8° INCONTRO DEL 18-04-2018 al "Giardino del Poeta": trascrizione

Riprendiamo il nostro cammino dopo la pausa delle feste di Pasqua, per recuperare una continuità. Lo sviluppo nella nostra storia non fa salti, quindi noi viviamo sulla linea del continuum.

Nella natura non ci sono salti. Esiste un legame molto stretto tra la chimica inorganica e quella organica, tra la chimica organica e la biochimica, tra la biochimica e la botanica, tra la botanica e la zoologia,  ma tra la zoologia e l’antropologia c’è confusione perché alcuni uomini vogliono passare per l’ambito antropologico, altri invece vogliono rimanere... nell’ambito zoologico.

Rimanere nell’ambito zoologico significa non scoprire in noi quella dimensione che ci da il quid differenziale che è la finalizzazione che è in stretta connessione con lo sviluppo. Però, noi riportiamo lo sviluppo a pochi settori della vita umana. 

La costruzione è un fatto dinamico. L’umanità è perennemente in costruzione perché l’essere, nella sua essenzialità, non può mai essere statico in quanto, nella dimensione del profondo, è apertamente in fase di sviluppo permanente in tutti gli ambiti che sono sintetizzati in ciascuno e questo processo in noi è permanentemente attivo.

Quando Papa Francesco, nel documento "Laudato si'" (al n. 194) parla di progresso, non si riferisce al progresso tecnico, letterario, economico, ma intende per "progresso" il miglioramento dinamico in cui starà la generazione successiva rispetto alla generazione attuale.

Quindi, se l'attuale generazione non è in grado di lasciare a quella  successiva una condizione migliorativa, non si può parlare di  progresso.

Allora, il progresso è tale se migliora la qualità della vita di tutti in tutti gli ambiti che costituiscono la persona e che sono funzionali alla sua felicità. Il che significa che non nelle grandi circostanze c’è questo miglioramento, ma nelle situazioni particolari perché il globale scaturisce dal particolare.

Se l’attimo in cui viviamo ci dà la possibilità di vivere meglio la nostra condizione umana, quest’attimo è funzionale al nostro miglioramento e non scaturisce da una decisione internazionale.

Il progresso va verificato nella situazione particolare, nella singola unità crono-spaziale. Dal punto di vista cronologico, la nostra vita è una sommatoria di attimi. Quanti più attimi io vivo rispettando la caratteristica umana, tanto più io sottraggo l’attimo... all’attimo della perdita. Ma quell’attimo che io vivo così intensivamente, tanto più è strettamente connesso al miglioramento della vita umana, tanto più è sottratto alla sua precarietà e viene inserito nel processo dello sviluppo nell’arco della mia esistenza.

Questa unità didattica dobbiamo trasferirla in ciascuno di noi e provare a capire come fare per entrare nel progresso migliorando l’ora successiva rispetto all’ora presente. Se io predispongo quest’ora presente come premessa per l’ora successiva che mi fa stare meglio, allora diventa funzionale ed è finalizzata al mio progresso, allargandolo poi a tutte le forme progressive.

L’umore della nostra esistenza è variabile. Ci sono delle persone caratterizzate dalla fasicità (alti e bassi e viceversa), e quando l’umore è permanentemente basso, bisogna chiedersi il perché.

L’umore è in stretta relazione con l’immissione dei pensieri, perché l’attività mentale influenza l'ormonizzazione che produce l’umore. Se nella testa arrivano pensieri legati a situazioni che non ci aspettiamo e che dobbiamo risolvere (tipo cartelle di... equitalia), questi possono cambiare il nostro umore oppure, se sappiamo che il partner ci tradisce, crolla la prospettiva, viene a mancare il senso dell’esistenza. La rottura di un vincolo amoroso, una malattia possono cambiarci profondamente. L’attività mentale, quindi, incide su quella ormonale e, di conseguenza,  su quella umorale. Se io vivo con un umore alto, la mia vita ha una qualità; se il mio umore è basso  ha un'altra qualità che attiva il circuito vizioso, cioè va di male in peggio (e non di bene in meglio che è il circolo virtuoso).

Ci sono persone che vivono in un ambiente nel quale lo sviluppo progressivo di apertura non è consentito, perché l’ambiente esterno tarpa le ali, in quanto, essendo la società alienata ed alienante, non permette alla persona di svilupparsi secondo il proprio modello genetico.

Quindi, quando la persona non può accogliere il programma dinamico del proprio essere, si trova in una situazione di frustrazione che produce aggressività da cui scaturisce un'autolesione che produce un abbassamento dell’umore e così si attiva il meccanismo del circolo vizioso.

Come fare ad uscire da questo circolo vizioso? Se  vivo in libertà sto bene, se vivo in sottomissione, se sono legato, attorcigliato, vuol dire che non sono nato, cioè non ho preso in mano la gestione della mia esistenza. L'"ex-sistere" è prendere consapevolezza di sé e orientare le proprie potenzialità verso il fine che è proprio della realtà personale.

Naturalmente la presa d’atto delle proprie potenzialità parte da lontano. Come avviene che la persona finisce per essere priva di sé? Succede perché la società alienata ed alienante non vuole assolutamente consentire il rispetto della persona verso se stessa per non crearsi difficoltà in quanto istituzione, per non perdere il potere di gestire come vuole, assumendo caratteristiche come la mistificazione, l’arroganza e la prepotenza che sono proprie di qualsiasi tipo di comando, non solo quello parlamentare e politico.

C’è un rapporto tra la politica e il progresso? È possibile un progresso senza politica? Sono domande che ciascuno di noi si può fare e se non ha una mentalità autonoma, ha difficoltà ad entrare in contatto con la politica, se questa non si prefigge lo scopo che le compete di pensare al bene comune che corrisponde allo sviluppo per il conseguimento del fine proprio della persona che è il raggiungimento della felicità, la cui fruizione è la gioia.

La gioia è l’appropriazione della felicità, la felicità detta è un termine astratto, ma quando poi io la vivo, è la mia gioia.  

Gesù Cristo un po’ di tempo fa disse: "Sono venuto perché abbiate la gioia in abbondanza".

Per poter avere la gioia in abbondanza è necessario che la persona si renda conto che in una relazione dove esiste dall’altro polo la mistificazione, l’arroganza e la prepotenza, non c’è spazio per la libertà della persona e, quindi, non c’è possibilità per la felicità.

L'economia (che dal greco vuol dire "cura della casa") e che va intesa come cura della casa comune, è così riportata nel sottotitolo del documento della "Laudato si'": "Lettera enciclica sulla cura della casa comune".

Una persona, in un contesto disastroso, non ha nessuna possibilità di essere felice. Per poterlo essere ha necessità di non vivere nell’isolamento, ma in relazioni multiple che siano funzionali allo sviluppo del singolo. La politica se ha questa finalità, ben venga. Se non c’è l’ha, non può chiamarsi politica. Intanto  si verifica che c’è un abbandono della politica proprio perché essa non assolve più alla sua funzione e la persona viene a trovarsi in una situazione di sbandamento, in un contesto particolare che è la società liquida.

Il pensiero debole, la società liquida, creano disorientamento nella persona che finisce per non sapere dove andare.  Quando succede questo, si apre il varco alla dittatura, una realtà che offre alla persona sempre meno spazio di sviluppo.

Il pensiero è semivolitivo, non è totalmente volontario o involontario. Il pensiero lo possiamo pilotare fino ad un certo punto, nel senso che, quando sorge, dialoga con me che ne prendo coscienza  perché la caratteristica della persona è che pensa e pensa di pensare mentre pensa. Questa dimensione le dà la possibilità progressiva. L’animale, invece, è adattivo alla situazione. La persona, sapendo di pensare, ha la caratteristica dell’astrazione, che le permette di avere un'ideazione, una progettazione, una programmazione ed un'azione, con la verifica conseguente. Se non avesse questa caratteristica, non si distinguerebbe dagli altri esseri viventi.

Il discorso dello sviluppo ci interessa molto perché è l’apertura sul futuro. Nikola Tesla, di origini serbe (fisico, ingegnere elettrico, inventore), in un trattato dice che il futuro dell’umanità dipende unicamente dalle invenzioni che l’uomo fa. In pratica, se riesce ad inventare cose che facilitano l’acquisizione dello sviluppo della multidirezionalità che è già connaturata potenzialmente nella persona.

Questo discorso, facciamo fatica a capirlo.  La persona ha delle potenzialità che non sono unidimensionali, ma pluridimensionali che le consentono un orientamento molto diverso. Noi, purtroppo, siamo talmente intrappolati nella rete per cui pensiamo di dover essere ciò che facciamo: la casalinga, l’operaio. ecc., a volte provando anche imbarazzo, come se queste categorie designassero una minuzia caratteriale, come se il livello di sviluppo e di crescita, non dipendesse dalla lucidità che proviene dall’esperienza. Ci sono persone che pur non avendo un titolo di studio accademico,  riescono a realizzare cose che altri pur essendo laureati, non realizzano, perché il risultato dipende dalle capacità che uno ha, che non sono unidimensionali e orientate solo a quel punto.

La persona deve riconoscere che nel suo patrimonio genetico, c’è l’umanità intera che è contenuta. Nel patrimonio genetico di una persona, nelle cellule staminali, potenzialmente, ci sono tutti gli organi  per cui basta variare qualche gene (e ce ne sono molte migliaia), modificarne uno, svalutarne un altro e tutto cambia completamente. Ma noi pensiamo di essere in situazione statica, perché abbiamo avuto una deformazione educativa che è quella delle definizioni concettuali. I concetti sono l’opposto del pensiero che è dinamico, è aperto permanentemente al nuovo. Il concetto è la ripetizione di un concepito ed è fisso. Le fissazioni impediscono l’apertura dinamica. Noi siamo fissati perché pensiamo di poter essere noi stessi solamente se entriamo in un casellario prestabilito. Ecco perché qualche volta i bambini, siccome non hanno ancora la deformazione, che invece ha preso possesso negli adulti, sono più innovativi, fanno domande alle quali gli adulti non sanno rispondere. Quando un bambino, per esempio, chiede alla mamma del nonno che è morto, dove sta, cosa mangia e chi gli prepara la cena, la mamma si inventa una risposta banale: "Ci pensano gli angioletti!", perché è difficile spiegargli che i morti non hanno bisogno di mangiare, e che lui, il bambino, è una realtà diversa in quanto ha una individualità che ha bisogno di mangiare e di bere, ma questa individualità non è lui, perché lui è il riferimento soggettivo, è quello che giace sotto e non si vede e non si tocca. Provate a spiegare al bambino chi è lui, provate a spiegare al nonno chi è lui e perché facciamo tutte quelle storie quando... moriamo. E’ molto difficile trovare le soluzioni tecniche per risolvere i problemi che affliggono l’uomo, e così, non sapendoli risolvere, li evitiamo. Poi, nei momenti tragici, quando subentra un evento che improvvisamente ci mette con le spalle al muro, allora siano costretti ad affrontare e risolvere  problemi che per una vita intera non si sono risolti e si va in crisi.

La crisi non è come la intendiamo noi,  negativa,  ma anche se non ce ne rendiamo conto,  la crisi è un momento  meraviglioso che ci permette di entrare in un atteggiamento critico, nella dimensione che si chiama "lucidità prassica", il coniugare permanentemente la verità e la libertà.

Questi due poli sono molto duri perché noi della verità non abbiamo una definizione chiara. Ricordiamo Ponzio Pilato che a Gesù Cristo chiese: "Che cos’è la verità?".

Noi, di noi stessi, che verità conosciamo? Il più delle volte conosciamo la verità che gli altri dicono di noi, ma è ben poca cosa rispetto a ciò che noi siamo. La nostra preziosità sta proprio nel mistero della vita, perché anche gli scienziati quando si imbattono con la realtà della vita non hanno molte parole da dire perché non sanno neanche loro che cosa è.  Nessuno sa cos'è la vita, né cos'è il tempo. Pur vivendoli, non sappiamo cosa sono. Nella  profondità la vita resta avvolta nel mistero per cui tutti i progressi  scientifici che si fermano nell’ambito tecnico, non hanno una risposta adeguata per dare all’uomo un orientamento di sviluppo.

E qui torniamo al collegamento con lo sviluppo che richiede una motivazione tensionale, un andare verso un punto di riferimento. Essendo l’uomo pluridirezionato, la  convergenza su un punto che è la meta, si chiama felicità, ma è difficile viverla perché si pensa che si raggiunga solo quando l’uomo è profondamente in pace con sé. Ma per stare in pace con sé deve armonizzare tutte le capacità e non deve avere mai la sensazione di una prospettiva murata. Quando la prospettiva è murata, la persona vive una situazione di profonda angoscia. Infatti, una persona che cade dal settimo piano non muore mai per la caduta. Dall’esame autoptico risulta che muore lungo il percorso per arresto cardiaco, perché gli viene a mancare la prospettiva. L’unica prospettiva è che sbatte a terra con  conseguente trauma cranico e allora si sottrae al trauma morendo per arresto cardiaco. Chi si salva normalmente, dopo una caduta dall’alto, sono i bambini, perché non sanno il trauma che li aspetta.

Lo sviluppo dell’umanità consiste nel fatto che l’essere nella sua completezza, nella sua essenzialità, è dinamico. Non esiste l’essere statico. Eraclito, già molti secoli fa, ha detto:  "Panta rhei", cioè "Tutto scorre", non abbiamo nulla che possa essere fisso. Le religioni sono la rovina dell’umanità, perché tendono a portare la persona alla fissità.

L’ultimo incontro di lunedì scorso che abbiamo fatto a Santa Maria della Libera, con la pastora evangelica luterana Kirsten Thiele, ha rivelato come, nonostante gli incontri che facciamo da anni, siamo ancora fissati a modelli religiosi. La persona trova il suo sviluppo quando si apre all’avventura dell’attuazione progressiva della programmazione genetica. Io da grande non so che farò, nonostante gli ottant’anni,  perché devo avere la prospettiva aperta. Nel momento in cui mi chiudo in una dimensione, sono rovinato. Perciò tutti i contratti, quelli lavorativi, matrimoniali ecc., fanno male... alla salute.  

Avere  obiettivi  ad un'età avanzata, come il conseguimento di una laurea o altro, può essere di aiuto?  L’obiettivo è sempre personale; è una fissazione avere l’obiettivo istituzionale. E' molto più importante se la persona nella sua realtà vera, autentica, riesce a porsi l’obiettivo di non avere più bisogno... di un obiettivo standard. Quindi, può avere l’obiettivo per... la demolizione degli obiettivi.

Quando questi diventano vincolanti, sono prigionie. Ci sono delle persone che sono talmente obbligate a conseguire un determinato obiettivo, da non essere più capaci di staccarsi da quell’itinerario e diventano unidimensionali.

Questo capita per esempio ai notai che se non fanno un lavoro di allargamento prospettico, finiscono per diventare degli azzeccagarbugli. Noi confondiamo  il lavoro con la fatica che viene dal di  fuori.  Il lavoro invece parte dal di dentro. Ma se uno non ha mai sperimentato la differenza tra un lavoro che gli viene imposto, che non è lavoro, perché essendo imposizione è fatica, rinuncia alla dimensione essenziale del suo essere, cioè quello di avere una finalità intrinseca.

Se la finalità è estrinseca, diventi prigioniero della finalità dell’altro, entrando in una dimensione schiavile .

In una trasmissione televisiva in cui ero ospite, parlando di sport, con lo stupore di tutti, ho citato i fiori., Il fiore è il primo sistema d’espressività comunicativa che le piante hanno tra di loro ed è il punto di partenza della comunicazione. Se io non colgo nella realtà vegetativa, il linguaggio che le piante usano per entrare in relazione tra di loro, io non colgo lo sforzo. Così, dobbiamo entrare nella dimensione che il gioco è elemento portante della vita perché è creativo e non si deve sapere ciò che l’avversario vuole attuare. Ci deve essere la sorpresa e il primo gioco comincia con l’allattamento del bambino che prende e lascia il seno.

Che cosa sono la libertà e la verità?  La libertà è l’esercizio della scelta. Per poter scegliere si presuppone che ci sia la conoscenza. La conoscenza entra nell’ambito della verità.  La verità è sempre corrispondenza (corrispondenza tra il pensiero e la parola, tra la parola e la realtà, tra la realtà e la sua definizione).

Quando mi metto in relazione a questo modello che ho nella mia testa, posso assumere un atteggiamento di accoglienza o di rigetto: attacco e lo prendo oppure fuggo. 

Per esempio, davanti ad un bicchiere, se voglio bere, mi devo documentare che nel bicchiere ci sia un dissetante. Se mi voglio avvelenare, devo sapere che c’è il veleno. Quindi, la libertà si esercita sulla base della conoscenza. Maggiore è la libertà, maggiore è la possibilità di conoscenza della verità, perché se sono prevenuto, io conosco in modo angolato, non vedo bene le cose. Quanto più sono libero dai preconcetti,  dalle precomprensioni, dall’ignoranza, dal dolore, dalla paura, dalle deformazioni concettuali, tanto più posso avere un approccio alla verità.

Quindi, la verità e la libertà marciano come circolo virtuoso, ma possono marciare anche come circolo vizioso, perché se meno so, meno posso scegliere, meno scelgo meno conosco, meno conosco meno scelgo, e, quindi, mi avvolgo nell’ignoranza crassa.

"La verità vi farà liberi"...

La libertà ci fa avvicinare alla verità. Questo circuito prima lo applichiamo, meglio stiamo. Per esempio, se sto in una situazione di paura, sotto minaccia, la conoscenza è fortemente compromessa, perché l’insorgenza emozionale della paura non da l’opportunità di vagliare qual è il meglio per me.

E' importante avere la libertà "da" negatività, libertà "di" poter ideare, programmare, verificare, "per" camminare verso il punto che nella natura è naturale, cioè progressivo. Noi abbiamo della natura il concetto fermo, invece, la natura è una realtà che... ancora non è.

Se una persona è costretta a fare un lavoro schiavile, perché non ha possibilità di scelta, come se ne esce? Dal momento che l’articolo 1 della costituzione italiana dice che "l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro", questa persona si trova di fronte a una vessazione, una violenza, a una piccola forma di dittatura, perché è costretta ad essere schiava e a piegarsi. In questo caso, la ribellione è legittima, perché fa parte della legittima difesa. Nessuno ha il diritto di deprivare un altro del cibo. Quando il Re Davide ebbe fame, mangiò i pani della proposizione, cosa che era vietatissima, perché i pani erano riservati solo ai sommi sacerdoti in alcuni giorni. Gesù cita questo fatto ed aggiunge: "Fece bene". Vuole dire che anche una trasgressione così grande è legittima perché il diritto alla vita è prioritario rispetto a tutti i diritti sulle cose.