Giardino del Poeta - 6° INCONTRO DEL 28-02-2018 (trascrizione)

Non è cosa facile cercare di coniugare economia ed antropologia. La fine del capitolo 190 della"Laudato si'" che stiamo trattando, seguendo il percorso che ci da l’opportunità di renderci conto di dove siamo e dove andiamo, ci costringe a pensare.

Da un'indagine condotta, risulta che il 90% delle persone che combattono nelle guerre non sanno perché lo fanno. E’ terribile, perché si compiono dei delitti inauditi a danno dell’umanità da parte dell’umanità per cui chi può intervenire in un disastro di questo tipo se non l’umanità? Allora l’umanità compie disastri contro se stessa e il 90% delle persone che appartengono all’umanità che danneggia, non sa perché lo fa.

Questa sera ci soffermiamo per cercare di vedere che queste persone investono le loro forze, capacità, energie e sostanze negli armamenti e collaborano in percentuale molto superiore negli investimenti distruttivi che in quelli costruttivi  per il miglioramento dell’umanità, cioè, ciò che viene utilizzato per distruggere è di gran lunga maggiore di quello utilizzato per costruire. Antropologicamente parlando, con una logica immediata, un uomo come risponde a tutto questo? Dicendo che l’umanità è pazza proprio perché spende più soldi per distruggere, anziché per costruire condizioni di maggiore vivibilità.

Se questa logica la spostiamo un poco nell'ambito personale, possiamo domandarci: "Quanta parte della mia energia vitale, che mi appartiene, nella quotidianità viene utilizzata per la costruzione della mia felicità? Quanta, invece, ne viene utilizzata per danneggiarmi?". Un interrogativo, quindi, che da politico ed economico, diventa antropologico, psicologico e personale.

Che cosa possiamo fare noi per impedire la guerra, se non prendere consapevolezza ed allargarla a quelli che combattono, fino a ridurli sempre più di numero anche se le guerre nel prossimo futuro non saranno fatte più dagli uomini, ma il combattimento sarà affidato ai droni per cui l’economia più forte che produrrà più droni, sarà quella che vincerà.

Queste riflessioni ci spaventano, ma noi ci chiediamo se possiamo essere protagonisti personalmente nella storia contemporanea e nel prossimo futuro o ce ne possiamo lavare le mani. Il problema della guerra riguarda la formazione delle persone. Se ogni persona si rifiutasse categoricamente di sparare, di costruire bombe, di contribuire ad uno sviluppo distruttivo ai danni di altre persone, può darsi che questo rifiuto potrebbe avere un'incidenza nel modificare in meglio il corso della storia.

Questo corso è stato aperto duemila anni fa da Gesù Cristo il quale non si è mai proposto di modificare le istituzioni e le strutture che sono immodificabili perché sono statiche, mentre la vita, nella sua dimensione essenziale, è caratterizzata dal dinamismo. Quindi, se uno vuole salvare l’umanità, deve fare riferimento all’essenzialità dell’uomo per modificarne il percorso, al fine di avere una modificazione di finalità. Bisogna che la consapevolezza porti ad un cambiamento di condotta, di comportamento. Spesso, però, si finisce per essere condizionabili, per cui si diventa inaffidabili.

L'inaffidabilità del comportamento si verifica quando la consapevolezza  non è radicata nel profondo convincimento della persona. Ma se la persona prende in mano la gestione della propria realtà e non  lascia che sia prevaricata dall’elemento estraneo a sé nel processo di alienazione, diventa un baluardo che si contrappone a tutte le politiche che portano l’umanità alla tragedia che sta vivendo e che vivrà. E questo succede se le persone, a ripetizione, non si fanno carico della necessità di intervenire personalmente nel percorso che porta il carro  alla deriva, verso la catastrofe che sarà sempre più veloce. Ma se ognuno mette un freno, il carro avrà sempre più difficoltà a precipitare. L’umanità s’incarna nelle piccole realtà personali la cui sommatoria forma la comunità, la famiglia umana. L’economia può camminare da sola? Ormai siamo talmente “incarrettati” che la responsabilità del singolo è scomparsa, è polverizzata.

Allora, quando parliamo del rapporto tra economia della globalizzazione e  antropologia, come fare  per poter avere  un avanzamento qualitativo? Che alimentazione economica ha la scuola per raggiungere il fine proprio che è la maturazione del soggetto, perché raggiunga la propria autonomia e non sia "incarrettato"? La scuola è talmente declassata da non avere più gli strumenti per poter formare le persone che abbiano una capacità di autonomia per non essere “incarrettati.”

Leggo dal n. 188 della "Laudato si'": "Ci sono discussioni relative all’ambiente nelle quali è difficile raggiungere un consenso. Ancora una volta ribadisco che la chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma invito ad un dibattito onesto e trasparente perché le necessità particolari, o le ideologie non ledano il bene comune".

Maggiore è il divario nella scala sociale, più facile è l’urto violento  di questa polarizzazione che si forma tra quelli che detengono il tutto e quelli che detengono il nulla, motivo per cui chi detiene il tutto si munisce di un sistema difensivo per sottomettere ancor più il soggetto schiavo della miseria, dell’ignoranza, della mancanza di libertà, ecc..

Questa schiavitù è ancor più richiesta e prodotta da chi sta in alto, perché la governance utilizza il sistema di alleanza dello schiavo con il potere che schiavizza, in modo tale che lo schiavo stesso collabora, così, al mantenimento di questo sistema.

Questi incontri possono darci l’opportunità di liberarci da questa catena e da un tipo di personalità a prescrizione, cioè che subisce, e passare ad un tipo di personalità a promozione, cioè che si rende conto di quello che subisce ed elabora un sistema, scegliendo se fare un'opposizione di tipo... "Tienanmen"  oppure organizzandosi con altre 30 - 40 persone che si proteggono, in qualche modo, reciprocamente e avanzare così, come gruppo di pressione, all’interno di una istituzione che diventa sempre più schiavizzante.

Quando andiamo a coniugare religione, antropologia ed economia,  bisogna che svincoliamo questa triplice alleanza nella soggettività che si forma promozionalmente, quando ciascuno può dire: "Io esisto solo se prendo in considerazione la mia vita e l’esistenza (che è” ex-sistere”), cioè se mi rendo conto che ci sono. 

Ma se il 90% delle persone che combattono non ha la consapevolezza del perché lo fanno, si può estendere questa percentuale anche alle persone che vivono senza esistere, che non hanno la consapevolezza del sé per dare inizio ad una vita nuova che appartenga loro profondamente.

Se non c’è questa dimensione, il soggetto finisce per essere sempre più affetto dalla sindrome di Stoccolma (la vittima che ama il suo aguzzino e lo difende), sindrome che può diventare collettiva.

Il problema maggiore, però, è cercare di capire se dentro di noi, siamo gli aguzzini di noi stessi. Noi non  diamo spazio a noi stessi.

Quando una persona nasce, non sa di nascere. Quando una persona nasce? La prima risposta che viene data è quella della data di nascita, ma non è esatto perché non è il taglio del cordone ombelicale a determinare la nascita, perché questo divide solo due vite che sono preesistenti, ma non genera la vita. E' solo per convenzione, non rispettando una logica, che crediamo di essere nati nel momento in cui avviene il taglio.

Se poi andiamo più in profondità, ci rendiamo conto che un ovulo per poter essere fecondato da uno spermatozoo, ha richiesto un processo antecedente molto lungo. Questa situazione epigonale, di nascita, è una cosa che sfugge a ogni eventuale indagine scientifica. Quindi, dobbiamo cominciare a prendere atto che la vita per noi è un mistero. Se è un mistero, dovremmo avere il garbo di metterci in relazione a questa realtà che ci sfugge, con un discreto senso di rispetto, perché non siamo in grado di sapere come è nata.

Quando c’è la consapevolezza e ci accorgiamo che viviamo, inizia la seconda vita. Ma non tutti si accorgono di esistere, anche se siamo molti a vivere. Quindi ci dobbiamo rendere conto che certi concetti che sembrano scontati, invece non ci appartengono fino in fondo, perché siamo talmente bombardati da notizie e contro notizie, che non abbiamo più il tempo di cogliere profondamente la propria essenza e chiederci il perché della nostra esistenza.

L’intervento sull’economia, sulla politica e anche sulla religione, è giovevole al progetto che è stampato dentro di noi? Io a chi devo fare ricorso per avere una risposta a questo interrogativo lacerante che accompagna la nostra vita da sempre, sia dal punto di vista filogenetico che da quello ontogenetico?

Filogeneticamente, l’uomo pensa questo da molti millenni. La singola realtà personale corre, corre, finché poi si domanda il perché e per andare dove. E correndo, perde il contatto con la propria esistenza, per cui procede e vive, ma non con la consapevolezza che sta vivendo.

Dobbiamo cercare di soffermarci su questi tre elementi: economia, politica e religione che purtroppo noi scindiamo, ma che sono talmente collegati e interconnessi e che dovrebbero essere funzionali all’antropologia. La politica dovrebbe avere la capacità di orientare l’economia, sempre a vantaggio della persona, invece va avanti per fatti suoi e così l’economia  finisce col mettere in crisi la politica facendola giocare come fa il gatto quando cattura il topo, fino a farlo morire lentamente.

Quindi, anche se in parlamento si fanno delle leggi, queste non vengono proprio prese in considerazione dal potere economico delle multinazionali, perché all’occorrenza, spostano i capitali come e dove vogliono.

La religione ha il compito, purtroppo, di allearsi con il potere nello schiavizzare la persona dall’interno, mediante il senso di colpa, in quanto propone alla persona un modello perfezionista che è irraggiungibile. L'irraggiungibilità del modello produce un senso di colpa per cui il soggetto si autopunisce rinunciando a se stesso, mediante la sottomissione.

Mentre il potere politico utilizza l’esecutivo, la polizia, l’esercito, per comprimere, la religione incide nell'interiorità del soggetto. Per questo il Mezzogiorno che ha una maggiore incidenza della religiosità, è particolarmente portato alla sottomissione, al soggiacere, per cui l’autonomizzazione diventa un caso particolare, un caso... strano da non seguire.

La parola "ribelle" designa quello che non esegue l’ordine dall’alto. Ma Gesù dice: "Sono venuto a portare la spada" (Mt. 10,34) per cui  una persona che ha colto il messaggio di Gesù, quanto più diventa "rebellum" tanto meglio è.  Però se la chiesa al "rebellum" attribuisce una colpa per cui deve espiare, vediamo che il meccanismo è molto subdolo, ma  produce un effetto a lunga gittata perché il "rebellum" non ha bisogno del carabiniere, in quanto si punisce da solo. Il sistema religioso funziona così, poi ci mette una quantità di leggi che sono inaccettabili, tipo il digiuno, l’astinenza, ecc..

Passare dalla sfera noetica alla sfera dinamica non è facile perché il senso di colpa accompagna le persone per una vita intera. L’Inquisizione è un esempio di come le persone per il sadismo dovuto al senso di colpa interno hanno scaraventato fuori di loro una carica di aggressività atroce. Pensate come venivano uccise le streghe!...

Allora, come ci si libera dal senso di colpa? Nel momento in cui ci rendiamo conto che il senso di colpa è una patologia che s’infiltra molto lentamente dentro di noi. Già nasce al momento del parto, in quanto per uscire dalla pancia, necessariamente apportiamo una lacerazione alla mamma. Già da neonati con la suzione, ci scagliamo durante l’allattamento contro il seno, perché per soddisfare l’istinto della fame, abbiamo bisogno di un altro seno che ci dà il latte che noi non abbiamo. C'è l'urto tra il sé e il non sé (se - no). Queste cose ci predispongono al senso di colpa che poi  viene attenuato dalle cure e attenzioni dell’amore materno.

Ma la domanda è: come si fa a ridurre il senso di colpa? Mediante la consapevolezza e la prassi., Lentamente mi rendo conto che il diritto di esistere ed esistere bene ( non di “vivere” soltanto), piano piano, mi orienta per cui io agisco conformemente a quello che ho elaborato nella mia testa, e mi rendo conto che l’agire in conformità con ciò che ho elaborato diventa molto più semplice e naturale.

E' quello che Gesù Cristo ha espresso con poche parole:  "Sia il vostro linguaggio  si, si, e no, no. Tutto il resto viene dal maligno" (Mt. 5,37).

Questo discorso è antitetico al modello perfezionista e catastrofista che sono identici, perché entrambi vanno verso la catastrofe. Tra queste due categorie s’incunea il possibilista che è relativista a soggetto, perché quello che fa bene a uno non è detto che faccia bene ad un altro.

"Non avete in voi  stessi la coscienza?" (Lc. 12,57) - dice anche Gesù. Però puoi avere la coscienza deformata... Il  problema è quello di formare le persone. Una volta che la coscienza si è formata, come dice Sant’Agostino: "Ama e fai quello che vuoi”. Ma devi amarti e non puoi amarti distruggendoti, facendo il perfetto perché il perfetto non ti appartiene.

Questo meccanismo si supera lentamente, capendo che la mia realtà mi appartiene fino in fondo. A mano a mano che seguo la mia linea operativa, mi accorgo che questa linea è la mia. Se, invece, io mi comporto in trasgressione del modello imposto e, quindi, mi muovo con il senso di colpa, non ho risolto il problema ma l’ho aggravato. Allora io devo prima capire che il modello imposto non è il mio. E’ difficile entrare in questo sistema masochistico. Da un'indagine fatta sulle suore, risulta che queste hanno un carico di aggressività elevatissimo, perché sono rinunciatarie della maternità che è una caratteristica all’interno della struttura genotipica della donna.  

La libertà è una preziosità di cui ci appropriamo senza pagare lo  scotto per conquistarla e a mano a mano che la sperimentiamo, ci accorgiamo di stare molto meglio a... stare bene.  Questo si chiama circolo virtuoso. Cioè, non solo sto bene, ma stando bene guadagno di più e,  guadagnando di più, sto molto meglio. Se il mio benessere sorge come un fungo in mezzo a mille persone affette da disperazione, diventa difficile per me stare bene. Ecco perché la solidarietà scaturisce per effetto della crescita personale per cui l’amor proprio non è mai,”amor proprio” ma è l’amor proprio di tutti quelli che hanno a che fare con il proprio amore, cioè con tutti.

Se in famiglia uno sta male, gli altri, normalmente, stanno male, ma se io do il mio apporto di benessere, do una spinta al miglioramento generale e, quindi, si attiva il meccanismo di benessere allargato.

Al n. 190 leggiamo: "La protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere".

Il mercato  e l'economia non possono migliorare la relazione umana che è di categoria diversa, che non cade nell’ambito dell’economia "sic et simpliciter". L’economia può essere asservita alla relazione intersoggettiva di crescita.

Una volta che noi abbiamo recuperato la bellezza e la bontà della relazione intersoggettiva, prendiamo l’economia e la utilizziamo per migliorare la relazione, ma il valore primario resta questa, non è l’economia che si deve incrementare.

Nel momento in cui io riesco ad eliminare il senso di colpa, senza l’economia, io ho avuto un vantaggio di gran lunga superiore. Se un abbraccio affettivo è superiore a un regalo, l’affettività è molto più fruttuosa per il benessere della persona, e questo non cade nella gestione dell’economia, è di un altro tipo. In sintesi, la religione produce un effetto altamente negativo, perché lavora sul senso di colpa. Gesù è venuto a liberarci dai sensi di colpa.