IN PULLMAN
Stiamo andando a visitare l'abbazia di Montecassino. La parola "abbazia" viene da "abbà" (padre) in riferimento a Dio. Col passar del tempo, poi, l'abbazia è diventata, in effetti, la casa dell'abate.
Gli abati divennero anche possessori terrieri che determinavano addirittura il prezzo del prodotto agricolo e, quindi, curavano l'economia generale che si reggeva solamente sui prodotti dell'agricoltura. Successivamente sono subentrate l'industrializzazione e l'informatizzazione, ma prima la ricchezza era legata alla terra.
Gli abati, quindi, erano quelli che detenevano il potere economico ed avevano la prelatura nullius che rendeva autonoma ogni abbazia. Non erano sottoposti nemmeno al vescovo.
Quando un'abbazia cresceva troppo, se ne fondava un'altra altrettanto indipendente che aveva il suo abate e nessun padre generale come, ad esempio, esiste nell'ordine francescano per cui c'è una sorta di gerarchizzazione. Invece ogni abbazia benedettina è autonoma.
La parola "autonomia"deriva da "auto" che significa "se stesso" e "nomos" che significa "legge", cioè avere la legge in se stesso che vuol dire avere il culmine della libertà.
La persona ha la caratteristica della dignità in quanto è in grado di gestire la propria unicità. Se si toglie alla persona la gestione della propria realtà, si toglie... la persona alla persona! E' il massimo della frustrazione, cosa che si sta cercando di fare negli ultimi tempi.
Con l'incontro di oggi, terminiamo un percorso che abbiamo fatto e che abbiamo chiamato "Incontri di liberazione per raggiungere la felicità". Per arrivare alla felicità, è indispensabile la libertà e questa ci richiama all'autonomia.
L'autonomia ci riporta all'abbazia, cioè alla casa del Padre che è quella che Dio ha messo in noi ed ha un riferimento alla Terra Promessa che si riassumeva nel tempio dove c'era l'arca che conteneva le tavole della legge di Dio che la persona ha dentro di sé quando raggiunge la propria autonomia, quando cioè, sa che non deve dipendere dalla legge, ma questa è un'espressione della propria identità personale e sociale. La legge, cioè, aiuta il soggetto a costruire la propria identità che non può prescindere dalla socialità perché la personalizzazione avviene mediante la relazione con gli altri.
Quanto più la persona è in grado di mettersi in relazione con gli altri, tanto più si realizza nella propria identità che è in stretta relazione con il proprio idioma che richiama il vedere (video). Cioè mi vedo dentro e mi esprimo per quel che sono e, così facendo, attuo la mia capacità che diventa attitudine ad avere esattamente la realtà straordinaria che Dio ha creato come unica, irripetibile e destinata ad avere l'identificazione con Lui.
Il discorso è molto denso perché da quell'id deriva anche dì (luce) che poi è Dio. Quindi, l'identità della persona è la divinità che è dentro di lei, la sede... dell'abbazia.
Non bisogna, quindi, vedere l'abbazia solo dall'esterno, come una costruzione. La persona (supersuono) emette il suono al superlativo perché manifesta, sul piano epifenomenico, esterno, quella che è sul piano noumenico, del pensiero. Ora, la persona, nella sua specificità, è una realtà invisibile. Ciò che si vede è la corporeità, la fisicità, il linguaggio, l'esterno.
Dell'abbazia dobbiamo cogliere l'aspetto della sacralità, la sua costruzione poderosa ci deve rimandare alla dimensione della consistenza, della permanenza, dell'essenza, della continuità.
La tematica di oggi è: "La storia nei monumenti". La storia è il percorso. Una cosa è storica se sta nell'evoluzione che ingloba la precarietà, ma manifesta l'anelito alla provvisorietà.
Il precario è ciò che è carente, che scompare. La provvisorietà è quella che permane, è il vedere prima ciò che sarà (ritorna l'id, il video, l'identità, l'idioma, l'idea. Quest'ultima è l'origine del linguaggio perché se non ho nulla dentro, non ho nulla da manifestare fuori.
Se mi soffermo soltanto all'aspetto esterno, deprivo la realtà della sua essenzialità. Pertanto, l'abbazia deve essere colta nella sua dimensione di sacramentalità, di segno esterno che mi riporta all'essenzialità nascosta perché la stabilità del monumento non la posso ridurre alla storicità intesa come realtà a se stante, ma la storicità deve cogliere l'anelito verso la permanenza, verso l'essenzialità per cui è intrinsecamente pregnante di una dimensione escatologica.
La storicità e l'escatologia sono realtà strettamente collegate.
Questo è un discorso di una pregnanza tale che non dovete fermarvi alla sonorità delle parole, ma dovete andare all'aspetto semantico, al riferimento contenutistico.
A che cosa ci rimanda? La nostra è una realtà che è collegata alla storicità, ma Gesù dice: "Voi siete nel mondo, ma non siete del mondo".
Essere del mondo significa venire fagocitati dalla storicità. Non essere del mondo significa che la nostra essenzialità si colloca nell'ambito della trascendenza, al di fuori della realtà.
Quindi, ogni sacramento ha sempre una manifestazione del segno di una cosa; poi scompare il segno e resta solo la cosa, cioè l'essenza.
L'uomo, nella sua essenza, è parte integrante dell'abbazia. Troviamo il riferimento all'essere pietra viva della persona nel "Pastore di Erma" (testo paleocristiano) e in S. Paolo che dice: "Voi siete tempio di Dio" non in senso anacronista alla storia, ma pregnante della storia per cui se questa non ha una finalizzazione, è una storia vuota.
Allora, il monumento, più che essere contemplato, deve essere utilizzato come stimolo per la costruzione della propria abbazia nell'autonomia che conduce alla felicità.
A MONTECASSINO
La parola più importante dell'esistenza è il silenzio, come abbiamo detto a conclusione della serie di incontri che abbiamo portato avanti fino ad arrivare in questo luogo.
Qui vicino c'è la frazione di Caira nel cui carcere fu rinchiuso Ludwig Wittgenstein, esperto di linguistica che durante la prigionia scrisse su cartoline e mandò a Bertrand Russell, in Inghilterra, un trattato logico - filosofico perché gli era impedito di scriverlo.
Questo per dire che la parola è l'aspetto vitale del monumento. Stamattina, in pullman, vi ho fatto fare tutta una serie di considerazioni sull' "abbà" che è una delle prime parole che il bambino pronuncia. Ma il bambino nel dire: "B b b" non sa il riferimento semantico con la realtà. Ogni parola ha una quintuplice relazione: grammaticale, sintattica, etimologica, semantica e onomatopeica.
La parola del bambino è una relazione onomatopeica perché il pronunciare "B b b" e "M m m" non ha alcun significato per lui. E' solo un fatto di fonema labiale. Le consonanti labiali sono le prime ad essere pronunciate. In seguito, il bambino deduce che quelle parole, gli adulti le hanno attribuite a "babbo" e "mamma".
Ma la parola è un contenitore. Eliot diceva che si può studiare la storia dell'umanità attraverso una sola parola, chiedendosi: "Come questa sorge?". Per esempio: come sorge "Napoli"?
"Polis" sorge in Grecia e vuol dire "città" . Quando con la Magna Grecia fu fondata un'altra città, questa fu chiamata "neos" (nuova) da cui "Napoli" (città nuova).
L'abbà che significa "babbo", "abate" è il livello di maturità a cui si giunge dopo l'esperienza dell'adolescenza fino a diventare "pater familias". Quindi, l'abate diventa "padre" quando raggiunge la maturità della propria crescita.
La parola raggiunge la maturità della propria crescita quando arriva al destinatario.
Il monumento appartiene al linguaggio architettonico che si affianca alla parola.
La parola è la storia dell'uomo. L'abbazia, come monumento, diventa parola architettonica che dà il segno della permanenza nell'essere. Questo, però, deve necessariamente dialettizzarsi con l'aspetto di precarietà (nel caso di Montecassino, con le bombe, la distruzione, il terremoto).
C'è alternanza tra l'esigenza del radicamento, dell'abbarbicamento nell'essere e, al tempo stesso, dell'esperienza che è un procedere permanente perché l'esperienza è fluttuante.
Pensate che le emozioni sono l'aspetto più profondo della nostra vita e l'emozione è nella comunicazione e, quindi, nel linguaggio che è l'aspetto manifestativo di ciò che si registra dalla realtà che muove la persona mediante l'appercezione ad una risposta esperienziale. Diventa un parto permanente nella dialettica della persona che entra in relazione con l'ambiente, riceve lo stimolo e reagisce con l'emozione che si stabilisce nel sentimento.
Il sentimento più radicato e permanente è quello dell'amore.
Il monumento è l'emblema più chiaro dell'emozione stabilizzata di fronte alla precarietà storica. Allora, laddove vogliamo coniugare la storicità con il monumento, dobbiamo necessariamente fare l'incontro con il linguaggio.
Il linguaggio della persona comporta inevitabilmente la soggettività della realtà personale che contiene la storia come un seme, pregressa nella sua successione di milioni di anni.
In questa successione, l'uomo racchiude in sé il contenuto esperienziale di generazioni e generazioni umane e infraumane. Dal momento in cui il DNA comincia a cogliere la possibilità di adattarsi al nuovo mediante la modificazione nella dialettica epifenomenica esterna, ci dà già la radice tra... monumento e storia, tra persona che emette il linguaggio e soggetto che è sempre identico come soggetto, ma dinamico come espressione.
Com'è vero che nella parola c'è la storia dell'umanità, com'è vero che nel DNA c'è la storia della vita, com'è vero che nel seme c'è la storia della botanica, è altrettanto vero che nell'uomo c'è la storia che va dall'alfa all'omega. Così nel monumento, casa di Dio, abbazia, è sacramentalmente collegata la sfera del tempio di Gerusalemme che diventa la Terra Promessa che è esattamente l'anelito inglobato nel linguaggio.
Il linguaggio sorge come manifestazione escatologica perché ogni qualvolta un uomo pronuncia una qualsiasi parola, mette fuori la sua sacramentalità di realtà in speranza.
Provate a pronunciare mentalmente una qualsiasi parola, per esempio, "farfalla". Non potete cominciare a dire "far" se non avete già programmato di pronunciare il resto. Quindi, quando comincio a pronunciare una parola, io devo già avere la prospettiva continuativa, escatologica, finalizzata.
L'uomo è l'unico che parla nel senso che ha inglobato un modello di speranza. Dico l'uomo intendendo il genere umano nel quale la parte femminile è più inerente al linguaggio prospettico.
In antropologia si dice che la donna è già ciò che sarà in futuro. Il che significa che la donna è realtà prospettica in quanto si manifesta.
Per questo motivo, la parte sinistra del cervello dove c'è la sfera del linguaggio, è ipotrofica nella donna, cioè meno sviluppata perché funziona molto meglio.
Se c'è l'ipertrofia che comporta l'ingrossamento degli organi, vuol dire che questi non funzionano bene.
Dunque, nella donna il centro del linguaggio è ipotrofico. Per questo motivo le bambine cominciano a parlare e a camminare prima dei maschi.
La parte femminile del genere umano, quindi, è più sacramentale per quanto riguarda l'aspetto prospettico, cioè coniuga meglio il monumento con la storia. Il monumento come permanenza, la storia come evoluzione.
Questa dimensione presente nella realtà femminile è in formazione, perciò si dice che la donna è mobile perché ha permanentemente una capacità adattiva e progressiva molto più rapida di quella del maschio.
Oggi stiamo vivendo un tempo particolare di grande dinamicità: è il tempo dello Spirito Santo che è la parte spirituale della relazione nel linguaggio d'amore tra il Padre e il Figlio.
Quando vogliamo recuperare la Terra Promessa (sto facendo dei salti mortali per cui se non collegate gli argomenti, vi perdete), il tempio nella Terra Promessa, l'arca nel tempio, il monumento, l'abate, la promessa, la prospettiva, il linguaggio, la storia, diventano un tutt'uno se la persona, nella sua profondità, coglie che è la parte costitutiva del tempio e cioè la parte che costituisce la divinità che non è più statica, ma è la divinità dinamica perché Dio è l'Evolutore. In quanto tale, Dio chiama in relazione dinamica ogni persona che nell'esprimersi nella sua totalità, attua il progetto della promessa fatta ad Abramo.
Adesso cercate di collegare: Abramo va a finire in Egitto. Da qui va verso la Terra Promessa, la Palestina che simboleggia non la terra, ma una persona, Gesù Cristo che costituisce il Corpo Mistico di cui noi siamo membra attive, paragonati a "pietre vive".
Ho fatto un excursus rapidissimo per coniugare dentro ciascuno di noi questa realtà che emerge, si manifesta nello zampillo di acqua viva che fuoriesce nella parola, ma la parola sintetizza il monumento, la storia, il sacramento che è segno dell'unico sacramento che è il Cristo ed è il divenire di ciascuno di noi, realtà mistiche. Per questo Paolo dice: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" e anche: "Adempio in me quello che manca alla passione di Cristo".
"Passione" non intesa in senso di sofferenza perché tutto il discorso futuro è quello di liberarci e di superare il modello del peccato. Quindi, no all'amartiocentrismo (il peccato al centro).
Gesù Cristo non ha mai parlato di peccato originale. Ne comincia a parlare S. Agostino, ma siamo già nel IV secolo d.C.. Noi siamo infarciti di mentalità peccaminosa. Bisogna superare il modello del peccato e passare ad un modello cosmocentrico.
Nell'ultimo incontro abbiamo parlato di S. Tommaso che trascorse diversi anni a Montecassino e poi andò a studiare all'Università di Napoli dove Pietro d'Ibernia lo introdusse allo studio aristotelico da cui venne fuori la filosofia aristotelica tomistica, condannata varie volte dal S. Uffizio e poi incensata al Concilio di Trento.
S. Tommaso ha dato origine al pensiero e, quindi, alla parola perché non si pensa se non per parola e ci ha dato la logica recuperata da Aristotele. Tutte le scienze, del resto, hanno preso le mosse dalla posizione aristotelica.
Questo è un discorso che applicato alla teologia, ci fa capire come l'uomo di scienza contemporaneo non ha assolutamente la necessità di opporsi alla teologia, ma la teologia e la filosofia devono camminare assieme per poter dare all'uomo quella ricchezza che è propria dell'uomo che si libera, attraverso la coscienza critica, del senso di colpa e del peccato ed entra come collaboratore creativo a rendere il cosmo più abitabile e più vicino al raggiungimento della felicità che l'uomo si prefigge in quanto realtà prospettica.
Vi rendete conto allora, che in questo momento di sintesi, se le parole che ho dette possono avere un riferimento da diluire in ciascuno di noi, possiamo essere parte attiva e creativa, cioè camminare ... a un metro da terra? Dobbiamo renderci conto che non siamo delle realtà che gli altri possono utilizzare. Questo è il pericolo del peccato contemporaneo che vorrebbe essere imposto. L'uomo si deve liberare da qualsiasi tipo di imposizione per cominciare ad esprimere, come creativo, la ricchezza di Dio che è in ciascuno.
Alcuni passaggi sono difficili per chi non è sufficientemente addentrato in queste tematiche che sono psicologiche, antropologiche, sociologiche e storiche, ma questo discorso, nella sua essenzialità è contenuto nell'antropologia perché ciascuno di noi ha una gran sete di stare bene.
Come si può realizzare lo stare bene? Se ci si lascia catturare all'interno del modello storico, questo è negativo per l'uomo che è autotrascendente. La cattura è antitetica all'uomo perché gli toglie la possibilità di essere autotrascendente, cioè di avere una finalità. Per esempio, non può parlare, come abbiamo già detto, se non ha la finalità di arrivare alla fine della parola. Questa è una caratteristica essenziale che ciascuno di noi sperimenta.
E' semplice fare il collegamento del monumento con l'arca che conteneva le tavole della legge con un'altra legge, non quella positiva esplicita, ma la legge del DNA che ha intrinsecamente il sistema di migliorare il processo evolutivo che S. Agostino chiamava "Le ragioni seminali". Noi siamo un anello dell'umanità futura.
Nell'universo si stanno verificando delle situazioni molto critiche per cui, più volte negli incontri che abbiamo fatto, ci siamo resi conto che non abbiamo assolutamente la possibilità di continuare a pensare allo stesso modo di cento anni fa. La conoscenza dell'universo è diventata molto più ampia. Adesso si parla del buco nero massiccio che è di una densità di materia talmente grande da risucchiare le galassie...
Dinanzi a queste realtà che ci dovrebbero sconvolgere non è più proponibile né annunciabile il modello religioso al quale eravamo abituati fino a 40-50 anni fa che comprendeva le gare di catechismo con la recita veloce della definizione di Dio: "Dio è l'Essere perfettissimo, creatore e Signore del cielo e della terra"...
Quello che ci interessa è che ognuno di noi può trovare nell'atto di criticità intimo, l'appartenenza alla dimensione relazionale permanente e questo è possibile solo se uno ha la consapevolezza di essere pietra viva del Corpo Mistico.
Ma se l'uomo è fatto per l'autotrascendimento che lo realizza, come mai resta, invece, abbarbicato alla materialità?
Perché maggiore è la tensione all'autotrascendimento, maggiore è la possibilità di perdersi nel nuovo. Allora scatta il meccanismo dell'appartenenza: più mi sento insicuro, più ho bisogno di rassicurarmi aggrappandomi al passato.
Ecco perché l'ambivalenza è sempre nella divergenza: appartenenza da una parte e protezione dall'altra.
Appartenere alla storia, al futuro, avere la prospettiva assiologica valoriale per il nuovo e, allo stesso tempo, essere spiazzati dalla novità che ci mette a confronto con una realtà sconosciuta.
Allora, se sono smarrito, ho bisogno di proteggermi e, quindi, cerco rassicurazione.
E se si riesce a liberarsi da tutte le zavorre del passato e procedere verso l'autotrascendimento in un mondo in cui la maggioranza resta legata al passato, non si rischia la solitudine?
Sì, la solitudine dei geni. Ogni genio inevitabilmente è solo perché dice delle cose che altri non dicono. Se dicesse quello che dicono gli altri, non sarebbe un genio.
Ma senza essere dei geni, le persone comuni come possono incidere nella realtà sociale?
L'incidenza non è difficile. Bisogna trovare il linguaggio adatto che è proprio quello che rende possibile la realizzazione della persona inserita nella struttura societaria perché il singolo non può considerarsi realizzato se si svelle dal contesto organico.
Come una cellula se non entra nel concetto di democratizzazione organica, è destinata a morire (per esempio, una cellula della pelle, per vivere, deve essere collegata al sistema nervoso, a quello irrorativo della circolazione e a quello linfatico per la nutrizione), così è per la persona.
Ho messo in evidenza un aspetto del linguaggio che tra le finalità gnoseologica o informativa, psicologica o espressiva, relazionale o sociologica, ha anche la finalità ontogenetica che è la realizzazione dell'essere in quanto tale se riesce a comunicare.
La comunicazione è elemento portante della nostra esistenza. Io ho contatti con migliaia di persone e tra loro ce ne sono tante che portano avanti questo discorso. Ognuno di noi deve cogliere l'opportunità di fare lo stesso nell'ufficio, nella scuola, in famiglia...
Essendo ciascuno parte integrante del tempio (simbolico) che ha delle caratteristiche di permanenza, ciascuno ha la possibilità di accedere all'organismo vivente che è quello del Corpo Mistico e, quindi, essere consorti di Cristo che entra nella storia per non lasciarla nella condizione di precarietà, ma per assumerla e portarla nell'eternità.
Il linguaggio, in quanto tale, è un segno che può essere di vari tipi: verbale, fattuale, reale, mimico, modale, sessuale, scritto, ideografico, ecc.. Il segno è transitorio, poi diventa segno e cosa. Infine, cessa di essere segno e lascia soltanto la cosa.
Noi siamo venuti qui, in visita ad un monumento che per noi è un segno che evoca, come abbiamo visto, la Terra Promessa, il tempio di Gerusalemme, l'arca e, alla fine, Gesù Cristo e ciascuno di noi.
Noi siamo immessi nella storia che è transitoria. Ma chi siamo veramente? Siamo appartenenti al Corpo Mistico di Cristo che è la parte finale dell'autotrascendimento al quale noi tendiamo.
Il barocco spesso ricopre le opere di lamine d'oro. Si tratta dell'oro zecchino che ha 22 carati ed una caratteristica di malleabilità totale per cui le lamine d'oro si possono plasmare perfettamente su ogni forma. Questo modellamento dell'oro sul barocco simboleggia la preziosità della dimensione divina che si modella alla novità dell'uomo. Dio Evolutore, cioè, è anche come l'acqua che si modella sull'oggetto che entra in essa e ne assume la forma. Dunque, non è l'uomo che cattura Dio nella propria categoria, ma è Dio che va a modellarsi sulla natura dell'uomo.
E' sconvolgente: non è Dio che impone a te la legge per obbligarti ad essere in un certo modo, ma è Dio che è morbido, è plastico per cui si modella sulla dimensione che tu gli vuoi dare. Cioè sei tu che crei Dio dopo che Lui ha creato te e ti ha fatto creativo.
L'oro che ci sia o non ci sia, ha un'importanza relativa, ma se è segno, se è sacramento, io devo cercare di capire fino in fondo che cosa mi vuole dire.
Il barocco sorge come forma artistica particolare, ma l'arte è l' "ar", è la trascendenza, è l'andare avanti, è il progredire. L'arte ti dà l'opportunità del movimento e, quindi, della novità, della vitalità. L'opposto dell'arte è l' "inerte", è la staticità.
Vedete che sono concetti che si intrecciano permanentemente, però ogni dinamicità trova un ostacolo nella persona refrattaria. Ma se la persona è dinamica e risponde ad ogni stimolo, ha centomila opportunità di azionare il... motore di avviamento.
Io posso prendere una cosa qualsiasi a modello. Può essere un insetto o una fogliolina... Quanto meno è chiara la forma, maggiore è l'obbligo della creatività, cioè, più la cosa è informe, più ci vuole impegno per capire di che cosa si tratta. Noi siamo abituati a leggere la realtà attraverso le precomprensioni.
Ognuno è la Realtà divina nella sua creatività. Quando tu più ti manifesti secondo le tue capacità trasferendole in attitudini, tanto più tu ti divinizzi e, facendo ciò, divinizzi... Dio il quale ha bisogno degli uomini, sta nelle nostre mani...
Invece, noi siamo abituati ad entrare nel tempio ed a piegarci davanti ad un Dio che alcuni uomini ci hanno presentato in un certo modo, e pensiamo che Lui ci abbia detto: "Tu o sei così o non appartieni a me!".
Questo è difficile perché siamo anche abituati ad osservare le leggi di Dio: "Non rubare, non fare questo, non fare quello, ecc." e a sottostarvi.
Dio, invece, sottosta alla nostra legge di maturità a mano a mano che noi ci esprimiamo nella nostra originalità.
L'esigenza dell'errore comunicabile è fondamentale perché la storia dell'umanità è andata avanti prevalentemente per errori. Per esempio, i contraccettivi sono sorti per errore mentre si stava studiando come rendere fertili le donne sterili...
Il confronto non può essere ipotecato dalla verità perché se questa diventa dogmatica, produce la fissità e non più la dinamicità.
Allora, avventurarsi vuol dire che io devo avere la capacità di rischiare l'errore perché in questo rischio trovo la via nuova. La natura è tale perché avanza per tentativi. Così viene fuori l'ornitorinco (unico mammifero che depone le uova per riprodursi), il mulo (incrocio tra asino e cavalla), il bardotto (incrocio tra cavallo e asina), ecc..
Il gruppo serve a chi ha meno forza di testimoniare come... genio perché il genio è raro. Il gruppo così supporta discretamente chi ancora non arriva all'elemento generale.