6° INCONTRO DEL 13-11-2017 nella parrocchia di Santa Maria della Libera

Qui ci sono anche persone che vengono per la prima volta. E' difficile parlare quando non si conosce il destinatario delle proprie parole. Il destinatario è fluente e in questa "società liquida" - come la definisce Bauman - è talmente sfuggente che sembra quasi di parlare al vento.

Parlare senza sapere dove vanno le parole richiede una grande fede perché bisogna cercare di capire che l'agente principale di ciò che si dice è sempre Quello che ci ha fatti in modo tale che le nostre orecchie possono captare delle parole che sono in relazione a dei pensieri che rendono l'uomo capace di diventare un motore che produce azioni vitali.

E' necessario rinunciare all'immobilismo che è la rovina dell'umanità, che è mortifero per sé e per gli altri.

Al n. 108 dell' "Evangelii Gaudium", Papa Francesco scrive: "E' opportuno ascoltare i giovani e gli anziani. Entrambi sono la speranza dei popoli".

Nella parola "speranza" c'è la radice "sp" che è "auspicio", "ispezione", un modo per mettere in risalto l'aspetto del vedere. La speranza è vedere anticipatamente, cioè è la ricchezza della prospettiva che attiva il movimento verso la finalizzazione perché l'uomo non si può muovere se non ha un fine da raggiungere. Tante teste, tanti fini. Tutti i fini sono legati ad un unico fine che è il minimo comune denominatore che corrisponde alla gioia.

La speranza, quindi, non si riferisce mai ad una... rovina. La speranza implica sempre una prospettiva positiva.

Il Papa dice che bisogna ascoltare i giovani perché questi hanno una prospettiva, sono aperti al futuro. Invece, una persona molto avanti negli anni si ferma sulla retrospezione e non sulla prospettiva. Usa permanentemente l'avverbio "ormai" mentre il giovane dice "per ora" ed usa il verbo al futuro.

La persona anziana parla al passato ("Quando ero giovane...). Ma sia gli anziani che i giovani sono "la speranza dei popoli" perché "Gli anziani apportano la memoria e la saggezza dell'esperienza, che invita a non ripetere stupidamente gli errori del passato. I giovani ci chiamano a risvegliare ed accrescere la speranza perché portano in sé le nuove tendenze dell'umanità e ci aprono al futuro". 

Qui si apre tutto il discorso dell'epigenetica che abbiamo fatto più volte. In effetti, il programma genetico che è inscritto nelle nostre cellule, si evolve indipendentemente da noi. Noi siamo liberi di sottrarci a questo processo evolutivo, ma in esso c'è comunque il fine dell'umanità che procede come l'acqua del fiume. La gocciolina può finire nel vortice laterale, ma l'acqua continua a fluire e al centro lo fa molto più velocemente perché non c'è l'attrito. E' la singola persona che può produrre attrito, ma non può impedire il flusso storico.

Questa è una visione ottimistica meravigliosa. Nonostante la... chiesa e tutte le istituzioni, l'umanità avanza. Dalla radice "sta" viene "stare", "stato", quindi immobilismo. Le istituzioni possono servire, ma non possono mai catturare il processo vitale.

Al n. 109 leggiamo: "Le sfide esistono per essere superate. Siamo realisti, ma senza perdere l'allegria, l'audacia e la dedizione piena di speranza. Non lasciamoci rubare la forza missionaria".

C'è un aspetto importante che riguarda la contrapposizione che fa attrito tra nostalgia e speranza. La "nostalgia" è il dolore del viaggio, della lontananza, dell'andare fuori dalla propria padronanza territoriale. La "speranza" è, invece, la prospettiva. Quindi, la nostalgia ci porta all'indietro e la speranza ci spinge in avanti.

Quando queste due forze sono in contrapposizione, generano immobilismo. E' come tirare una persona contemporaneamente da una parte e dall'altra. La persona resta ferma. Viene impiegata energia nel fare questo e le forze contrapposte non si annullano, ma l'effetto finisce per essere non visibile apparentemente finché non si verifica una lacerazione generando il cosiddetto conflitto di trazione.

I conflitti sono di tre tipi: di trazione, di pressione e di avvicinamento e allontanamento.

Quello di trazione è la lacerazione che avviene esercitando due forze opposte e richiede il massimo di impiego energetico. Si è in questo tipo di conflitto quando non si sa cosa fare. Per esempio, capita che in strada ci si incontra faccia a faccia con un altro e si verifica che entrambi vanno a destra o a sinistra contemporaneamente e restano lì a... ballare in una situazione di ipertensione interna.

Il conflitto di pressione avviene quando si è minacciati su due lati. In queste circostanze, il soggetto, se non ha una via d'uscita, sviene sottraendosi così dalla situazione.

Il conflitto di avvicinamento e di allontanamento si verifica quando, per esempio, mi piace la cioccolata, ma per prenderla devo affrontare un cane che vuole mordermi. (Il cane può essere anche il disagio interno).

Ritornando alla nostalgia, questa è un guardare indietro. Quando uno, invece di avventurarsi nel nuovo rimane smarrito e titubante, vuol dire che se da un lato il nuovo lo affascina, dall'altro gli produce difficoltà perché l'avventura lo porta nel territorio non esperito precedentemente ed allora preferisce il percorso già fatto perché gli dà la garanzia dell'esperienza pregressa.

In questo nostro contesto che è quello del superamento dell'immobilismo, il Papa scrive: "Ci aprono al futuro (i giovani) in modo che non rimaniamo ancorati alla nostalgia di strutture e abitudini che non sono più portatrici di vita nel mondo attuale". Questo è enormemente fluido. Se noi rimaniamo con un messaggio che è permanentemente statico, finiamo col perdere il bersaglio. E' come se una persona si mettesse a puntare esattamente al centro di un bersaglio, ma se questo è mobile, quando avrà regolato perfettamente il tiro, il bersaglio non ci sarà più.

L'immobilismo nell'ancoraggio delle istituzioni e formule magiche che non sono più corrispondenti alla fluidità sociologica, finisce col rendere vano il messaggio. Questo vale per noi e per gli altri.

Le strutture sono funzionali, ma non devono essere monopolizzanti perché quando diventano... divinizzate, l'istituzione perde la sua funziona e funzionalizza la persona. Laddove succede questo, viene esaltato il valore della funzione, quindi, si invertono i ruoli: anziché avere, per esempio, il sacramento in funzione della persona, si immola la persona al sacramento contro il messaggio evangelico che dice: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato".

Quando si dice "sabato" si intende tutto il complesso istituzionale. Anche la costituzione, le leggi, il parlamento, tutto è funzionale all'uomo e non viceversa. Ma piano piano questo concetto si è talmente vanificato per cui sembra che l'uomo abbia una vocazione ad entrare a far parte di una società schiavile. Se si accetta questo nel profondo del proprio cuore, vuol dire che il messaggio evangelico non è proprio arrivato al soggetto e l'evangelizzazione resta un fatto astratto che non ha nulla da dirgli.

Ma quanti catechisti sono anche missionari? Un catechismo che non sia missionario è un fallimento perché la missionarietà è inerente al messaggio evangelico che non salva l'uomo in quanto singola realtà, ma lo salva in quanto parte attiva della comunità. Laddove la persona si isola dal contesto comunitario, si isola dalla realizzazione personale.

Noi siamo abituati a parlare sempre di "salvezza", ma questo comporta una sorta di situazione precedentemente negativa da cui essere salvati. Bisogna parlare, invece, di realizzazione. L'uomo non può realizzarsi in quanto realtà monadica, chiusa in se stessa. L'uomo, intanto si realizza, in quanto è in una dimensione di scambio permanente perché è un sistema aperto dove ci sono le tre leggi (su cui ci siamo fermati negli incontri precedenti): l'omeostasi, la trasformabilità e l'integrazione che giocano permanentemente nello scambio intersoggettivo.

Se non c'è lo scambio, la persona è destinata ad inaridirsi e a morire come tale. Può rimanere in vita come individuo, cioè indiviso in sé e diviso da qualunque altro, senza scambio. Questo capita normalmente nelle coppie quando non c'è più la comunicazione né affettiva né progettuale né mentale. Se non c'è la comunicazione, non c'è più la coppia e se questa non riesce a trovare un'alternativa, finisce per implodere in se stessa.

Allora, la missionarietà è inerente al concetto di evangelizzazione (da eu anghelion) che vuol dire "bella notizia", "messaggio gioioso". Ma le persone che parlano normalmente di Vangelo lo fanno in chiave... funerea il che significa che si va a minare esattamente nel cuore l'essenza del Vangelo. Pertanto, chi evangelizza o è una persona realizzata o non può fare l'evangelizzatore.

Chi è chiamato ad essere evangelizzatore? Tutti, perché tutti gli uomini tendono a realizzarsi. La realizzazione è il raggiungimento della gioia. Dunque, la realizzazione è l'evangelizzazione.

Gesù Cristo non ha aggiunto molte cose all'umanità. E' l'istituzione che l'ha talmente sovraccaricata per cui la naturalità e la realizzazione della persona finiscono per essere rare all'interno delle chiese e delle religioni (tutte) perché esercitano una sorta di inibizione all'espressione della personalità originaria che è legata all'unicità del soggetto.  Questo, quindi, essendo unico ed irrepetibile, ha esigenza di esprimersi in autenticità, cosa che la società non gli consente. Però la società civile è fatta sul modello ecclesiale che tradisce quello originario voluto da Gesù Cristo, finendo con l'imbarbarirsi nell'istituzionalizzazione.

Una volta arrivato a questo, è necessario che il soggetto si liberi dalla struttura societaria che riflette quella ecclesiale secondo il modello istituzionale e non secondo quello comunitario. Si liberi, cioè, dall'immobilismo nostalgico e si avventuri nella vitalità del futuro innovativo che parte da lui, che parte da ciascuno di noi. Ogni giorno dobbiamo chiederci: "Che farò da grande?".

Tutti abbiamo un'espressione fortemente ridotta perché siamo stati educati. "Siamo stati", cioè non ci siamo educati da noi. Questo capovolge profondamente l'aspetto psicopedagogico perché il soggetto dell'educazione non è il maestro, il professore, il genitore, ma il soggetto stesso. Ciascuno si educa, cioè si esprime. Se non lo fa, nessun altro può sostituirlo in questo perché essendo unico ed irrepetibile, nessuno può dire, al posto suo, quello che è. Chi lo può sapere? Ciascuno in parte e Dio in tutto.

"Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo" (Ger.1,5)...

La nostra realtà sfugge a noi stessi per cui abbiamo il grave dovere di conoscerci per esprimerci nella massima multidirezionalità possibile. I ruoli entrano a far parte della nostra vita solo se sono funzionali alla nostra realizzazione.

Una volta andai a predicare un "ritiro" ai carcerati cercando di portare un messaggio che, secondo me, era valido per destare in loro il desiderio di recuperare la loro autentica espressione originaria presente prima della condanna al carcere. Dovetti, però immediatamente rendermi conto che la predicazione ha l'esigenza di essere progressiva perché se si va a proporre un concetto di libertà a persone che sono soffocate da sempre da un sistema inibitorio e proibitivo, queste colgono nel termine "libertà" solamente l'aspetto dell'abbattimento dell'obbligo con una mancanza di rispetto della reciprocità.

Quando si verifica questo, la persona non si relaziona, anzi annulla la possibilità della relazione. Per esempio, si parla tutti insieme mentre per poter comunicare parlando, è necessario l'ascolto reciproco altrimenti non c'è comunicazione.

Ma quale concetto di libertà avevano... gli uomini primitivi? Avevano una maggiore naturalità rispetto a noi perché non erano sovrastrutturati?

Il concetto di libertà è stato acquisito molto lentamente e non possiamo disperderci a pensare a situazioni presenti un milione e mezzo di anni fa. Dobbiamo, invece, cercare di vedere se nella condizione in cui ci troviamo, possiamo recuperare la genuinità di quello che ci è potuto rimanere perché gli uomini del futuro non lontanissimo, saranno molto diversi da noi.

Oggi non siamo come plagiati dai mass media? L'uomo è plagiabile se ha una ridotta consistenza. La plagiabilità è inversamente proporzionale alla robustezza della struttura critica del soggetto. Maggiore è la possibilità critica, minore è l'opportunità del plagio. Se una persona non ha gli strumenti per accorgersi dei messaggi che le pervengono, purtroppo, resta soccombente.

Abbiamo poco spazio per dare un giudizio su movimenti che sono epocali. Tuttavia, noi viviamo questa vita e in essa dobbiamo cercare di vedere come sia possibile tradurre il contenuto dell'evangelizzazione con una strumentazione che non sia più virtuale, campata in aria, ma che abbia un attecchimento nella realtà concreta come risposta ad uno stimolo che perviene. Se non si è disponibili a non essere nostalgici ed istituzionali in se stessi e non ci si lascia scalfire da niente e da nessuno, si resta nell'immobilismo. Allora si può anche fare una rinuncia alla vita illudendosi di vivere.

Quando succede questo? Quando mi metto in un benessere che non ha nulla a che fare con il ben - essere dell'essere perché questo, in quanto tale, è dinamico. Se si istituzionalizza il benessere, non ci si rende più disponibili al dialogo con la vita e, quindi, ci si mette in uno stato di totale rinuncia alla propria realizzazione.

Questa non resta campata in aria, ma è sempre riferibile al reale possibile altrimenti rimane una velleità e non una volontà sulla quale l'uomo si realizza.

La volontà, infatti, è la facoltà che si esercita sul reale possibile per accorgersene.

S. Pietro, a tarda età, disse: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga".

Arrivò a questa consapevolezza nella sua vecchiaia...

Però si è responsabili della propria realizzazione. A volte, si mette in premessa: "Non so niente e non voglio sapere niente". Questa è una posizione di rifiuto dell'umanizzazione.

Il problema sorge da come i sistemi educativi rendono il soggetto pronto ad aprirsi e ad essere  recettivo. Quando si trasforma l'educazione in mistificazione, cioè quando si educa a... non educarsi, ci si rovina l'esistenza.

Tutti abbiamo la creatività, ma questa viene espressa raramente. La creatività ha tanti fattori espressivi e non solo nel campo artistico.

La modalità con cui il Papa comunica con il popolo è creativa perché non era stata usata precedentemente. L'ha inventata lui soprattutto non dando nulla di definito perché ciascuno, nelle varie comunità, possa esprimersi liberamente per trovare una modalità realizzativa che gli sia corrispondente.

Naturalmente, quello che ci diciamo qui va poi trasferito nella realtà familiare, lavorativa, ecc..

"L'evangelizzazione come gioiosa, paziente e progressiva predicazione della morte salvifica e della resurrezione di Gesù Cristo deve essere la vostra priorità assoluta"...

Questo è un discorso che risente molto dell'aspetto dottrinale che adesso dobbiamo cercare di metabolizzare. L'umanità ha la possibilità di realizzarsi in Gesù Cristo perché in Lui c'è l'opportunità di cogliere il contenuto di speranza che è proprio dell'antropologia perché se questa non ha prospettive, è monca. L'uomo, per sua natura, deve necessariamente avere una progressione finalizzata. Questa finalizzazione in Gesù Cristo è possibile perché Lui, in quanto Pontefice, unifica in sé la realtà della limitazione storica con la prospettiva realizzativa. Gesù Cristo è il totalmente umano e il totalmente realizzato nell'infinito.

L'uomo ha, per sua natura, l'aspirazione che è una respirazione. Se respira, ha un'alitazione che dà la possibilità di essere. L'alimento è il nutrirsi (dal latino "edo" che è un verbo difettivo che viene sostituito da "sum", essere). L'uomo quando mangia, aspira ad esistere. Quindi, aspirare, respirare, alitare, mangiare e finalizzare è come se fossero la stessa cosa.

Se ho mangiato, sono, altrimenti non sono. Se ho alitato, sono, altrimenti sono morto. Allora la vitalizzazione, la realizzazione della persona è legata profondamente all'alitazione che è l'aspirazione, che è l'alimentazione per essere alunno della vita.

Questa radice che è dentro di noi è stata elaborata progressivamente dalla filosofia e dall'antropologia. Ancora oggi i pigmei hanno in tutto solo 150 parole con le quali si esprimono, ma naturalmente non hanno la definizione del linguaggio che abbiamo noi: le emozioni, il pensiero, la rabbia, ecc.. Noi abbiamo tante parole. Per i pigmei esiste una realtà interna e una realtà esterna. Sono più istintivi, meno elaborati, meno affinati razionalmente. Noi ci siamo talmente vivisezionati che se andiamo, per esempio, nel campo della medicina, troviamo uno sventagliamento di termini senza fine. E quelli che si usano oggi, domani non ci saranno più, perché anche le malattie cambiano.

"L'evangelizzazione come gioiosa, paziente e progressiva predicazione della morte salvifica e della resurrezione di Gesù Cristo deve essere la vostra priorità assoluta"...

A noi interessa capire se abbiamo colto il senso dell'esistenza che è la priorità valoriale. Qual è per noi il valore più importante, essere se stessi o trovare... il piatto a tavola o avere il maglioncino firmato? Perché se il nostro essere nell'essenzialità pensiamo che stia in queste ultime due cose, abbiamo perso il senso dell'esistenza. Se, invece, è la relazione con Cristo, abbiamo trovato la possibilità realizzativa che ci consente di annunciare il Vangelo, altrimenti l'evangelizzazione è la trasmissione di una serie di normative che non abbiamo né generate né accettate noi.

Quante persone che vengono a Messa, per esempio, vogliono veramente partecipare ad una dimensione di comunità? Il messaggio più realistico da comunicare sarebbe quello di interrompere la Messa. Che succederebbe? Sorgerebbe la comunità in quella circostanza? Se non dovesse sorgere, vuol dire che la comunità non c'è e allora la Messa diventa solo un fatto istituzionale dove le persone non entrano a partecipare all'assemblea.

E' un discorso molto complesso. Ci siamo talmente abituati per secoli a distruggere la comunicazione assembleare per cui andarla a ripristinare è una cosa quasi impossibile. E se non abbiamo alcun rapporto comunicativo, che vuol dire celebrare la Messa? Allora è meglio interromperla perché manca la comunità. Dio, poi, trova il modo di intervenire nella storia di ciascuno perché le Sue vie sono infinite e nessun sacramento può essere considerato così vincolante da impedire a Dio di incontrare i singoli. La libertà di Dio non può essere controllata da nessuna istituzione, neanche dalla Chiesa. Però se facciamo questo discorso, è necessario che la comunità sorga.

Dobbiamo vedere quando stiamo qui se riusciamo a... celebrare la Messa dove il nutrimento non sia l'Eucaristia, ma il Verbo che si fa Parola e comunicazione. Noi l'abbiamo talmente ritualizzato da non considerare più Gesù come una Persona con la quale relazionarci, presente nelle singole realtà personali perché il sacramento più... sacramento è la persona in quanto è la più vicina al Verbo incarnato. Gesù è la comunicazione completa tra la divinità e ciascuno di noi. E' Lui che sceglie la modalità con la quale incontrarci. Ciascuno di noi è unico e irrepetibile e Lui deve trovare una via per incontrarsi singolarmente con ciascuno che non ha un altro simile a lui nell'universo.

Dio trova la Sua via e vuole che ciascuno si esprima nella sua novità, nella sua unicità, nella sua creatività. Quando tu avrai fatto questo, ci sarà un altro diverso da te che, grazie alla tua tolleranza, si potrà esprimere e diventerà per te sacramento di comunicazione ed avrai un esempio di come metterti in comunicazione con Dio.

Dio creò Eva per Adamo perché questi potesse comunicare con lei. Il discorso della costola è simbolico. La persona, in quanto tale, esige la comunicazione rivestendosi di segno che va trasceso.

Quindi, l'evangelizzazione presuppone sempre il trascendimento. Tutte le evangelizzazioni del mondo sono nullità se non ci portano a cogliere il mezzo con cui Dio prende l'iniziativa di entrare in relazione con noi secondo una modalità scelta da Lui. Se non abbiamo questa disponibilità, non Lo incontriamo.

"Il Signore chiama anche te ad essere parte del Suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore. Essere chiesa significa essere popolo di Dio. Pertanto, ogni evangelizzazione si forma sul principio costantemente trascendentale".

Significa che io nell'evangelizzazione devo sapere di essere un'opportunità che do a Dio di incontrarsi con un altro che, a sua volta, dà a me l'opportunità di incontrarmi con Dio. Se io mi rivesto di questa funzione di sacramento per l'altro, faccio parte del popolo evangelizzatore mentre mi evangelizzo perché per essere pronto a donare la ricchezza gioiosa della comunicazione, io devo comunicare col mio profondo, col Dio nell'inconscio. Nella mia realtà più recondita c'è l'impronta di Dio.

Anche il primitivo ha l'immagine di Dio dentro di sé e la capacità di osservare l'altro e cogliere in lui la possibilità dell'incontro per cui può starsene accanto al fiume e, nella trasparenza dell'acqua che scorre, cogliere la realtà del divino.

Di questa realtà noi possiamo accorgerci in ogni momento della nostra esistenza se ne abbiamo la disponibilità.

Se, invece, vogliamo essere catechizzati, vuol dire che cerchiamo l'aspetto di indottrinamento e non quello creativo per essere espressione per la comunità intera dell'umanità.

Dobbiamo abolire tutte le categorie religiose e i messaggi dottrinali che costituiscono divisioni. Già Giovanni XXIII cercava di dire che la Chiesa doveva trovare i punti di incontro con il popolo. E' tutta l'umanità che ha bisogno di un modo diverso di convivere. Le varie Chiese devono aprirsi al minimo comune denominatore che è l'antropologia e non le dottrine variegate che sono oppositive e difensive perché si mettono su una posizione polemica invece che su una prospettiva unificante.

Si può comunicare o in modo oppositivo bisticciando o in modo impositivo prevaricando o in modo compositivo unendosi. Ovviamente questa terza forma è quella valida.

Al n. 111 dell' "Evangelii Gaudium" leggiamo: "Concretezza storica di un popolo pellegrino ed evangelizzatore che trascende sempre ogni pur necessaria espressione istituzionale".

Trascende, cioè va oltre...

La persona nel suo profondo è in grado di trascendere, di andare oltre perché ha colto dentro di sé la ricchezza dell'esistere.

La morfinizzazione sia delle parrocchie, sia della scuola, sia della società in genere porta all'addormentamento generale.