uno con l'altra! Da una recente indagine demoscopica, è venuto fuori che il 50% delle donne svedesi sono contrarie al matrimonio. Io ho sempre messo in evidenza che ogni contratto... contrae.
Una persona cresce se vuole crescere perché può anche chiudersi nella staticità rinnegando così la sua personalità perché la persona si espande ad onde concentriche.
Allora, liberarsi dai modelli culturali vuol dire chiedersi: ma questo contratto può reggersi dal punto di vista teorico? Il contratto è un vincolo e il vincolo è contrario all'amore.
Allora? C'è un'anarchia generale? Purtroppo solo quando la crescita dell'uno è coincidente con quella dell'altra nella comunicazione possibile, non c'è la divergenza. Altrimenti ci può essere anche un arricchimento nonostante le diverse direzioni e a mano a mano che ci si arricchisce, si può continuare a stare insieme. Se l'altro è... sordo, si possono tener presenti comunque altri elementi che giocano nella relazione. Ma è difficile fare una legge che sia uguale per tutti.
Esiste, anche il "privilegio paolino" che autorizza uno dei coniugi ad andare oltre se gli è impedito di crescere perché la finalità personale è prevalente su quella sociale.
Non esiste "l'annullamento del matrimonio", ma la dichiarazione di nullità, cioè si dichiara che il matrimonio non è mai sorto.