Bisogna cercare di non perdere l'opportunità di cogliere, della nostra natura, quello che è naturale. L'uomo è fondamentalmente speranza, apertura al nuovo, perché nella realtà vivente, è l'unico capace di ideazione, progettazione, programmazione, azione e verifica, ma l'ideazione è un processo di incontro dell'oggetto col soggetto da cui nasce il concetto.
Che cosa vogliamo cogliere stasera non solamente verticalmente, ma anche orizzontalmente? L'uomo, infatti, ha una struttura crocifera: un asse verticale ed uno orizzontale. Quindi, ha anche l'anelito innato ad andare verso l'Assoluto perché fa parte del suo genotipo. La genetica ha la tendenza a sviluppare progressivamente un duplice appetito: quello nutrizionale e quello riproduttivo. L'uomo, cioè, ha l'esigenza di mangiare e di riprodursi. Queste sono le sue caratteristiche essenziali.
L'uomo che non ha l'appetito conservativo, tende al non essere perché non si alimenta più. Pensate a cosa sono l'anoressia e la bulimia. L'anoressia è il rifiuto dell'alimento, dell'alito. La bulimia è la distruzione dell'alimento. Entrambe sono attacchi violenti all'essere perché il mangiare è coincidente con l'essere.
Dunque, il nostro essere si bipartisce nella conservazione del sé e nella conservazione della specie.
Il messaggio che ci viene proposto da Papa Francesco nell' "Evangelii Gaudium" ingloba i due appetiti perché è un "appetito"di gioia. Nella gioia c'è la soddisfazione alimentare e quella sessuale.
Se uno rinnega l'una o l'altra, rinnega una parte di sé.
Tutte le religioni tendono a fare un discorso di frustrazione e nella frustrazione nasce l'aggressività che, in ultima analisi, si ritorce verso il soggetto stesso che si rovina l'esistenza.
Il messaggio del Vangelo che è gioioso, va acculturato perché ha come destinatari delle persone che non possono non essere in un ambito culturale. Allora, se il messaggio deve raggiungere una persona che è collocata nel tempo e nello spazio, non può non essere riferibile alla sua cultura perché non esiste una persona nell'astrattezza, ma esiste nella concretezza.
Quindi, il messaggio del Vangelo deve essere necessariamente acculturato. La cultura non è una massificazione, ma è l'insieme del contesto nel quale l'uomo nasce e cresce. Perciò comprende l'aspetto noetico, l'aspetto relazionale sociale, l'aspetto operativo lavorativo, l'aspetto d'amore, ecc..
In effetti, è la persona collocata nella sua cultura che è destinataria di un messaggio, altrimenti questo messaggio non avrebbe destinatario.
Le culture sono tante. Ci sono quelle nazionali, ma a noi non interessano. Dobbiamo, invece, andare nello specifico. L'acculturazione è personalizzabile perché ognuno ha la sua cultura essendo unico ed irrepetibile.
Dunque, il messaggio del Vangelo non può essere trasmesso con i mass media. Questo può riguardare l'aspetto informativo, ma non quello formativo che richiede la risposta diretta della persona.
Nessuno, quindi, ha il privilegio di monopolizzare il messaggio evangelico e ricondurlo alla sua cultura. Cioè, se il messaggio viene rivolto al Sud America, non lo si può latinizzare; se viene rivolto ai Cinesi, non lo si può europeizzare; se viene rivolto agli Africani, non lo si può... svedesizzare, ma deve essere collocato nel contesto socio-ambientale, cioè va collocato nella singola realtà personale al di là di ogni elemento culturale generale.
Oggi il messaggio evangelico non può richiedere una preparazione senza fine. Noi abbiamo commesso degli errori straordinari quando abbiamo preteso, per esempio, che un missionario si preparasse per vent'anni ad essere tale, perché i tempi cambiano rapidamente. Succede, così, che quando ha finito gli studi, viene catapultato in una parrocchia che è già più avanti rispetto alla sua preparazione per cui non si ritrova più.
Quindi, si deve avere la libertà di riferire il contenuto gioioso dell'esperienza personale. Gesù non pretende che una persona, per incontrarsi con Lui, debba fare delle acrobazie perché Lui è presente dovunque e si fa trovare da quelli che Lo cercano.
Noi siamo abituati ad un cristianesimo senza grinta, ad un cristianesimo fatto per i vecchi. I giovani non hanno più un rapporto diretto con il Vangelo che, invece, è fatto per loro. Perciò prima, nella Messa, il prete diceva: "Ad Deum qui laetificat juventutem meam" ("A Dio che allieta la mia giovinezza") anche se era vecchio e malmesso perché chi sta a contatto con Gesù non conosce vecchiaia né termine in quanto ha dinanzi a sé l'eternità da vivere.
La persona, nel momento in cui ha incontrato Cristo, non ha bisogno di studiare teologia per tanti anni perché l'incontro non è un fatto dimostrativo, ma è un'esperienza.
La Samaritana quando si incontrò al pozzo con Gesù, divenne subito missionaria andando ad annunziarlo a tutto il paese... I primi discepoli subito dissero: "Abbiamo trovato il Messia" e Lo seguirono... S. Paolo, atterrato sulla via di Damasco, cambiò subito direzione...
Noi, invece, vogliamo ridurre Gesù Cristo non ad una Persona viva che entra in relazione con noi per cui non personalizziamo il messaggio evangelico.
Ma Gesù Cristo che parla con me, con te e con l'altro, dice delle cose talmente semplici che se uno vuole capirle, le capisce.
Quando i discepoli dissero: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri", Gesù rispose: Chi non è contro di noi, è per noi".
Mise in risalto non l'essere contro, ma l'essere con noi.
Allora, qualsiasi uomo che coglie la sua umanità dentro di sé, quest'umanità diventa intrinsecamente evangelica perché una persona, capace di stabilire una relazione, può diventare sacramento.
Questo è il "ritorno" di Gesù. Lui non arriverà di nuovo alla fine dei tempi perché il ritorno avviene quando noi torniamo a Gesù dopo che Lui è venuto a noi.
Ma da chi dipende questo incontro, da noi o da Gesù? E perché ci sono persone che Lo incontrano subito ed altre che Lo cercano per una vita intera?
Tradotto nei termini espliciti della quotidianità, l'incontro con Gesù avviene incontrando se stessi perché nel fare questo, non puoi non incontrarti con Lui. L'incontro con te stesso e con gli altri può essere impulsivo o progressivo. Puoi avere un'illuminazione lampo oppure puoi procedere lentamente e progressivamente. L'incontro è sempre personale.
Uno può non avvertire niente per lungo tempo e poi, all'improvviso, coglie che è in uno stato di precarietà, è in uno stato di comprensione, è in uno stato di incontro...
Se andate a rivedere la vostra vita, vi accorgerete che vi siete incontrati quando vi siete innamorati, quando avete fatto una scelta professionale, quando vi siete sposati, quando avete preso l'iniziativa di andarvene da un posto... Nella vita sono tante le sorprese quante volte Dio ci parla.
Io spesso dico credendoci veramente: "Non so cosa farò... da grande!"...
Qualche volta, durante la Messa, ho avuto l'impulso di sospenderla perché se si coglie il valore di certe parole che provengono dal Vangelo, se ne salta all'improvviso tutta l'impalcatura che abbiamo costruito. Ma bisogna vedere che disponibilità abbiamo perché questo avvenga.
Purtroppo, siamo troppo abituati a collocare il Vangelo in definizioni già belle e fatte ed allora vogliamo latinizzare gli Africani, romanizzare i Cinesi, italianizzare la liturgia, ecc. senza tener presente che Dio ha una relazione acculturata e personalizzata con ciascuno.
Non si incontra la cultura a scuola. Ci sono persone plurilaureate che non si sono mai acculturate, non si sono mai interrogate sul perché conoscere la storia dell'umanità e la propria storia. Ci sono persone che vanno in chiesa ogni giorno, che fanno tutte le pie pratiche, ma non hanno mai letto il Vangelo o, se l'hanno letto, non si sono rese conto che il Vangelo non è un libro.
Il Vangelo ha una carica intrinseca di rivelazione di una Persona. Se ci si incontra con questa Persona, allora si può capire che cos'è veramente la conversione.
I primi cristiani non facevano lunghi corsi di catechesi!...
Allora, per multiformità culturale si intende cogliere l'essenza della rivelazione e, quindi, del messaggio che resta progressivo. Perché progressivo? Perché l'umanità è caratterizzata dalla storicità che non è statica, ma si evolve permanentemente. Quindi, se il destinatario è in evoluzione, anche il contenuto del messaggio deve essere in evoluzione, altrimenti sarebbe come usare il linguaggio di un bambino anche in vecchiaia. Invece, a mano a mano che l'umanità cresce ed approfondisce il contenuto della rivelazione, passa da un livello di tipo comportamentale religioso ad un livello di fede interiorizzato e personalizzato.
La liberazione avviene progressivamente. Non sono gli altri che ci liberano, ma è Gesù che mette dentro di noi la forza per prendere contatto con il nostro mondo interiore e manifestarlo progressivamente. Dalle molteplici relazioni che instauriamo con gli altri, possiamo sempre più approfondire il contenuto che ci costituisce.
La naturalità è sempre progressività, è sempre in evoluzione. La natura è nascitura. Noi, invece, abbiamo dimenticato questo e consideriamo statico il concetto... del concetto! Ma il concetto non esiste. E' un errore della nostra mente che è fatta per pensare. Il pensiero è fluido mentre il concetto è statico. Quando noi pensiamo, lo facciamo sempre in modo fluttuante (altrimenti è fissazione).
Il pensiero è un'arte, è liberazione permanente. Un artista è tale quando non ripete le stesse cose, ma è capace di creare giorno dopo giorno. Se non sfonda il limite legalistico, non è un artista. Perciò poi nasce il magistrato, (da "magister actis") che è quello che deve giudicare il "maestro d'arte" perché questi è caratterizzato dalla trasgressione. Il magistrato, quindi, interviene per limitare i danni della trasgressione. Ma se alla parola "trasgressione" sostituiamo il termine "progressione", la liberiamo dalla negatività. Anche l'anarchia, nel vocabolario, è denotata come una cosa negativa mentre è altamente positiva perché comporta che una persona sia talmente capace di autogestione da non aver bisogno di altri che le dicano che cosa deve fare, ma questo presuppone l'esistenza di persone mature che mettendo a frutto i propri talenti, non restano in uno stato di dipendenza.
L'incontro con Cristo è possibile solo per i battezzati o anche per le persone che non conoscono nemmeno il Vangelo?
In tutti i battezzati, dal primo all'ultimo, opera la forza santificatrice dello Spirito che spinge ad evangelizzare. Secondo le categorie conosciute, viene considerato "battezzato" quello che ha ricevuto... l'acqua in testa. Ma Gesù si riferisce ad un battesimo che non è quello sancito da un certificato perché Lui non ha istituito alcun registro. Questi risalgono al Concilio di Trento. Il battesimo, nella sua essenza, è il desiderio di crescita che è in ogni uomo, cioè ogni uomo è naturalmente battezzato se ha il desiderio di crescere nella conoscenza dell'Assoluto. Il battesimo è il desiderio di aprirsi all'Infinito. E' il desiderio di crescere nel senso della propria esistenza.
Se una persona si considera battezzata solo perché risulta da un registro, è come se non si fosse mai battezzata.
Allora, se all'improvviso venissero chiuse tutte le parrocchie, forse potremmo cominciare a capire questo. Invece, le parrocchie sono tutte aperte (ad orario) e questo ci fa pensare che in Italia ci sia il cattolicesimo! Ma il cattolicesimo sorge se la persona si incontra.
Il Papa sta facendo... i giochi di prestigio per farcelo capire, ma viene contrassegnato come "eretico" solo perché dice le cose come stanno!
Allora, quando il Papa dice di svegliarci dal sonno, di cercare di incontrarci con Gesù che è l'unico a darci la possibilità di liberarci e, quindi, di realizzarci come persone, abbiamo paura, perché la libertà fa paura.
E' facile fondarsi sulla responsabilità dell'altro: "Ditemi che cosa devo fare". Ma questo significa non voler crescere, non voler prendere in mano la gestione della propria vita, significa voler sprecare i propri talenti.
Sembra che stia facendo un discorso rimproverativo, invece è liberatorio se riuscite a cogliere che è necessario cominciare a gestire la propria vita.
Siamo diventati dei miserabili, invece. Molti chiedono l'elemosina perché hanno rinnegato la loro dignità, hanno rinunciato a crescere... Questo vuol dire che c'è una mentalità di assistenzialismo e non di emancipazione. S. Paolo che lavorava come tessitore, scrive: "Pur essendo nel bisogno, non sono stato di peso ad alcuno. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire".
Ma come abbiamo fatto a sviluppare una mentalità che ritiene un dovere fare l'elemosina (anche prescindendo dai dettami religiosi)?
La carità deve essere considerata come risvegliare il talento che è nascosto nell'altro. Ognuno ha i suoi talenti: chi 5, chi 2, chi 1. La migliore carità è quella di offrire l'opportunità di metterli a frutto. Ogni fruttificazione di talenti ha la stessa dignità, sia che ne guadagni 5, sia che ne guadagni 2, sia che ne guadagni 1.
Ma perché riceviamo i talenti in misura diversa? Perché in questo modo la dimensione pluriculturale dell'umanità viene ad essere pluridifferenziata. Le culture differenziate sono le migliori perché vengono ibridate. Nel momento in cui, invece, fossero monotonizzate, si produrrebbe un livellamento che non è affatto stimolante. Infatti, se tutti quanti noi avessimo le stesse realtà da vivere, non avremmo più nulla da dirci reciprocamente perché la dialettica sorge sulla base della differenziazione.
Le civiltà più evolute sono quelle che si trovano in un clima temperato dove le stagioni si alternano. Invece, quelle che si ritrovano in una monotonia di notte o giorno o di sole permanente, sono più statiche.
Dunque, ai poveri non bisogna dare il pesce, ma insegnare loro come si pesca perché non diventino un peso per l'umanità. Se stiamo male quando non diamo l'elemosina, vuol dire che abbiamo dei sensi di colpa.
L'Italia spende 4 miliardi e 600 milioni all'anno per gli immigrati (mentre tanti italiani dispongono di 510 euro al mese che non consentono loro di vivere). Gli immigrati costano tanto senza che facciano niente. Nessuno ne parla, perché sembra che facendolo si vada contro di loro, ma il problema è colossale perché questa situazione non può essere protratta a lungo. Se si vogliono integrare gli immigrati, bisogna metterli in condizione di produrre. Non è possibile fare dell'assistenzialismo a giovani tra i 25 e i 35 anni che non pagano il biglietto nei mezzi pubblici e pensano che il controllore sia il proprietario dell'azienda di trasporto e poi occupano punti strategici per chiedere l'elemosina. Sono modalità di vivere totalmente diverse. Se non si promuove una conoscenza delle modalità di vivere che consenta un'integrazione, nel giro di poco tempo si arriverà ad uno scontro violento.
Tanti lucrano su questa situazione mentre agli immigrati vengono dati gli scarti alimentari delle scuole e degli ospedali. Inoltre vivono a decine in appartamenti presi in fitto andando ad alimentare una grossa speculazione.
Pare che tutti sappiano queste cose tranne quelli che... dovrebbero saperle per porvi rimedio. Lo stesso si verifica per lo spaccio di droga: tutti sanno come procurarsela eccetto chi dovrebbe intervenire per fermarlo. Nessuno ne parla, ma "la verità vi farà liberi" e non l'inganno reciproco.
Allora bisogna svegliarsi e non aspettare che intervenga chi governa e determina le cose. Dobbiamo accorgerci di quello che succede intorno a noi. Per secoli ci siamo girati dall'altra parte... Allo scoppiare della rivoluzione spagnola, per esempio, il vescovo perdeva tempo a decretare che le donne dovevano andare in chiesa a capo coperto!...
Noi siamo alla vigilia di una situazione esplosiva e ci preoccupiamo di sapere... a che ora parla la Madonna a Medjugorje anche se il Papa ha chiarito la sua posizione in merito. Questo vuol dire rimanere in una situazione di sottosviluppo!
Allora, ritornando al discorso iniziale, la sacralizzazione delle culture deve essere eliminata perché ogni cultura è un veicolo relativo, ma non assolutizzabile. Il contenuto è che ogni persona è destinata ad essere felice, ma la modalità non la puoi dettare tu con la tua cultura. Non puoi dire ad un altro che cosa deve fare per essere felice, perché può darsi che quel modo che gli suggerisci non gli sia congeniale. Noi non abbiamo assolutamente la capacità di leggere le cose con oggettività.
Troviamo questi argomenti ai numeri 116, 117 e 118 dell' "Evangelii Gaudium" dove si legge del volto pluriforme dei popoli e della multiculturalità che non è una minaccia dell'unità perché questa comporta inevitabilmente la differenziazione culturale per non correre il rischio di bloccare il processo evolutivo dell'umanità. Se c'è la monotizzazione delle culture, non c'è più il processo evolutivo. L'evangelizzazione deve essere necessariamente transculturale. Non può essere monopolio di una sola cultura.
Ma se un altro popolo volesse imporre a noi la sua cultura, come ci dovremmo comportare?
Bisogna ricordarsi che Roma occupò la Grecia e la Grecia occupata occupò... Roma! Che vuol dire? Che se hai un contenuto altamente valido e lo sai veicolare, questo può essere aggregante e, quindi, funzionale all'unità. Ecco perché la nuova evangelizzazione comporta uno scambio culturale perché in ogni persona ci sono degli elementi validi che vanno potenziati.
Garaudy, statista francese, diceva che per conoscere la teologia bisogna essere cattolici, ma per applicarla bisogna diventare musulmani perché nell'islamismo c'è una maggiore diffusione della fratellanza sociale; non c'è la piramidalità verticistica delle gerarchie come l'abbiamo noi. E' vero anche che hanno una quantità di tabù, ma quelli sono presenti anche da noi.
Oggi è d'attualità anche il discorso gender. In alcune culture si crea uno scontro violento con una mentalità rigida che vuole conservare le stesse categorie senza novità. A questo proposito, Gesù dice:
"Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo ad un vestito vecchio; altrimenti strappa il nuovo, e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio. E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo rompe gli otri, il vino si spande, e gli otri vanno perduti. Ma il vino nuovo va messo in otri nuovi".
Dunque, vino nuovo in otri nuovi. Noi vogliamo conservare una staticità della famiglia. Anche quando fu introdotto il divorzio, vennero fatte delle campagne contro (anche se tante donne venivano picchiate continuamente dai mariti). Questo era considerato normale...
Allora, bisogna vedere di volta in volta che cosa significa il matrimonio e chiedersi: quanti matrimoni ci sono? Il matrimonio, come lo vuole la religione, è l'entrare in sintonia con il matrimonio antonomastico che è Gesù Cristo che unisce in modo indissolubile l'umanità con la divinità. E' sulla base di questa conoscenza che si accoglie il sacramento matrimoniale. Perciò gli sposi sono i ministri del matrimonio. Ma quanti lo sanno?
La cultura gender sposta l'essere della persona dalla specificità sessuale all'identità personale. Quindi, non dà importanza al sesso, ma alla realtà personale. Ma questa mentalità stenta a diffondersi. Se la vuoi infilare in una mentalità fatta in tutt'altro modo, rischi di mettere la toppa nuova sul vestito vecchio e il vino nuovo in otri vecchi.
L'importante è avere tolleranza. Locke su questa ha scritto un libro. La tolleranza è detta "la virtù di Dio" che ci sopporta tutti. Questa capacità di Dio di essere accogliente come l'acqua, ci fa capire come noi spesso, invece, vogliamo imporre il nostro modo di vedere. Dovremmo essere un po' più soffici per dialogare con la realtà così com'è senza precluderci alla diversità perché il diverso è tale perché io sono diverso da lui. Tutti e due siamo diversi...
Ma è possibile rimanere a svolgere le proprie attività, sia pure piacevoli che però non vanno a modificare le situazioni dolorose del mondo? Come districarsi tra la necessità di essere se stessi e l'invito evangelico alla radicalità delle scelte? Ad essere missionari, per esempio...
Essere missionari non significa partire, ma evolversi. Tu, attraverso quello che fai, anche se ti siedi semplicemente accanto ad un altro, evangelizzi se riesci a cogliere la tua autenticità e la metti in comunicazione con quella dell'altro. Questa è la missionarietà più vicina al Vangelo.
Ho conosciuto un missionario che era stato molti anni in Africa a predicare il Vangelo. Quando finalmente riuscì a costruire una chiesa, gli abitanti del villaggio, abituati a vivere in comunità e a porte aperte, non riuscirono a capire il perché delle porte chiuse della chiesa e del tabernacolo. Allora il missionario andò in crisi e ritornò in Italia perché capì che aveva cercato di evangelizzare sacralizzando il suo elemento culturale.