Diogene, ai suoi tempi, girava con una lanterna in cerca dell'uomo e non lo trovava...
Di questi tempi, l'uomo deve essere considerato... "gender". Cercate di capire bene: non dobbiamo più fare riferimento alla mascolinità o alla femminilità, ma alla persona.
La persona non va confusa con l'individuo perché questo è indiviso in sé e diviso da qualunque altro. La persona, invece, è una realtà unica, irrepetibile che si esprime nell'originalità, cioè è un'artista. Se non è tale, non è persona.
Dobbiamo fare un'indagine rapidissima dentro di noi per vedere se abbiamo mortificato la nostra capacità artistica, non intesa come pittura, scultura, ecc., ma come ogni linguaggio espressivo della novità della persona.
Le religioni, in genere, ammucchiano le persone e le massificano. Il Vangelo, invece, esalta la persona e la libera dalla massificazione che è come un rullio che passa permanentemente sulla soggettività per ridurla a numero.
Il Verbo, cioè l'espressione somma ed antonomastica che è Gesù Cristo, si presenta nella storia con caratteristiche particolarmente diverse da quelle degli altri perché parla di una vita che trascende la storia. Questo significa che apre un circuito metastorico, apre una prospettiva che è la sola a garantire alla persona la possibilità di essere felice.
La felicità, in quanto tale, non può essere chiusa nell'ambito della storia perché questa è caratterizzata dalla precarietà.
Essere precario vuol dire essere tendente alla rovina mentre, invece, la prospettiva apre al provvisorio, al nuovo.
La persona, in quanto tale, è conoscitiva e generativa, perciò è creativa, è artistica.
Trascinare il Vangelo nella situazione storica comporta un compromesso che è quello di essere nell'individualità e, quindi, nel limite, e, al tempo stesso, avere la capacità di superare il limite, cioè essere e... non essere.
Questa situazione di essere e non essere sorprende la persona perché mentre è, non è. E' quello che ancora non è, ma sarà quello che non è più...
Allora vedete come questo gioco dinamico attiva nella persona un modello permanentemente innovativo. Questa innovazione al n. 127 dell' "Evangelii Gaudium" è messa in risalto perché propone il rinnovamento missionario e, quindi, la proposta del Vangelo non come un libro o un contenuto dottrinale, ma come incontro interpersonale.
Quindi, ci si deve svuotare di tutto il sistema burocratico appesantito e normativo per entrare nella dinamica della vita del quotidiano.
Non è difficile. Ma noi abbiamo reso facile il difficile e difficile il facile. Non c'è nulla di più facile che il respirare, il dormire, il fare una pipì, il vedere, ecc., ma non c'è nulla di più difficile dello spiegare come si fa a respirare, a dormire, a fare una pipì, a vedere, ecc..
Noi siamo la realtà vissuta. Gesù non ha aperto scuole. E' uno che è vissuto nella quotidianità nell'incontro con le persone. Noi, invece, Lo abbiamo ridotto ad un libro, poi abbiamo fatto le dottrine, i dogmi per cui consideriamo non cristiano chi non li conosce!...
Oggi si sta rivalutando Teilhard de Chardin che ha chiamato Dio "l'Evolutore".
Da tempo sto cercando di insistere sul fatto che dobbiamo liberarci dai modelli statici per accogliere la nostra realtà dinamica. Quanto più ci svegliamo dal torpore, dal sonno della staticità, tanto più ci avviciniamo alla vita perché la vita è movimento.
Che cosa sappiamo noi della nostra vita? Il più delle volte, conosciamo solo la mummificazione che è stata creata su di noi a partire dai cosiddetti "modelli educativi". Il soggetto dell'educazione è il soggetto stesso. Invece, noi ancora abbiamo il concetto di dover essere educati, di dover essere soggetti passivi, ma l'educazione è attiva perché ogni persona, cogliendo lo stimolo dell'ambiente, ha l'opportunità di leggere l'oggettività secondo il proprio modello. Naturalmente, questo richiede un po' di sforzo. Altro fatto è la deresponsabilizzazione per cui facciamo quello che ci si dice di dover fare. Così arriviamo alla guerra e diciamo: "Così hanno deciso!". Ma chi? E tu dov'eri?
Il genere umano sul piano filogenetico ripropone quello che avviene ontogeneticamente. Nessun organismo potrebbe sopravvivere se non avesse la risultante di tutte le cellule che collaborano per la vita dell'organismo stesso. Questo sul piano ontogenetico. Per quanto riguarda quello filogenetico, nessuna società può sopravvivere se i suoi componenti non si responsabilizzano e si rendono conto che la risultante non è attribuibile ad uno solo, ma è riferibile a tutti. Questo non è un sistema per la colpevolizzazione, ma per la liberazione dalla colpevolizzazione che scaturisce dal fatto che ti si fa una norma rigida che può essere facilmente trasgredita. Da questo ha origine il senso di colpa e la conseguente sottomissione al potere che così viene rinforzato.
Invece, il sistema della liberazione consente che il soggetto si esprima secondo le modalità che lui stesso cerca e trova nel profondo del suo essere.
Allora, ognuno di noi è responsabile perché ha l'opportunità di entrare nel proprio mondo e, una volta incontratosi con se stesso, può cercare di incontrare l'altro e vedere l'universo dell'altro che cosa suggerisce al proprio universo per attivare un modello dinamico di crescita reciproca e migliorare così la società. Se, invece, due persone che si incontrano si chiudono ermeticamente in difesa, non hanno nessuno scambio.
Quindi, se una persona si predispone a cogliere l'esistenza di un'altra persona, può scattare l'opportunità di camminare insieme e suscitare reciprocamente il miglioramento ontogenetico, cioè un'evoluzione del genere, fino ad estrarre dalle profondità dell'inconscio di ciascuno, la ricchezza e la novità che vi sono criptate fin da bambini.
Se la generazione successiva dovesse essere ripetitiva di quella precedente, non ci sarebbe l'opportunità di una rinnovazione e, quindi, di una conoscenza che è generazione permanente.
Il n. 127 dell' "Evangelii Gaudium" è molto importante e richiede una discussione aperta. Ognuno deve poter dire quello che pensa (se pensa!!) dopo qualche momento di riflessione per cercare di cogliere se il proprio vissuto può essere opportunamente di arricchimento per l'altro.
Il titolo è: "Da persona a persona"
"Ora che la Chiesa desidera vivere un profondo rinnovamento missionario, c'è una forma di predicazione che compete a tutti noi come impegno quotidiano. Si tratta di portare il Vangelo alle persone con cui ciascuno ha a che fare, tanto ai più vicini quanto agli sconosciuti. E' la predicazione informale che si può realizzare durante una conversazione ed è anche quella che attua un missionario quando visita una casa. Essere discepolo significa avere la disposizione permanente di portare agli altri l'amore di Gesù e questo avviene spontaneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al lavoro, in una strada".
Noi riferiamo la parola "missionario" a chi parte per annunciare il Vangelo. Qui, invece, il termine intende riferirsi ad ogni persona che, in quanto tale, o si relaziona o non è persona.
Relazionarsi vuol dire andare verso l'altro e far sì che questi giunga a sé. Se non c'è questa disponibilità, non c'è missione.
Noi siamo molto attenti a vedere che cosa dicono e che cosa fanno gli altri. Spesso i più lontani siamo... noi stessi! Raramente troviamo il tempo di incontrarci con noi e vedere se quel che facciamo scaturisce dalla nostra volontà o è subìto da noi.
Il Natale, per esempio, è diventato l'esatto opposto del Natale. Il vero Natale lo celebri quando ti accorgi che puoi nascere e, quindi, conoscere quello che è scritto dentro di te e di cui nessuno ti potrà mai parlare perché è solo tuo. E' un libro noto solo a ciascuno.
A S. Tommaso d'Aquino viene attribuita la frase: "Timeo hominem unius libri" ("Temo il lettore di un solo libro"), ma S. Agostino dice anche: "Timeo Dominum transeuntem sed non redeuntem" ("Temo il Signore che passa e non ritorna"), cioè: "Ho paura che il Signore mi voglia invitare ad essere Suo collaboratore per darmi la verità che mi spetta di diritto per conoscermi e generarmi, ed io mi lascio sottrarre la mia dignità di persona".
Ora, provate a vedere quando, in concreto, le persone entrano in chiesa: quando devono battezzarsi, quando devono cresimarsi, quando devono sposarsi, cioè quando occorrono i... certificati! Ma la voglia di conoscersi per mettere fuori l'arte dell'espressione genuina che è liberatoria, non si verifica in alcuna chiesa.
Come possiamo rinnovarla? Molti anni fa, io portavo il Vangelo in strada offrendo il caffè ai passanti nella galleria Principe di Napoli. Ma allora fui richiamato. Le cose però, dopo un po' di tempo cambiano e quello che una volta era affidato alla propria iniziativa, ora è autorizzato da un documento che garantisce il diritto alla dignità della persona di esprimersi ed incontrarsi con gli altri dovunque questi si trovino.
Il Vangelo è un'esperienza di comunicazione profonda in cui è implicito l'atto di amore perché in essa c'è il massimo del dono di sé. Dare le cose è semplice; dare sé è difficile. Il dono del proprio pensiero, della propria emozione, dei propri sentimenti, delle proprie azioni non può essere commercializzato.
Noi ci siamo abbrutiti considerando che il tempo è denaro per cui si ha diritto alla retribuzione. Ma nessuno può retribuire un altro perché l'atto d'amore è caratterizzato dalla libertà e questo è un dono che va al di sopra di ogni conclusione di tipo commerciale.
Quanto vale un atto d'amore di una professoressa verso un alunno? Non lo si può quantizzare! La sensibilità di uno sguardo, di una carezza, quanto vale? Una madre che coglie l'anelito del figlio, come può essere ripagata con il denaro? Ma la società continua ad andare avanti con il denaro!...
Stiamo cercando di capire come Papa Francesco apre ad una metodologia diversa. Parte dall'uomo nella situazione in cui si trova per poi vedere se... è il caso di andare in chiesa!
In grande percentuale, oggi le persone hanno un approccio repulsivo nei confronti della religione perché l'elemento religioso è prevalente su quello personale. Se io mi presento come prete, ho già innalzato un muro invalicabile, purtroppo, perché il prete è quello che è stato sottratto alla società, recluso in un seminario dove ha perso i contatti con il mondo e poi vi è stato catapultato per modificarlo secondo un modello che è... fuori del mondo!
Ma anche i laici spesso hanno queste difficoltà nell'approccio con gli altri. Che fare se l'atto d'amore è difficile che venga recepito da chi ci sta intorno?
Questa è la parte difficile che riguarda la pastorale che deve essere attivata nella persona. Se io voglio trasmettere all'altro che lo amo, non ho altro modo di annunciare il Vangelo se non dando una "bella notizia". Questa, per ogni persona, è il sentirsi accolta.
Allora, se l'altro è in una condizione di ignoranza, la tua proposta è quella di accogliere l'ignoranza. Partendo poi da questo, gli puoi far capire come acquisire la conoscenza. Solo se accetti l'ignoranza gli puoi trasmettere la conoscenza.
Antonio Rosmini diceva che l'apprendimento passa dal cuore alla mente e non viceversa. Gli insegnanti sanno molto bene che quando spiegano e rispiegano con voce alterata, capita che un alunno non capisce, non perché sia stupido, ma perché si trincera, si difende per cui più l'insegnante urla, più l'alunno non capisce.
Ma come si fa a instaurare relazioni continue? Non ci si incontra spesso! Questo è il problema! Non si può più ridurre la missionarietà alla predicazione nella chiesa, ma la predicazione deve essere diffusa e disseminata a chiunque si incontri sulla propria strada. Solo così è possibile la modificazione della relazione sociale. Ma noi ci isoliamo con il cellulare precludendoci anche la possibilità di salutarci.
La cosa più importante che pare abbiamo capito è quello che non dobbiamo insegnare niente all'altro. Gesù viveva tra la gente, ma noi Lo abbiamo usato per complicare così tanto le cose che alla fine, anziché per affratellarci, ci è servito per dividerci.
Quanto prima si toglie lo specifico delle religioni, tanto più facilmente ci accorgiamo che possiamo unirci per migliorare le condizioni di vita. Questo è semplice, ma non è attuato. Dobbiamo imparare nella quotidianità a metterci a livello dialogale.
Da tanti anni stiamo cercando di approfondire questo, cioè la capacità che la persona ha di possedere sé, perché se non si possiede, non si può donare. Non c'è nessun incontro se una persona resta con le finestre chiuse. I momenti di incontro possono essere molteplici. Anche l'eremita cerca di accogliere nel suo cuore il monto intero...
Giorni fa, mi sono incontrato con un falegname che non sapeva che fossi prete. Mi sono presentato come uno che è amico di un certo falegname di nome Gesù Cristo e siamo entrati subito in sintonia. Lui ha saputo solo dopo che sono prete. Se mi fossi presentato come tale, avrei messo uno schermo tra me e lui.
Purtroppo, noi abbiamo certi schermi che da secoli hanno modificato la struttura dell'umanità e adesso dobbiamo fare un po' di fatica per liberarcene ed avere un approccio quanto più possibile libero. Però è difficile perché ognuno di noi ha una formazione che spesso è deformazione. Allora dobbiamo vedere che cosa possiamo togliere per incontrarci.
Per evangelizzare, occorre tener presente con chi si ha a che fare. Il linguaggio deve essere funzionale all'incontro, cioè deve essere creativamente inventato al momento, nella situazione in cui ci si viene a trovare. Dal punto di vista teorico, tutti i mezzi sono buoni, ma bisogna vedere, all'occorrenza, quale sia funzionale all'incontro e chiederci: "Ho l'intenzione di incontrarmi? E nell'incontro voglio offrire il dono prezioso che ho, cioè la mia realtà?".
Se la dono, amo; se non la dono, l'amore rimane solo una parola vuota.
Conclusione: se ci vogliamo incontrare con noi stessi, abbiamo bisogno degli altri e gli altri di noi.