Viene letta una lettera, firmata dai partecipanti agli incontri di formazione, da inviare al Papa unitamente alla trascrizione dell'incontro del 16 u.s.:
Carissimo Papa Francesco,
siamo un folto gruppo di persone che si raduna nella Parrocchia di S. Maria della Libera in Napoli. intorno alla persona di P. Antonio Maione, psicologo e pastoralista e presidente dell'Associazione di promozione sociale "La mano sulla roccia".
Quest'anno stiamo approfondendo i contenuti dell' “Evangelii Gaudium” di cui ti alleghiamo la trascrizione di un incontro.
Ti scriviamo per esprimerti tutto il nostro ringraziamento per la tua presenza e per la freschezza delle tue parole che toccano sempre i nostri cuori e ci sono di grande aiuto nella vita quotidiana.
Sappiamo che anche per te la vita in Vaticano non è sempre facile per tutto il vecchiume sedimentato nei secoli.
Ti scriviamo per dirti che ti sosteniamo in questo difficile pontificato e ti ringraziamo per la meravigliosa svolta di apertura e di testimonianza evangelica che dai alla Chiesa e al mondo intero, improntata all’accoglienza e alla misericordia usando un linguaggio semplice, chiaro e coerente al messaggio di Gesù Cristo.
Noi ti siamo vicini e preghiamo per te perché tu possa superare tutti gli ostacoli che incontri sul tuo cammino.
Grazie, Papa Francesco!
L'altra volta ci siamo soffermati sull'introduzione all' "Evangelii Gaudium", titolo che coincide poi con la finalità ultima del senso dell'esistenza di ogni persona.
Le finalità possono essere intrinseche ed estrinseche. Le prime sono quelle che noi ci prefiggiamo e che, quindi, dipendono da noi, le seconde sono quelle che ci vengono dal di fuori e che non dipendono da noi.
Solo la persona, in quanto intelligente, può avere una finalità. Anche la sedia, per esempio, ha una finalità, ma è una finalità estrinseca perché è del costruttore che l'ha fatta perché ci si possa sedere. Usare la sedia, invece, è una finalità intrinseca perché è il soggetto che si prefigge di farlo.
Nella persona la finalità intrinseca coincide con quella estrinseca. Dunque, noi abbiamo una finalità nostra ed una di Chi ci ha costituiti.
L' "Evangelii Gaudium" è il Vangelo che diventa gioia, gaudio, ma questo non è un fatto estrinseco al Vangelo e il Vangelo è intrinseco alla persona. La persona, cioè, ha la finalità di essere felice ("gaudium") e poiché il Vangelo è "gaudium", la persona è Vangelo.
Il Vangelo non è al di fuori della persona. Ci viene dato dal di fuori perché Gesù Cristo si è presentato all'umanità invitandola ad imitarlo. Infatti ha detto: "Io e voi siamo un tutt'uno".
Dunque, il Vangelo che è sintetizzato nella persona di Cristo, si trasferisce in noi persone che siamo esseri intelligenti perché abbiamo un contenuto interno che possiamo esprimere.
"Persona" significa "supersuono". La sua espressione è in funzione del conseguimento del fine ultimo che è la felicità, cioè il "gaudium", cioè il Vangelo.
La finalità estrinseca può anche non essere corrispondente a quella intrinseca. Per esempio, se si dice: "Se fumi, danneggi i polmoni tuoi e quelli di chi ti sta vicino", questa è una finalità estrinseca che non coincide con quella intrinseca. La finalità intrinseca, infatti, è il voler stare bene anche fumando, ma chi fornisce le sigarette non si prefigge di fondere la finalità estrinseca con quella intrinseca perché quella estrinseca ha la finalità di rovinare le persone mentre queste hanno la finalità di essere felici.
Per essere felici è necessario armonizzare ciò che piace con ciò che dà la gioia. Il piacere aderisce ai sensi. La gioia inerisce alla persona.
L' "Evangelii Gaudium" è un'applicazione della "Gaudium et spes" ("Gioia e speranza") che è un documento conciliare che ruppe la mentalità pregressa perché riguarda la presenza della Chiesa nel mondo.
Che senso ha questa presenza? Quello di aprire gli occhi all'umanità sul suo fine intrinseco che è il conseguimento del "gaudium".
Questa è la speranza che si prefigge la Chiesa nel momento in cui entra in dialogo con l'umanità in modo tale che questa, in quanto tale, prescindendo dalla caratteristica di etichettatura religiosa, ha l'opportunità di entrare nel possesso pieno della propria finalità, altrimenti deraglia.
Infatti, se una persona si incammina senza poter raggiungere il fine che si prefigge, sta fuori binario. La persona allora può dire di realizzarsi nel proprio essere, allorché tutto ciò che pone è un avvicinamento al fine da conseguire. Quanto più si allontana da questo, tanto più sta fuori binario.
Ma la persona ne è sempre consapevole? Non ne è consapevole nel momento in cui la finalità non è esplicitata nel soggetto, ma questi che è intelligente, dovrebbe avere la maturazione per agire sulla base del convincimento esplicitato. Una persona tanto più è matura, quanto più riesce a prevedere le consequenzialità dell'atto che compie.
Se l'atto che compie lo avvicina alla finalità, allora è un atto responsabile, ma se l'atto che pone non l'avvicina al conseguimento del fine, è un atto che devia, è un atto corrotto (da "cor ruptum", "cuore rotto") perché si orienta verso la felicità, ma agisce per l'infelicità.
Questa spaccatura che si verifica dentro l'uomo, progressivamente produce la rovina, la conflittualità interna alla persona e, quindi, la finalità non è più il punto di convergenza dove tutti gli atti vengono ad avere una loro significanza, ma questi finiscono per essere laceranti per la persona.
Invece, la persona sintetizza tutto quello che fa. Se si frammenta, trova in sé l'esperienza distruttiva, cioè diabolica. La diabolicità è proprio questa spaccatura dentro.
L' "Evangelii Gaudium" è un'esortazione pastorale apostolica. La pastorale fa da ponte di congiungimento tra l'aspetto astratto e quello concreto, tra quello teorico e quello pratico, tra quello della dottrina e quello dell'applicazione pratica, cioè scende nei particolari perché in questi si va a verificare se la teoria è sufficientemente messa sulla linea del raggiungimento della finalità.
Ritorniamo sul concetto di finalità perché, purtroppo, noi non agiamo più per esplicitazione della finalità, ma siamo talmente abituati ad agire per consuetudine, che le cose che facciamo non passano più al vaglio della verifica anche se si sa che la persona deve svegliarsi dal proprio torpore, dal proprio sonno e prendere in mano la gestione della propria esistenza. E' facile osservare come sociologicamente le persone si comportano per abitudine e non per scelta libera.
Quando si fanno le scelte libere? Nelle grandi circostanze della vita (ma raramente). In genere facciamo tutto per automatismo. Non vorrei che anche a questi incontri si venga per abitudine...
Nel primo capitolo dell' "Evangelii Gaudium" ci sono alcuni punti su cui discutere per vedere come noi siamo o meno predisposti a prendere in mano la gestione della nostra vita.
Comincia con il punto I: "Una Chiesa in uscita". Possiamo anche sostituire "umanità" alla parola "Chiesa". L'etichettatura "Chiesa" è un'angolatura di tipo religioso già marcata da determinati comportamenti più o meno antiumani. Quindi: "Un'umanità in uscita".
C'è poi il punto II: "Pastorale in conversione". Della pastorale che finora è stata utilizzata come catturante e vincolante (si veniva scomunicati o messi alla berlina in caso di mancata osservanza), qui viene detto che si deve convertire. La pastorale si deve convertire!...
Per convertirci dobbiamo liberarci dalla mentalità verticistica, piramidale, gerarchica intesa sociologicamente ed infilata ecclesiologicamente.
Gesù non ha fatto una gerarchia di chi comanda e di chi deve ubbidire, ma una diaconia, un servizio.
Allora, "l'umanità in uscita" comporta che tutti i componenti dell'umanità sono chiamati ad esprimere la loro genuinità perché in essa è contenuta una ricchezza per l'umanità. Nessuno di noi, cioè, può esistere isolato nel proprio bozzolo perché siamo in relazione con la famiglia umana.
Il punto III è: "Dal cuore del Vangelo". Che cos'è il Vangelo nella sua essenzialità? E' una Persona che non ha assolutamente una collocazione esterna, ma interna a noi perché è il fine intrinseco ed estrinseco che si compongono: io tendo ad essere felice, Gesù vuole che io sia felice.
Viene così ad essere eliminata la legge come obbligo, ma la legge e, quindi, la morale, vengono intese come espressione della propria identità. Questo è difficile perché noi siamo abituati a pensare che le leggi sono precetti da osservare. Invece, l' "Evangelii Gaudium" dice che il cuore del Vangelo coincide esattamente con il mio cuore e nel mio cuore io non trovo che è fatto per sottomettersi, ma per esprimersi. Quindi, la morale di Gesù non è obbligante, ma realizzante.
Il punto IV è: "La missione che si incarna nei limiti umani". I nostri limiti, purtroppo, non sempre riescono ad essere elastici per liberarci dalle catene che noi stessi ci attorcigliamo attorno. Noi siamo i primi carcerieri di noi stessi. Abbiamo le proibizioni che vengono dal di fuori e le inibizioni che partono da dentro. Alle proibizioni spesso ci ribelliamo, ma delle inibizioni non siamo neanche all'altezza di accorgercene per cui subiamo delle prigionie messe in atto da noi stessi.
Quando veniamo a conoscenza di essere un dono meraviglioso che costituisce la comunità della famiglia umana, quanto più ci esprimiamo, quanto più entriamo in un rapporto dialettico con l'ambiente esterno, tanto più ci arricchiamo specialmente quando si mette in evidenza che il Vangelo è destinato ai poveri, ma non intesi come "miserabili". I poveri sono gli anawin di Dio, i disponibili, i liberi, quelli che non incarcerano se stessi.
Il Vangelo è talmente liberante per cui una persona può uscire all'aperto a fronte alta perché nessuno le può impedire di esprimere la sua novità e la sua originalità.
V ed ultimo punto del I capitolo: "Una madre dal cuore aperto". Il Vangelo predispone a questo. Il che significa che chi annuncia il Vangelo non lo può considerare come una dogana da superare per poter entrare in Paradiso (termine che si riferisce alla realizzazione, cioè al raggiungimento del "gaudium").
Mi sono appuntato alcuni paragrafi per l'approfondimento degli aspetti fondamentali di questo I capitolo per vedere se riusciamo a produrre tra di noi una sorta di metabolismo tra quello che sentiamo e quello che abbiamo dentro per tirare fuori una risposta.
Ogni dinamica, infatti, richiede il vedere, il giudicare e l'agire: vediamo di che cosa si tratta, vediamo noi che cosa abbiamo e vediamo come possiamo arrivare ad una conclusione operativa.
Ciascuno deve chiedersi: "Dentro di me, che posso fare per liberarmi dalle catene che ho contribuito a costruirmi?".
Probabilmente, noi del messaggio evangelico non abbiamo capito granché perché lo abbiamo inserito nelle nostre categorie. Invece, quanto dista l'Oriente dall'Occidente, così dista la mentalità evangelica dalla nostra. Noi abbiamo la mentalità della prigionia. Il Vangelo quella della libertà totale.
L'esortazione fa riferimento ad alcuni personaggi biblici. Abramo è il primo personaggio storico della Bibbia. Purtroppo molti ancora pensano che lo siano anche Adamo ed Eva, ma noi dei primi uomini non sappiamo nulla.
Dunque ad Abramo Dio disse: "Lascia la tua terra e va'", cioè: "Esci da te stesso".
Applicazione pratica: ognuno di noi deve lasciare la propria terra e andare fuori. Siccome questo è rischioso, si risponde con l'arroccamento. Questa è una reazione di tutti che si verifica quando vediamo una cosa diversa da quello che abbiamo in testa.
Capita nell'innamoramento quando ci si trincera e non si parla con la persona di cui si subisce il fascino, ma con un'altra neutra. Questo è il primo sistema di arroccamento.
Un altro lo fa il bambino quando, per esempio, urta la testa contro un tavolo e picchia il tavolo come se questo fosse il responsabile dell'urto e non lui stesso.
Un'altra forma di arroccamento viene fatta, sempre dal bambino, quando butta ripetutamente gli oggetti dal sediolone o quando gioca a "cucù settete" perché è come se dicesse: "La realtà la decido io. Sono io che anniento le cose e le faccio sparire e sono io che le faccio risorgere e riapparire".
A Mosé, poi, Dio disse: "Lascia l'Egitto e va' verso la Terra promessa" cioè: "Rientra in te stesso".
Il punto centrale, dunque, è il proprio mondo dove l'uomo fa fatica ad entrare e ad uscire per cui preferisce che gli altri gli dicano che fare.
Quindi, la comunicazione è un fatto impervio per cui la Chiesa si è sempre messa in una posizione difensiva.
Al profeta Geremia, Dio dice: "Tu andrai dove io ti mando" cioè: "Tu non c'entri".
Infatti la persona non può mai programmare fino in fondo la propria vita, né quando nascere né quando morire. Questa è la bellezza della nostra libertà.
E' difficile sapere quando siamo nati perché la vita non comincia con il taglio del cordone ombelicale (che separa solo due vite già esistenti) e non sappiamo quando siamo stati concepiti.
Per questo motivo è possibile cogliere l'esortazione del Papa se si ha il coraggio. Però, il più delle volte, noi abbiamo il coraggio di... non avventurarci per paura di sbagliare. Invece, il Papa dice che bisognerebbe avere paura... della paura di avventurarsi. Il coraggio è un'interiorità che si può esprimere.
Passo al II punto: l'uscita della parola è ontogenetica, cioè produttrice dell'essere. Una persona, allora si realizza, quando riesce a manifestare il proprio essere pensante. Ma poiché non si può pensare se non per parole, quando una persona riesce ad esprimere la sua parola, ha realizzato sé e così facendo, ha dato all'altro l'opportunità di stabilire una relazione costruttiva.
Dunque, la parola in uscita è un elemento realizzativo della personalità che è finalizzata al raggiungimento del "gaudium".
Se una persona si mutila della sua parola, si mutila anche della sua personalità e della sua realizzazione, cioè è... suicida!
Ma si può anche rinunciare alla parola perché non ci si capisce con l'altro?
McLuhan, esperto di doxologia dice che quando l'uomo ha parlato per una vita intera, ha detto solo le prime lettere dell'alfabeto. L'uomo non è mai comunicativo. Questo bisogna saperlo a monte. La comunicazione adeguata non è mai possibile perché la persona è unica e irrepetibile e il codice non può mai essere comune. Lo può essere sul piano linguistico, ma non su quello esperienziale.
Allora, la cosa meravigliosa è quella di doversi affidare alla disponibilità dell'altro che ci accoglie non dal punto di vista noetico, ma da quello amatorio. Se ci si sente amati, ci si sente anche compresi, ma se non ci si sente amati, è inutile fare discorsi filosofici.
Se ad uno manca l'esperienza fatta dall'altro, non è possibile capirsi perché è come parlare di colori ad un cieco nato che non ne ha l'esperienza, gli manca il codice.
La persona, allora, se volesse comunicare adeguatamente, cioè sic et simpliciter, dovrebbe transitare nell'esperienza dell'altro, cosa che non è possibile.
Quando parliamo e parliamo molto, abbiamo comunque una riserva di indicibile che non comunichiamo ad alcuno. Quello che diciamo, poi, è trasmissibile solo in parte (il 2 o il 3%) se c'è la disponibilità dell'altro. Il resto non gli può arrivare.
Dire anche solo: "Ho mal di testa" può essere recepito dall'altro secondo il suo mal di testa. Ma il dolore dell'uno non può essere uguale a quello dell'altro.
La parola, nella sua dimensione essenziale, ha un effetto a cerchi concentrici. Perciò Gesù dice che il Regno dei Cieli è simile ad un granello di senapa che diventa un albero. Non si può sapere quale ripercussione una parola detta di qua e di là possa provocare in chi l'ascolta e la ripete ad un altro e questi ad un altro e ad un altro ancora. Una parola, così, può diventare motivo di guerra o di pace. Può essere motivo di realizzazione di un eterno o di un genocidio.
Il silenzio è la parola più sintetica. E' la Parola di Dio perché è aperta a tutte le parole. Invece, la parola detta uccide le altre parole. Se io dico ad una persona "canaglia" e non altro, questa parola depriva dell'esistenza le altre parole mentre la pronuncio.
"Maria conservava tutte quelle cose in cuor suo"... La Parola che conservava dentro di sé, Maria l'ha espressa con il parto che è stato l'accompagnamento della Parola assunta, maturata e custodita nel suo cuore.
Ma la persona non può non parlare. Lo fa anche quando tace perché col suo silenzio "dice" che non vuole parlare.
La Parola di Dio è finalizzata alla collettività, a tutti i componenti dell'umanità. Non è riservata ad alcuni soltanto.
Come ogni cellula dell'organismo è orientata all'intero organismo, così ogni persona è orientata verso tutte le persone dell'umanità. Nessuna può tirarsi fuori.
Se l'umanità non capisce, io, comunque, ho dato il mio contributo. Se l'umanità cresce nella comprensione, io ho contribuito al suo allargamento.
La fatticità, comunque, è parola perché i linguaggi sono molteplici: verbale, fattuale, modale, reale, mimico, posturale, deambulatorio, artistico, ecc.. Anche il silenzio è un linguaggio.
La parola, dunque, nella sua essenzialità, può raggiungere chiunque.
Quando Papa Francesco ha rifiutato di stare in Vaticano, di mettersi le scarpe nuove, ecc., ha usato un linguaggio fattuale.
La parola del Vangelo che è una Persona, si concretizza, sul piano noetico, nelle beatitudini. Saremo beati non a condizione di fare delle cose (non è un ricatto), ma quando avremo la nostra espressione autentica. Saremo beati perché così facendo sperimenteremo la gioia.
Il contesto socio - ambientale che manipola le persone attraverso il condizionamento, l'alienazione e la strumentalizzazione, ha un'incidenza formidabile. Maggiore è la consistenza della personalità, minore è l'incidenza dell'ambiente, ma quanto minore è la consistenza della personalità, tanto maggiore è la prevalenza dell'ambiente per cui la persona finisce con l'essere un burattino nelle mani del potere che la costringe ad essere come il potere vuole.
Il Vangelo cerca di dare l'opportunità di vedere come resistere alla mentalità massificante e depersonalizzante che è il massimo della frustrazione e, quindi, di impedimento al raggiungimento del "gaudium".
Per "conversione" dobbiamo intendere il cambio di mentalità. Per esempio, una volta si facevano le 40 ore di adorazione subito dopo il Carnevale, quasi come una riparazione per essersi divertiti. La persona doveva essere mortificata e pentirsi per aver gioito.
La conversione non è il torturarsi, ma è il mettersi sulla linea che porta alla gioia.
Nella Chiesa è necessario cambiare il linguaggio. Ieri sera a Messa ho detto tante cose a questo proposito, ma chi è abituato al vecchio, si turba perché abbiamo la concezione di una Chiesa immobile con un linguaggio asettico che non ha più nulla a che vedere con quello che Gesù ha fatto.
L'esortazione del Papa alla conversione è rivolta a tutti, anche alle strutture liturgiche.
Noi usiamo nella Messa parole che non hanno senso (per esempio: "discese agli inferi" e "la resurrezione della carne"). Quali inferi? E la resurrezione della carne non significa che la carne risorge (quale carne, di quale età, dal momento che le cellule si rinnovano in continuazione?).
"Resurrezione della carne" significa che la morte non è un precipizio nel nulla, ma che la persona non muore perché permane nella relazione con la Realtà divina che è assoluta e che non riguarda la carne se non nel periodo in cui si ha anche l'individualità (il corpo visibile), ma riguarda la personalità.
Come intendere allora l'espressione "andare in Paradiso con l'anima e il corpo"?
Nella Sacra Scrittura non si parla di "anima e corpo". Neanche Gesù ne parla, ma si rivolge alla persona di ciascuno. Questa scissione tra anima e corpo è un concetto filosofico di Cartesio e soprattutto del manicheismo sorto nel 3° secolo d.C., secondo il quale tutto ciò che è materiale era considerato negativo e tutto ciò che è spirituale veniva considerato positivo.
Bisogna allora liberarsi da questi modelli mediante un lavoro lento e progressivo. Nella Sacra Scrittura ci sono una quantità di antropomorfismi perché Dio, per poter parlare agli uomini, deve necessariamente usare un linguaggio a taglio umano.
Come spiegare la resurrezione di Gesù? Gesù che appare sulla riva del lago e mangia il pesce arrostito con i suoi discepoli che corpo aveva? Quel pesce veniva digerito dallo stomaco del corpo mortale o di quello risorto? Siccome Gesù deve parlare a noi che concettualizziamo solo attraverso la percezione, usa un corpo, ma questo è caratterizzato da un metabolismo permanente, quindi, non è mai statico. Noi, invece, abbiamo il concetto filosofico aristotelico per cui il corpo viene definito, ma non è così.
Quando appare nell'orto alla Maddalena che lo amava e che lo conosceva molto bene, come mai questa non lo riconosce? Bisogna pensare che Gesù abbia voluto mostrarsi assumendo un corpo per farsi riconoscere, ma che era e... non era! Quindi, mangia, mostra i segni dei chiodi, ecc., ma passa attraverso le porte chiuse...
Gesù cerca di introdurci ad una mentalità diversa, ma il Suo modo di vedere dista dal nostro "quanto l'Oriente dista dall'Occidente".
Quindi, dobbiamo cercare di non intrappolarci nei nostri concetti. Il linguaggio liturgico è stato costruito in un certo momento della storia quando i concetti venivano ripetuti in automatico.
Gli studi teologici oggi ci spiegano tante cose che nel Vangelo possono sembrare contraddittorie, ma non lo sono. Per esempio, nel Vangelo di Giovanni c'è il "miracolo" della trasformazione dell'acqua in vino. Possibile che Gesù facesse questi giochi di prestigio? Possibile che il maestro di tavola non si fosse accorto della mancanza del vino? Possibile che Gesù sentisse il bisogno di dare ai commensali già mezzo brilli dell'altro vino?
Dunque, l'episodio non va preso alla lettera. E' un modo per indicare che era giunto il tempo in cui l'uomo non doveva più riportarsi alla logica razionale, ma entrare in un mondo diverso: quello del comandamento dell'amore che è la liberazione dai comandamenti.
Gesù usa ancora il termine "comandamento" ma lo svuota del senso perché l'amore non può essere comandato: o c'è o non c'è.
Il Papa in quest'esortazione dice che la missione della Chiesa non è l'autoconservazione, ma l'adesione al progetto di vita e si augura che la parrocchia non sia una struttura caduca, ma plastica e sensibile, capace di accogliere le altre istituzioni, le piccole comunità (fa riferimento alle comunità di base), perché sono queste che fanno "chiesa". Quelle grandi servono a far numero, ma sono una massa. Noi qui possiamo incontrarci e capirci altrimenti non potremmo mai avere alcun confronto.
E' la prima volta che un documento pontificio menziona i piccoli gruppi spontanei. Le parrocchie servono anche per ospitare queste piccole comunità, altrimenti sono fallimentari.
Il Papa si rivolge persino ai Vescovi perché favoriscano la conversione, ma i Vescovi, in genere, sono chiusi nell'episcopio e compaiono solo nelle cerimonie ufficiali senza comunicare con alcuno.
Il Papa, dunque, auspica un cambiamento profondo perché parla della conversione della Chiesa e di se stesso. Non vuole che si continui sulla stessa linea "perché si è fatto sempre così" per comodo, perché si è reso conto che ci sono cose non più sopportabili.
Si continua ad insegnare che Dio ha fatto il mondo in sei giorni e che al settimo era stanco e bisognoso di riposarsi... Non si dice che la teoria del Big bang fu formulata da un sacerdote, Georges Lemaitre, che l'evoluzionismo fu studiato da Gregor Mendel, altro religioso, e messo alla luce dal teologo Teilhard de Chardin...
Le persone così continuano a rimanere ancorate a certi modelli statici e rifiutano di adeguarsi alla verità.
Il Papa, dunque, invita la Chiesa a convertirsi al più presto. La nuova generazione che naviga su Internet, non può più credere in certe cose. Dice anche che bisogna finirla di trovare le parole per punire le persone, ma si devono, invece, trovare le parole per accoglierle. Bisogna innanzitutto accogliere se stessi e per poterlo fare è necessario avere il coraggio di liberarsi dalle catene e incamminarsi verso la luce della verità dove per tale non si intende quella che è imposta, ma quella che si scopre progressivamente nel proprio cuore.
Naturalmente bisogna tener conto dei limiti della persona, ma non considerarli come negatività perché il limite può essere anche una preziosità per l'intera comunità perché ci individua e ci specifica. E' nel limite che noi siamo diversi e, quindi, siamo una ricchezza. Se nessuno avesse dei limiti, saremmo tutti uguali e non avremmo nulla da dirci. Saremmo una comunità fallimentare.
Il Papa ribadisce anche la necessità di rivedere ciò che non è evangelico né funzionale al Vangelo. I precetti della Chiesa si devono esigere con moderazione per non appesantire la vita ai fedeli.
Questi sono pensieri e parole presi da S. Tommaso d'Aquino, condannato varie volte dal Sant'Uffizio per aver parlato di libertà.
Una persona che è genuina e che ha delle caratteristiche proprie, non deve essere appesantita da una sorta di... burocrazia.
Gesù per primo disse: "Non avete in voi stessi la coscienza?".
La coscienza è la garanzia della libertà. La Chiesa non deve essere una tortura, ma una madre che accoglie e le chiese devono essere sempre aperte!
Ciascuno di noi è orientato alla mistica. S. Caterina da Siena, poco acculturata, è dottore della Chiesa perché ha avuto una comprensione intuitiva. Il mistico non parte dalla ragione. Può essere mistico e ragionevole, ma anche mistico senza alcuna ragione.
Gesù, prima di moltiplicare il pane e i pesci, disse ai discepoli: "Date voi stessi da mangiare alla gente" .
La gente non ha fame di pane, ma ha fame di sapere chi è e qual è il fine della vita, ha fame di essere mistica.