Giardino del Poeta - 3° INCONTRO DEL 22/11/2017 (trascrizione)

Che cos'è la Verità? 

E’... peccato cercare le risposte del senso dell’esistenza e, quindi, dell’origine e della finalità della vita, in ambiti che non sono strettamente religiosi, come, per esempio nell’ambito della fisica? Sia la fisica, sia la filosofia, sia la teologia sono recuperabili  in una Persona che si chiama Gesù Cristo il quale riassume l’umanità.

Gesù Cristo è il Ricapitolatore dell’umanità (viene così definito da San Paolo) e dice: "La Verità vi farà liberi". Il che significa che la libertà è un punto di finalità, di arrivo.

La Verità che cos’è? La Verità non è quello che si dice, ma è quello che si è. Anzi: la Verità è ciò che è.

Gesù, nel momento in cui vuole definire che cos’è la Verità, dice: "Io sono la Verità".  Ma  il passaggio più importante è: "Io e voi siamo un tutt’uno", cioè: "Anche voi siete la Verità".

Essere la Verità, significa non annunciare delle cose, ma accompagnarsi nella realizzazione del proprio essere. Quindi,  la Verità, se coincide con l’essere e l’essere non è statico, ma dinamico, ci rendiamo conto che è una ricerca permanente. Dove possiamo ricercarla? Dovunque è l’essere.

Se la fisica, per sua natura è di per sé nasciturale, non statica, è la realtà più vicina alla Verità perché la Verità è l’essere nel processo evolutivo.

La fisica, in quanto tale, è naturale, perché accompagna l’essere nel suo evolversi. Dunque, la ricerca della Verità, quindi della natura, dovunque avviene, è una ricerca che umanizza e aiuta l’uomo a raggiungere la propria felicità.

Il senso della propria esistenza e della vita eterna (come  leggiamo in Gv. 17) è:  "Conoscere Te, Padre e conoscere me", cioè l’elemento che si manifesta nella storia che, in quanto tale, è un procedere. Ma anche l’Assoluto si riveste di essa perché entrando in contatto con la storia, si caratterizza come "Essere Evolutore”  (Teilhard de Chardin definisce così Dio).

Dunque, non il Dio statico in un concetto statico a cui siamo abituati a pensare, ma un Dio in una dimensione permanentemente in evoluzione.

Significa, cioè, che la Realtà Divina nella nostra mente non può essere sempre la stessa. Dio, entrando in relazione con noi, ci richiede di cercare permanentemente.

Adesso facciamo un tentativo di commentare alcuni argomenti dell'esortazione apostolica "Laudato si'" che è un invito a prenderci cura dell'habitat, compito non riservato ad alcuni, ma all'umanità intera perché è una problematica d’urgenza.

Questa sera, prendiamo in considerazione, il numero 27, della "Laudato si'" .

Che cos'è per noi l’acqua? Per le donne, il 60% del corpo è  H2O, per gli uomini è il 65%. Le donne hanno meno acqua perché nel loro corpo è più presente il tessuto adiposo, mentre nel maschio c’è meno adipe.

Nella"Laudato si'"viene affrontato il tema dell’acqua in quanto situazione di problematicità primaria. Preannuncia che la conflittualità più drastica avverrà per mezzo dell’acqua  perché  è un bene primario non solo sotto l’aspetto costitutivo, ma sotto l’aspetto anche funzionale, perché  è indispensabile alla vita e la vita, in quanto tale, sorge nell’acqua. Senza l'acqua non sarebbe mai sorta la vita.

L’acqua, dunque, è  sede della vita. Fa eccezione rispetto a tutti gli altri corpi che si dilatano con il calore perché l'acqua si dilata o si refrigera  fino a un certo punto.  A 4 gradi centigradi, raggiunge  il massimo di densità, il massimo di peso specifico. Quando scende sotto i  4 gradi, si dilata nuovamente, consentendo la vita sulla terra. Senza  questa eccezionalità, l’acqua non potrebbe conservarsi.

Allora, l’acqua è elemento costitutivo del nostro essere corporeo, fisico, ma dobbiamo considerare anche l’aspetto eziologico, la causa strumentale della vita.

Le cause sono quattro: esemplare, efficiente, materiale e finale.

Una realtà può avere diverse causalità. La causa finale di un tavolino potrebbe essere l’appoggio; quella materiale è il legno; quella efficiente è il falegname che l’ha fatto; quella esemplare è un altro tavolino preso come modello che già esisteva... Le quattro cause concorrono tutte a generare l’essere nella sua specificità.

Allora, abbiamo detto che l’acqua è costitutiva della nostra esistenza. L’acqua è indispensabile ed è un diritto per tutti quelli che ne hanno esigenza. Siccome la nostra costituzione è H2O, ciascuno di noi ha il diritto primario a fruirne.

 

 

Però la disponibilità dell’acqua non è equa. In alcune zone c’è ne in abbondanza e si spreca,  in altre parti, manca anche l’acqua potabile per bere, per sopravvivere. Quindi, se è indispensabile ed  elemento primario per la sopravvivenza, ogni privatizzazione è contraria al diritto universale.

La privatizzazione è una usurpazione che lede il diritto primario. Noi, teoricamente, siamo tutti d’accordo, però, nel concreto, non sempre c’è convergenza, perché si arriva alla conclusione: "L'importante è che ce l’ho io".  Questa conclusione d’immediatezza non è funzionale alla soluzione del problema. Quanto più la risposta è per l’immediatezza, tanto meno si  presta alla soluzione del problema nella sua generalità. Se vogliamo risolvere il problema a monte, non possiamo pensare di risolverlo a valle.

Quindi, l’ignoranza produce risposte nell’immediatezza. Proprio su questo argomento, di recente, Francesco Rutelli ha scritto un libro dicendo che è il problema dei problemi, perché non li risolve.

La commercializzazione dell’acqua che è conseguente alla privatizzazione, porta alla  monopolizzazione dell'acqua stessa che aumenta i prezzi di  mercato non solamente per l’acqua, ma anche per ciò che da essa dipende, cioè per tutto.

Queste cose che sto dicendo servono per prendere consapevolezza, perché  la ricerca della verità non può essere fatta nell’immediatezza, ma, deve essere fatta preventivamente.

Già cinquant’anni fa, ho trattato di queste problematiche all’Istituto tecnico "Giordani", durante la lezione di religione, quando era inconcepibile parlare di queste cose. 

L’urgenza della sete  è molto maggiore di quella della fame e qui faccio un riferimento a Gesù che sulla croce non disse: "Ho fame", ma:  "Ho sete", perché perdendo il sangue, si ha un enorme bisogno di acqua, in quanto essendo la formazione del sangue a base acquosa,  quando se ne perde molto, si ha moltissima sete. Gesù, quindi, avendo perso molto sangue per tutto quello che aveva subito, disse: “Ho sete”. Ma poi rifiutò l'aceto per... viversi bene la morte.

Noi siamo fortunati a... morire  in quanto, per poterlo fare, vuol dire che siamo vivi, cioè che abbiamo ricevuto un dono che è alla base di tutti gli altri doni . Quindi, la possibilità di morire è la garanzia che  abbiamo ricevuto il dono base, quello di esistere. 

Quando metabolizzeremo questi pensieri, inizieremo ad avere una serenità permanente tale da poterci "vivere" la morte. Allora questa non ci stroncherà. Se diamo alla morte il privilegio di vivere protagonisticamente la nostra eliminazione, vuol dire che le abbiamo affidato il protagonismo su di noi.  Se, invece, siamo noi che la viviamo, la morte è sottoposta a noi e la possiamo guardare in faccia.

L’acqua, essendo un elemento eccezionale, ci porta ad avere un contatto con un'altra realtà eccezionale che è l’uomo perché è unico ed irrepetibile.

Qui comincia il discorso sul come noi ci mettiamo a distruggere il nostro habitat  senza tener presente che l’impatto con la natura comporta l'impatto con l’atmosfera, con le acque, con la terra. Ma c’è un impatto molto più interessante che è quello con la realtà che sotto i nostri occhi viene a mancare. Oggi l’impatto più grave che non prendiamo in considerazione, è quello della biodiversità.

La biodiversità è quella che ci porta alla deduzione che tutto ciò che esiste è in uno stato di interdipendenza,  perché composto da sistemi aperti. Quindi, non c’è la possibilità che una realtà esistente viva in sé e per sé. Ognuno di noi è legato all’aria, all’acqua, al territorio, alle persone, ecc..

La nostra vita è in stretta relazione con la vita di una quantità di altri agenti viventi.

L’eliminazione delle risorse acquifere porta all'eliminazione della biodiversità. Inoltre, aumentano le monocolture perché sono più facilmente gestibili e commerciabili e possono essere concorrenziali. Ma la concorrenzialità del prodotto comporta l’eliminazione di una quantità di specie che anno dopo anno si estinguono. L’eliminazione delle api, per esempio, comporta una percentuale altissima di decurtazione del prodotto, tant’è che adesso, sul piano tecnologico, si fanno le... api artificiali!

Quindi, avviene che bisogna trovare un rimedio alla rovina che stiamo producendo, intervenendo tecnologicamente sulla natura, creando un circolo vizioso.

Allora, come si esce fuori da questo meccanismo perverso?  Se osserviamo bene le persone che vivono in città e specialmente nei vicoli, notiamo che sono più aggressive, anche quelli che non possono mangiare sono più aggressivi,  perché il mangiare non è solo nutrimento, ma significa soddisfazione che è il  primo istinto.

Gli istinti sono due: il primo è quello dell’appetito nutrizionale che soddisfa la persona; il secondo è quello dell’appetito rigenerativo, riproduttivo che tende all’altro sesso o tende a stabilire una relazione con l’altro, cioè ci strappa dalla solitudine e ci mette in condizione di poter sopravvivere.

La sopravvivenza è personale e gruppale. Per la sopravvivenza della specie c’è anche la riproduzione. In natura, però, noi troviamo degli elementi che ci sorprendono, come per esempio, il maschio del cavalluccio marino che partorisce. Perché? Perché la femmina deve nutrirsi per poter ristabilire un circuito rapido per avere un'altra ovulazione. Così inserisce le uova nella pancia del maschio  per mezzo di un ovidotto e il maschio, poi, le partorisce.

La tendenza della vita è autoconservativa e conservativa della specie e non c’è possibilità di sopravvivenza dell’individuo se non nel contesto di specie.

Ove mai ci venisse in mente di vivere isolati, faremmo una scelta di morte, perché la nostra vita è legata strettamente a tutte le altre vite, non solo a quelle umane, ma a quelle animali, a quelle degli insetti, ecc..

In natura ognuno è funzionale all’altro. Ma noi  viviamo la natura sfruttandola in modo disonesto, non equo. Così riduciamo gli oceani a distese d’immondizia. Già i boschi si stanno ribellando perché la loro eliminazione è l'eliminazione stessa della vivibilità della terra, perché il bosco non è solo quello composto dagli alberi, ma c'è anche il sottobosco e in questo ci sono una miriade d’insetti che nascono e vivono in un decimetro cubo di terra. Se noi avessimo la grazia di cercare cos’è nascosto nella vita di un ragnetto o di un baco da seta, dovremmo metterci in ginocchio.  

E’ importante capire che la vita ha una serie di legami di cui nessuno può fare a meno. In parole semplici, questa  situazione disagevole si profila nella vita dell’uomo non in un futuro tanto lontano, bensì tra qualche decennio, perché la rapidità degli eventi ci sfugge.   

La città è diventata di una grande invivibilità. Le persone si stanno educando a... non educarsi, per cui non cercano più e questo è un grosso danno per l’umanità che si atrofizza senza mettere a frutto i geni del diverso: la biodiversità, non solo degli animali e delle specie vegetali.

Segnalo un bel testo da leggere: "Le erbacce hanno salvato il mondo". Quelle che noi chiamiamo "erbacce" si radicano nella terra senza nessuna cura dell’uomo e sono quelle che hanno permesso alla terra di conservarsi nonostante terremoti e frane e sono facili ad attecchire. Le erbacce  sono quasi tutte commestibili.

Noi rischiamo di non avere più il latte... Berna perché questo era prodotto dalle mucche che andavano al pascolo e che oggi non possono andarci più in quanto il sistema dell’immediatezza non rispetta la loro naturalità per cui vengono nutrite con una determinata quantità di mangime ed acqua. Le mucche prima si sceglievano le erbe che volevano mangiare; oggi non saprebbero più farlo.

L’invivibilità della città, poi, comporta che la persona, ad un certo punto, deve recuperare la sua capacità di esplorare un modo diverso di vivere, perché questo quanto più fa pressione, tanto più aumenta l’esigenza di andare oltre.

L'uomo, allora, diventa aggressivo come gli animali quando sono legati a una catena. Se ne ha la possibilità, si scaglia contro il sistema. Se non c’è  questa possibilità, si scaglia contro chi  capita. Ho messo in evidenza il caos urbano, l’inaccessibilità della natura e delle città perché nel giro di poco tempo, il tom-tom toglierà alle persone la capacità di orientarsi. Già i cellulari, poi, usati quando si è alla guida delle auto, sono causa di incidenti e investimenti.  

C'è la necessità del silenzio per liberarci dall’inquinamento acustico nelle città, di cui non ci accorgiamo più, ma aumenta la sordità.

La persona se ha la capacità di accorgersi della sua preziosità, in quanto eccezionalità, allora cerca di custodire la biodiversità, perché i  geni arrivano attraverso le specie e in ogni specie ci sono anche dei geni particolari per la cura delle malattie. In natura tutto serve. L’uomo, invece, distrugge e così scompaiono quasi cinquemila specie ogni anno.

Negli oceani ci sono le barriere coralline che muoiono per un duplice intervento: dinamite e cianuro.  I coralli sono quelli che danno  l’opportunità di vita a una fauna marina oceanica straordinariamente varia. Però la crisi ittica nasce perché l’uomo si rivolge alla natura con un atteggiamento di sfruttamento,  il che significa mettersi in disarmonia con il suo contesto, esercitando una predazione fin nelle profondità dell’oceano, inquinando e provocando così, un disastro ambientale.

Inoltre, si sviluppa una commercializzazione di sfruttamento sprecando una quantità di materie che non ci servono,  applicando la pratica dello scarto che produce tonnellate di rifiuti non solo tossici , ma anche alimentari.

La massa critica, è strettamente legata all’appropriazione della verità. Se la persona riesce ad appropriarsene, resiste al modello di prevaricazione sull’uomo.

La filosofia dello scarto vuole che oggi noi scartiamo tutto ciò che non è efficientissimo, non escluso l’uomo. Infatti, una persona se non è efficiente e produttiva, è scartata dalla società. Questo significa non riconoscere il valore intrinseco dell’elemento esistente che non può essere letto come: "A che ci serve?".

I girini che sembrano esseri inutili, ci consentono stasera di... guardarci in faccia perché Alessandro Volta, grazie all’osservazione sulla rana, scoprì l’elettricità senza la quale oggi non potremmo fare niente.  Spesso, le cose più semplici sono funzionali alla crescita come, per esempio, la muffa che ha debellato la polmonite… 

Quello che ci interessa è cercare di capire che l’uomo è una realtà intelligente che deve recuperare il valore in sé e non solo se è funzionale a sé.

Noi siamo inseriti in un contesto nel quale non possiamo restare in uno stato di ignoranza che sfrutta o ci fa sfruttare. Dobbiamo avere una dialogalità  nella scoperta del valore intrinseco che sta dentro l’oggetto esistente, dentro la vita esistente che è portatrice di geni che incrociati con altri geni, è suscettibile di modificazioni.

Allora, ci dobbiamo rendere conto, che l’uomo non può entrare a far parte di un modello di manipolazione totale in forza del quale perde se stesso, viene alienato e non conserva più la biodiversità.