Siamo all'ultimo capitolo dell'"Evangelii Gaudium" dove c'è l'invito a prendere contatto con lo Spirito per la nuova evangelizzazione. Lo Spirito è il movente, è l'anima, è la causa efficiente per l'evangelizzazione perché è la relazione antonomastica tra il Padre e il Figlio e tra il Figlio e il Padre.
Lo Spirito, essendo la relazione, è anche la realizzazione personale perché non può esserci personalizzazione senza relazione. Se una persona si vuole realizzare come tale, si deve relazionare.
Papa Francesco invita tutti quelli che costituiscono il Corpo mistico di cui Cristo è il capo e noi le membra, ad animarsi dello Spirito per realizzare la relazione con il mondo umano. Ma questo non è tutto caratterizzato dalla fede cristiana. Nel mondo, una minoranza soltanto ha aderito al Vangelo di Gesù e quelli che vi hanno aderito, hanno la caratteristica della divisione per cui si presentano al resto del mondo con una ridotta capacità testimoniale. Ciò significa che il Vangelo presentato non è caratterizzato dal suo spirito che è la "bella notizia".
La "bella notizia" non può restare fuori della persona perché è "bella notizia" se viene posseduta dalla persona che si trasforma in vita quotidiana. La "bella notizia", significa che la persona, una volta trasformata, inerisce all'esperienza gioiosa che è il fine dell'annuncio nuovo dell'evangelizzazione.
Un'evangelizzazione che è mortificante, non dà nessuna possibilità di testimonianza evangelica.
La nuova evangelizzazione o porta la persona ad appropriarsi del senso del Vangelo che è gioia oppure non è assolutamente evangelizzazione. Quindi, è fondata sulla relazione che è lo Spirito Santo. Se la persona non si mette in relazione con Lui, può incorrere in grossi rischi: o annunciare il Vangelo in modo angelico, mistico, astratto, campato in aria più semplicemente, oppure fa un annuncio sociologico, di tipo antropologico solamente senza superare la limitatezza della storicità che non è mai adeguata a rispondere al bisogno profondo che l'uomo ha e che è quello della trascendenza perché tende all'infinito, al possesso pieno della gioia, quindi, non limitato, non cronologico, un annuncio che non è assaporato dall'annunciatore e non è capace di raggiungere la persona perché finisce per essere un nozionismo astratto o un nozionismo sociologico storico che non dà alla persona la risposta sul senso della propria esistenza.
Su questo punto è necessario fermarsi personalmente perché è essenziale cogliere che l'evangelizzazione non è un movimento politico né partitico, ma è un movimento che porta le persone a costituire un popolo che, stando nella storia, vi produce un cambiamento dandole un senso definito che è quello del superamento della situazione concreta.
Un'evangelizzazione che sia solo astrazione, non serve, così come un'evangelizzazione che si fermi solo all'interno delle problematiche antropologiche, sociali e politiche, non serve.
L'evangelizzazione comporta inevitabilmente l'adesione alla storia, ma con una prospettiva fuori dalla storia. E' storico e metastorico il processo della nuova evangelizzazione.
Quindi, non è possibile realizzare l'uomo se lo si mutila nella sua aspirazione profonda che è quella di abbattere il muro del limite. L'evangelizzazione nuova non deve perciò aver paura di presentarsi con le caratteristiche proprie dell'evangelizzazione che non può essere un assistenzialismo né può essere ricondotta ad un elemento transitorio, perché l'uomo nella transitorietà non trova l'interezza della propria personalità. L'uomo, allora si realizza come persona, quando supera il limite, altrimenti, immesso nella limitatezza, è come se fosse mutilato, come se non avesse l'anelito a costruire interamente la propria dignità.
Nel cap. V dell' "Evangelii Gaudium" è detto chiaramente che invocare lo Spirito non è un optional, ma significa entrare nella dimensione dello Spirito. Questa, oltre ad essere una motivazione di fondo, è una costituzione per un'evangelizzazione che sia veramente tale e non può essere una didascalia o un'informazione o un indottrinamento.
L'evangelizzazione è un vissuto personale in relazione al sociale con una modificazione interna. Il che significa che solamente se la persona trova dal di dentro le motivazioni per l'azione, questa è espressione di libertà. Ma se l'azione non scaturisce dalla motivazione interna alla persona, la stessa azione può essere considerata un vincolo imbrigliante che imprigiona la persona, che va contro la stessa dignità della persona.
Ecco perché l'evangelizzazione non viene fatta dagli altri, ma può essere data solo dalla persona per se stessa che evangelizzandosi, evangelizza. Se non si evangelizza, non può evangelizzare.
Questo passaggio dell'evangelizzazione non è un rimbombo, ma una sorta di scelta di fondo della propria esistenza. E' dare il senso alla propria vita per non incappare nel modello di istituzionalizzazione, di ruolizzazione, di forma esterna che viene imposta alla persona, perché questo modello è contro il Vangelo che, nella sua essenzialità, è accoglienza profonda del divino nell'umano personale perché l'umano non è all'esterno dell'uomo. Nulla di ciò che è umano è mancante a me. Ognuno di noi deve poter dire: "Tutto ciò che si riferisce all'umano mi riguarda". Ma proprio perché ci riguarda, ci appartiene come modello inalienizzante, ci riguarda dal punto di vista costitutivo perché la vita umana dentro ciascuno di noi è la stessa vita che sta dentro l'altro ed è la stessa vita che sta dentro l'universo.
Questa vita, nella sua totalità, mi appartiene e di questa vita io sono solamente una manifestazione, mai sono il monopolizzatore. Non posso essere quello che affossa una parte della vita in sé.
L'evangelizzazione significa che in me la vita ha la risonanza del Vivente che si realizza in me e si manifesta negli altri e questa manifestazione non può che essere gioiosa perché è realizzativa in quanto è una relazione.
L'evangelizzazione, pertanto, oltre che essere motivata nello Spirito, è goduta nello Spirito. Una persona che agisce in un determinato modo per obbligatorietà, diciamo "missionaria", falsifica il Vangelo. L'evangelizzazione, per essere autentica, deve corrispondere alla realizzazione personale e gioiosa perché la "bella notizia" passa per il midollo delle proprie ossa. Allora io ti do una "bella notizia" perché ne sono consapevole fino in fondo in quanto l'ho sperimentata. E' come fare una torta con una ricetta particolare e dopo che ti sei appropriato del gusto e del suo effetto, puoi dire all'altro che quella torta è ottima e va mangiata. Se non la cogli nella sua essenza, non devi presentare la torta all'altro.
Il mondo è rimasto lontano dal Vangelo perché questo lavoro di appropriazione dentro la persona presuppone innanzitutto che la persona sia tale. Ma il sistema societario si illude di essere in uno stato democratico con il potere in mano al popolo. Questo presuppone la crescita dei singoli che ha una convergenza nella finalizzazione collettiva. Purtroppo, noi siamo troppo abituati a vedere il popolo come massa per cui gli si impone una dimensione o un'altra, una religione o un'altra a seconda che si nasca in un posto o in un altro. Così, per esempio, si impone come obbligo l'accesso al sacramento: "Se non ti cresimi, non ti puoi sposare"...
Questa è una mentalità ricattatoria non liberatoria. Non si può amministrare un sacramento sulla base di un ricatto. Questi sono processi che comportano un'organizzazione religiosa, ma bisogna vedere se sul piano della naturalità, l'accesso al matrimonio sia antecedente o susseguente all'intervento della religiosità perché questa nobilita il naturale, non lo espropria.
Vedete, allora, come all'interno della struttura del popolo, sia sul piano sociologico che su quello ecclesiologico, la persona viene defraudata della sua dignità e della sua possibilità di fare scelte responsabili che richiedono, ovviamente, una maturazione del singolo, ma questo avviene attraverso le esperienze che accompagnano la persona nel percorso della propria vita.
Queste cose urtano la suscettibilità, ma quando io vado a parlare con una realtà umana che non è aderente a questa o a quell'altra religione, non posso imporre niente. Se voglio dialogare con uno che non ha avuto la possibilità di aderire ad una religione o ad una fede, io devo lasciarlo nella libertà del suo essere che è alla ricerca della sua fede.
La nuova evangelizzazione deve tener presente questo anche perché adesso si è in minoranza, ma fino a qualche decennio fa nelle scuole pur non essendoci l'obbligo di partecipare alle lezioni di religione, era, in pratica, come se ci fosse stato, perché chi aveva il coraggio di chiedere l'esonero, restava in corridoio esposto alle critiche.
Questo non dà il tempo alla persona di fare una scelta e così si verifica che il battesimo si fa ai bambini appena nati per evitare questioni. Quando si lasciano crescere i figli in attesa che vogliano aderire o meno ad una fede, si viene guardati con sospetto.
Nel 1956, il vescovo di Prato, Pietro Fiordelli, dichiarò "pubblici peccatori" due coniugi che si erano sposati solo civilmente. Oggi i matrimoni civili crescono a dismisura, ma nessun vescovo si permette più di dire una cosa del genere.
Una volta fui invitato a celebrare un matrimonio civile e parlare, ovviamente, del Vangelo, ma mi fu impedito con la minaccia di scomunica. La mentalità è la stessa.
Papa Francesco scrive queste esortazioni, ma restano carta stampata perché la modificazione della mentalità è filtrata dalla singola persona. Ciascuno di noi veramente si mette in discussione per cercare di cogliere il senso della nuova evangelizzazione? Questo è l'interrogativo! Ho capito finalmente che l'evangelizzazione presuppone il cambiamento interiore? Ho colto che l'evangelizzazione passa per l'autenticità della relazione?
La relazione è legata alla Persona che si chiama Spirito Santo per cui io entro in relazione con l'altro se ho la disposizione di fungere da acqua che accoglie l'altro senza pretenderne la mutilazione, ma l'accoglie così com'è. Il che significa che la relativizzazione della morale diventa obbligo nelle relazioni in forza dello Spirito. Se lo Spirito viene estromesso dal processo di evangelizzazione, questa non si verifica!
E così abbiamo a Napoli 300 parrocchie che sono una definizione territoriale, uffici burocratici dove vengono stampati i certificati, ma la relazione comunitaria che è la cellula che costituisce il popolo per avere una convergenza sulla finalità che è la liberazione dell'uomo, perché senza libertà non può esserci gioia, è una cosa che non passa per le parrocchie. Anzi, il più delle volte, dalle parrocchie passa l'obbligo dell'indicazione verticistica e non l'espressione elaborata dal popolo perché il popolo non è mai diventato tale in quanto, per esserlo, dovrebbe avere le leve del potere decisionale. Se non ha alcuna opportunità decisionale, il popolo è sempre un... sottopopolo!
Pensate che dal Concilio Vaticano II sono stati indetti i Consigli Pastorali Parrocchiali, ma quasi in nessuna parrocchia funzionano perché dovrebbero essere delle dimensioni democratiche all'interno delle varie parrocchie. Invece, c'è una struttura talmente piramidale e verticistica per cui non siamo proprio educati a dare la nostra partecipazione perché la nostra volontà non ha mai l'aspetto decisionale se non nell'ambito della propria individualità.
Comunque, l'evangelizzazione passa per l'autoevangelizzazione. Se non c'è quest'ultima, non puoi permetterti di dire: "Io ho evangelizzato". Chi di noi si è fatto il percorso per l'autoevangelizzazione che corrisponde alla formazione?
Papa Francesco dice che molte persone, se non hanno aderito ad alcuna fede, non per questo sono prive di una loro fede per cui se noi spostiamo il mirino dalle religioni all'antropologia, abbiamo maggiore facilità di incontro e di dialogo.
Quindi, un'evangelizzazione più corrispondente ai tempi moderni è quella che recupera l'essenzialità dell'umanizzazione che già di per sé è evangelizzazione, cioè, quanto più ci umanizziamo, tanto più siamo evangelizzatori, quanto più ci evangelizziamo in senso religioso, tanto meno siamo evangelizzatori.
Questo non lo dico io: è Gesù che si comporta così perché non ha mai etichettato le persone.
Quando facciamo un lavoro profondo dentro di noi, ci rendiamo subito conto che siamo spezzettati dentro, cioè diciamo e facciamo tante cose senza condividerle, ma per motivo di oppressione culturale che può essere anche religiosa. Se uno nasce in un paese cattolico, ha un imprinting cattolico, uno che nasce in un paese protestante ha un imprinting protestante, ecc..
Fondamentalmente, le varie realtà personali che si incontrerebbero con una certa facilità, a motivo di quelli che esercitano il potere che etichettano tutti, si trovano ad essere messe da una parte o dall'altra come se niente fosse. Ma se noi veramente vogliamo quello che abbiamo elaborato dentro, lo perseguiamo anche se ciò comporta l'andare controcorrente.
Io non sono poi andato al Comune a celebrare il matrimonio civile per non dare adito a scomunicarmi... Ma se io non voglio essere scomunicato, con quale criterio può farlo un altro nei miei confronti? Noi non abbiamo il rispetto della dignità della persona che viene etichettata dal di fuori.
Abbiamo messo tante etichette su cose che non esistono: non esiste il "capitalismo", non esiste la "chiesa cattolica", ma esistono delle persone che pensano ed hanno un senso. Il nostro compito è quello di non farci incapsulare ed assoggettare nelle definizioni, ma di uscire fuori dalle categorizzazioni.
Se noi crediamo in determinate cose, o c'è questo Papa o ne viene un altro, noi crediamo lo stesso in quello che... crediamo. Non può venire uno dal di fuori a dire di fare così o colì.
Tutti quanti, ad un certo punto della nostra vita, ci rendiamo conto di esistere e di avere dentro il criterio per vagliare se una cosa che viene detta dal di fuori ci corrisponde o meno. A tutti capitano queste occasioni...
"Scuola", per esempio, significa "tempo libero", "tempo del divertimento", ma poi c'è l'obbligo della frequenza... Qui comincia il contrasto: sono libero o obbligato?
Così come la Chiesa indice la "festa", ma "di precetto"... Così come la forza dell'ordine della persona che è tendente alla felicità, diventa l'ordine della forza che viene ad opprimere la sua libertà...
Allora, ecco perché cambiando radicalmente il significato delle cose, ci troviamo ad essere deformati mentalmente. Per poterci svegliare, stiamo facendo il tentativo di accorgercene, ma bisogna che ciascuno si interroghi per conoscere se la propria posizione scaturisce dalla propria libera scelta o è una scelta dietro forzatura.
Come vivere i sacramenti e la Chiesa? Gesù viveva e, stando con i Suoi amici, un giorno disse: "Io vi lascio me, io vi regalo me. Ogni volta che farete questo, fatelo in memoria di me (cioè ogni volta che anche voi vi donerete come io mi sto donando a voi)".
Noi abbiamo il concetto di sacramenti statici. Non riusciamo a capire che il sacramento per eccellenza è una persona che si chiama Gesù Cristo. E' Lui il segno che ha portato la divinità e la spiritualità tra gli uomini.
Come si è manifestato quest'unico sacramento che è Gesù Cristo? In mille maniere diverse a seconda delle esigenze: una volta ha parlato, una volta ha mangiato, una volta ha guarito, una volta ha preso la frusta... Lui è il segno che ha vissuto nella Sua realtà.
Non ho detto che i sacramenti sono superflui. Ho anzi esteso il senso del sacramento scardinandolo dalla situazione che li presenta quasi come un gioco di prestigio magico. Ho collegato la sacramentalità alla Persona di Gesù Cristo che è dentro di noi e che ha detto di essere un tutt'uno con noi. Quindi, ciascuno di noi è sacramento e sacramentalizza tutto quello che fa: "Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, tutto fate alla gloria di Dio" (1Co 10,31). Se sei sposato o non lo sei, se tu vivi una determinata dimensione di carica straordinariamente divina, è sacramento.
Gesù ha fatto i sacramenti quando si è trovato a farli, risuscitando i morti, guarendo i malati, ecc.. Ha riempito tutta la Sua vita di sacramentalità, non l'ha svuotata ritenendo sacramenti solo alcuni gesti... Il sacramento è ogni realtà che può portare la persona da un livello storico ad un livello metastorico.
Se anche noi vogliamo fare così, ci dobbiamo liberare da una quantità di sovraccarichi nei quali siamo infilati. E' difficile, perché siamo come animali ammaestrati: ci facciamo la croce, ci battezziamo, ci sposiamo, la sposa mette l'abito bianco, ecc.. Siamo prigionieri di una quantità di categorie concettuali. Alcune possiamo metterle in crisi e le verifichiamo. Altre vanno in automatico...
Perché Gesù è stato accusato di essere bestemmiatore? Perché faceva... perdere la fede! Lui si presenta nella storia come segno di contraddizione.
Quando alcuni Greci si presentarono a Filippo, con le loro categorie concettuali di filosofi e gli chiesero di essere presentati a Gesù, Filippo li portò da Giovanni e questi li portò a Gesù. Ma Gesù non usò alcuna etichetta per presentarsi. Disse invece: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo. Se, invece, muore, dà molto frutto" (Gv 12,24). Voleva dire: "Se non vi liberate dal vostro modello preconcetto, non avete alcuna possibilità di conoscere me, perché io non sono quello che voi avete in testa, ma una realtà completamente diversa da quello che pensate".
Se non c'è l'alterità, non c'è relazione. Se io, Antonio, non mi dissocio dal modello che tu hai nella testa di come io debba essere, io rimango catturato dal tuo preconcetto. Nel momento in cui riesco a non importarmi della tua congettura e mi manifesto per quel che sono, allora io sono. Altrimenti sono un prolungamento tuo.
Anni fa, allestii un albero di Natale nella Galleria "Principe di Napoli", addobbato con preservativi. Volevo mettere in evidenza, con un linguaggio immediato, che il Natale, che è il nascere, e, quindi, l'esistere, il prendere consapevolezza della propria dignità, una volta diventato consumistico, perde il suo significato e diventa un contraccettivo, un aborto del Natale.
Inoltre si usa fare il presepe sul modello del '700 senza pensare che in questo modo, si immobilizza in quel secolo la nascita di Gesù che è sempre attuale. Quindi, o facciamo un presepe per l'uomo di oggi o non lo facciamo.
E' chiaro che tutto ciò comporta un rischio, è pericoloso, ma è proprio in questo che c'è l'inizio dell'evangelizzazione. L'altro si incuriosisce se ti vede gioioso e ti chiede: "Come mai sei gioioso anche se stai morendo?".
I primi cristiani andavano cantando incontro alla morte e nei primi tre secoli furono testimoni della gioia del Vangelo ed evangelizzarono in questo modo. Il fatto di riferirsi al Papa è venuto dopo, con il cristianesimo. Ora Papa Francesco dice: "Chi sono io per giudicare?".
Per noi è difficile capire questo perché vogliamo sempre sapere da un altro che cosa dobbiamo fare. Gesù dice: "Non avete in voi stessi la coscienza?" (Lc 12,57).
E' difficile prendere atto della propria consapevolezza... E' difficile che una persona si appropri di sé... E' difficile che si autoevangelizzi...
E' pericoloso, ma se non attraversi il pericolo, non puoi essere tu e, nel momento in cui ti interpellano, perché hai creato la difficoltà, devi trovare la modalità per dimostrare di non essere quello che si credeva che tu fossi. E' così che si cominciano a fare delle scelte personali.
Ci si può pure ribellare a certe situazioni. Gesù disse: "Non sono venuto a portare la pace, ma la spada" (Mt 10,34), ma bisogna vedere come fare... il ribelle perché è difficile. Per farlo, si deve avere la forza di cambiare le cose.
Quando stavo in seminario, nei tempi in cui i seminaristi venivano segregati, riuscii a farli uscire in bicicletta e a farli studiare presso le scuole esterne. Ma queste formule innovative bisogna prima assumerle e poi modificarle.
In questa Chiesa dove ora stiamo parlando, anni fa, mi fu impedito di celebrare un matrimonio... Ci vuole tempo... La vita comporta la necessità di andare alla radice del perché.
Che significa quell' "Obbedientissimo in Cristo" di Primo Mazzolari? Significa che devi avere dentro di te una capacità tale da mettere l'autorità che ti dà i divieti, nella condizione di rendersi conto che sta sbagliando, perché devi avere l'opportunità di amare anche il tuo nemico.